Di secondary ticketing ultimamente si è sentito parlare spesso. Non è certo la prima volta, ma a febbraio l’apertura delle prevendite per i concerti milanesi di Bruce Springsteen del prossimo luglio ha riportato la questione su tutti i giornali.
È sempre la solita storia. Alle ore 11.00 di martedì 9 febbraio cominciano le prevendite per il concerto di San Siro del 3 luglio. Alle ore 11.01 i biglietti per il prato, i più ambiti dai fan, non sono più disponibili e gli altri settori saranno esauriti in pochi minuti. Ma è davvero possibile che l’intero concerto sia andato sold out in così poco tempo? Ovviamente no: basta una brevissima ricerca su internet per trovare diversi portali in cui i biglietti risultano ancora disponibili, in vendita a un prezzo che non di rado raggiunge quattro o cinque volte il costo originale.
Questo genere di operazione avviene grazie a una specie di zona d’ombra legislativa che di fatto non persegue chi utilizza specifici software acquistabili online a poche centinaia di euro per accaparrarsi decine e decine di biglietti nello stesso istante in cui sono messi in vendita dai circuiti ufficiali come TicketOne.
Il promoter di Bruce Springsteen e numero uno di Barley Arts, Claudio Trotta, aveva diffuso sulla sua pagina Facebook qualche giorno prima della messa in vendita dei biglietti dei concerti italiani la lettera di diffida già inviata ai principali portali online che rivendono i biglietti acquistati in questo modo.
Chiunque violi le disposizioni sopra citate – si legge – non solo si rende responsabile di un adempimento contrattuale che darà origine ad un’azione civile per il risarcimento dei danni, ma verranno valutati altresì i presupposti per l’azione penale con ogni relativa conseguenza.
Tutto ciò naturalmente non è servito a evitare che moltissimi fan rimanessero senza biglietto. Ed è proprio a causa del secondary ticketing che lo stesso biglietto di un concerto sta sempre di più assumendo la valenza di un privilegio che non tutti possono permettersi. Viene sfruttato in maniera saggiamente sbagliata il concetto di dynamic pricing, quel meccanismo al quale comunemente assistiamo per un volo aereo o una stanza d’albergo, il cui costo varia nel tempo e non è sempre uguale, per giustificare una pratica che sfrutta il fanatismo e la passione dei fan e la presenza di larghe fasce di ricchi disposti a spendere grosse somme di denaro per avere in modo semplificato quel biglietto che, come si diceva, è diventato a tutti gli effetti un privilegio.
Alla base c’è una grande confusione, non del tutto casuale, circa il concetto di proprietà: il biglietto di un concerto non è un bene personale come un mobile, un’automobile o uno strumento musicale, che è facoltà del possessore rivendere a un prezzo arbitrario valutato su diversi parametri e che potrebbe anche permettere un guadagno. Si tratta al contrario di un titolo di fruizione di uno spettacolo che come tale non determina alcuna proprietà. I portali che vendono questi biglietti però sono abili a non rendersi colpevoli di alcun reato, almeno di facciata, limitandosi a essere tramite retribuito tra il venditore e l’acquirente. Anche quando sembra che i biglietti siano disponibili prima della messa in vendita ufficiale o addirittura prima dell’annuncio della data non si sta in realtà acquistando un biglietto, ma un diritto all’acquisto messo in vendita contando su un’effettiva disponibilità futura: una specie di gioco d’azzardo eticamente scorretto che il pubblico spinto da una passione vera finisce per alimentare.
Cosa si può fare per contrastare questo fenomeno? Claudio Trotta, che ha recentemente intrapreso battaglie legali, ma che per ora rimane un predicatore nel deserto del malaffare, ha le idee molto chiare.
È fondamentale – ha spiegato più volte dalla sua pagina Facebook e in diverse interviste – alimentare una cultura etica e spiegare al grande pubblico il funzionamento dell’organizzazione degli spettacoli, andando a restituirle il giusto valore. Un valore, quello del mondo della musica live, andato perduto anche a causa dell’illegalità diffusa nel mercato musicale, peraltro alimentata dalla stessa SIAE che anziché tutela degli artisti appare sempre più come un’esattoria di denaro.
È importante che i media approfondiscano e raccontino il fenomeno senza trattarlo con superficialità e con esclusivo taglio scandalistico e che gli artisti collaborino senza cadere nella tentazione di stringere accordi con i portali di secondary ticketing per monetizzare ulteriormente. Infine è necessario cambiare le leggi risolvendo ogni ambiguità e crearne di nuove dove opportuno in modo da non permettere più in alcuna forma questo tipo di attività.
Anche perché – spiega sempre Claudio Trotta – nel momento in cui si organizza una data in una location e si mettono in vendita i biglietti del concerto si genera un’economia intorno alle retribuzioni non solo dell’artista ma anche di tutti quelli che girano intorno all’evento, dall’operaio coinvolto nel montaggio del palco all’impiegato al bar del palazzetto. È evidente che acquistando un biglietto a un prezzo molto più alto tutto il denaro pagato in più non va ad alimentare l’economia dell’evento e finisce per snaturarne completamente la logica economica e finanziaria. Tanto più che qualcuno ci sta guadagnando senza averne nessun titolo. Si tratta di speculazione pura.
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