La band piemontese dei Marlene Kuntz si è sempre distinta per originalità, sonorità abrasive e carisma e nel suo ultimo disco ha confermato le sue doti.
La loro ultima fatica discografica, Lunga attesa, è presente sul mercato già da un paio di mesi (gennaio 2016) ed è stata immessa sul mercato grazie alla casa discografica della Sony Music, nota major che ha capito il potenziale di investire su una band cult, a suo tempo di nicchia, ma che ha saputo emergere col duro lavoro e con un processo di maturazione artistica non indifferente. Processo che ha portato la band a essere anche produttore dell’album, senza troppe intromissioni della casa discografica.
Lunga Attesa potrebbe essere visto in maniera ambivalente: per i nostalgici un mero ritorno alle origini noise rock della band piemontese, con il tipico suono degli anni ’90; chitarroni distorti, testi al vetriolo e tantissima energia. Tuttavia, bisogna anche ammettere che la band di Cristiano Godano è maturata parecchio dal loro esordio, ben ventuno anni fa con un disco epocale come Catartica. Al contrario potrebbe essere visto come un passo avanti rispetto ad alcuni album che, negli ultimi anni, non hanno soddisfatto appieno la critica e i fan.
I testi di Godano, e la sua voce, sembrano pieni di una nuova linfa; sono grintosi, non le mandano a dire a nessuno, anzi, e sono cantati di pancia, come dovrebbe essere cantato un genere come questo.
A livello musicale ci si può accordare in parte con i nostalgici. Il ritorno alle tematiche noise c’è, l’influenza dei Sonic Youth e di tutto il Seattle sound è presente in gran quantità e si sente in maniera nitida. Quello che, tuttavia, sorprende e affascina dell’album è la classe con la quale la band suona un genere che viene definito fuori moda dal giorno stesso in cui è esploso il movimento grunge; ma come dicono spesso nelle interviste gli stessi Marlene Kuntz “noi ce ne freghiamo di cosa va di moda”.
Come detto, a livello musicale si può parlare di una miscela tra noise rock e cantautorato, con i testi del leader che ritrovano una verve che pareva sopita, accompagnati da arrangiamenti perfetti in tutto e per tutto. Indicativa di questo è la prima parte dell’album, composta da Narrazione, La noia, Niente di nuovo e Lunga attesa. Questi primi quattro pezzi sono il preludio di tutto quello che si troverà nell’album: noise, rock, qualche punta addirittura di sludge e situazioni al limite dell’onirico si vanno a mescolare per creare un accompagnamento alla voce di Godano che, soprattutto, in Narrazione la fa da padrone, narrando, appunto.
Questa prima parte dell’album è praticamente perfetta, trascina all’interno delle storie raccontate dai testi mai banali di Godano.
La parte centrale si mantiene solida e fa da preambolo al dittico La città dormitorio e Sulla strada dei ricordi che raggiungono momenti eccezionali a livello musicale, prima del singolo Fecondità, che ha anticipato l’uscita del disco.
In generale un ottimo album, di sicuro uno dei migliori usciti per il mercato discografico italiano e che ci si aspettava da molto tempo da parte di una band matura e capace come i Marlene Kuntz, che grazie alla loro originalità sono stati in grado di miscelare con sapienza stili e influenze diversissime tra loro, senza risentirne minimamente incappando in qualche passo falso, come accaduto in passato.
Una lunga attesa decisamente ripagata.
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