San Protaso: una piccola tra i grandi

Dalla storia solo i grandi emergono. Solo i grandi riescono a scrivere il proprio nome sui libri di storia. Per i piccoli rimane l’anonimato delle masse. Eppure, qualche volta, le cose vanno diversamente.

È il caso dell’oratorio di San Protaso, una minuscola chiesetta costruita oltre mille anni fa nelle campagne intorno a Milano. Quasi insignificante. Non è certo una grande cattedrale o un edificio di particolare interesse artistico, ma nonostante i ripetuti attacchi della modernità che avanzava, mentre i campi circostanti venivano inglobati nella città in espansione e la realtà rurale scompariva con le cascine abbattute una dopo l’altra, ha saputo non solo resistere e rimanere intatta al suo posto fino a oggi, ma anche farsi a suo modo protagonista di undici secoli di storia meneghina trovandosi spesso coinvolta nelle vicende di quei grandi protagonisti che la stavano scrivendo.

La storia dell’oratorio di San Protaso comincia intorno all’anno 1000, quando i monaci del monastero adiacente alla basilica di San Vittore al Corpo, oggi sede del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, ne dispongono la costruzione quale luogo di culto per gli abitanti delle campagne circostanti. Viene eretto nella parte del Lorenteggio appartenente al comune dei Corpi Santi, nei pressi di un paio di piccoli corsi d’acqua, come si può osservare nei disegni dell’epoca, ed è inizialmente utilizzato per celebrare le funzioni domenicali.

Nel 1162 l’oratorio rischia per la prima volta nella sua storia di essere abbattuto durante l’assedio di Federico I di Svevia. La leggenda vuole che il Barbarossa riesca a prendere la città dopo essersi raccolto in preghiera proprio nella chiesetta che, ritenuta di buon auspicio per l’esito dell’assedio, viene risparmiata quando il resto di Milano è messo a ferro e fuoco e in parte distrutto. La chiesetta rimane al suo posto.

È il 1530 quando Ludovica Torelli di Guastalla fonda l’ordine delle Angeliche di San Paolo: sono tutte donne nobili che scelgono di ritirarsi in campagna ad assistere gli ammalati. Prima di vedersi costrette, qualche anno dopo, a chiudersi in convento, è proprio nella piccola chiesetta in mezzo ai campi del Lorenteggio che trovano rifugio.

Passano i secoli ed è il turno di Napoleone. Un uomo pragmatico che non si fa grossi problemi a sradicare le porte dell’oratorio per farne un deposito per le armi.

E altrettanto poco sacro fu l’utilizzo che ne fece Federico Confalonieri, quando i suoi carbonari trovarono nella piccola chiesa la perfetta sede per le assemblee dei mesi antecedenti ai moti del 1820. È interessante la leggenda intorno alla botola che è stata trovata nell’abside dell’Oratorio: si dice che originariamente fosse possibile raggiungere Sant’Ambrogio o il Castello Sforzesco tramite un sistema di cunicoli sotterranei che partivano proprio dalla chiesetta e che permettevano ai carbonari di raggiungerla con discrezione.

Passano gli anni e la gesétta di lusert, come è tradizionalmente soprannominata dagli abitanti del quartiere dagli anni ‘50, rimane al suo posto.

Superata intatta la Grande Guerra, San Protaso rischia nuovamente di venire abbattuta. È il 1923 quando il Lorenteggio è inglobato nel Comune di Milano e una dopo l’altra le cascine delle campagne vengono abbattute. Ancora una volta però, la chiesetta è risparmiata e rimane al suo posto, in tempo per offrire riparo ai partigiani durante il secondo dopoguerra, mentre negli anni ’50 la misteriosa botola nell’abside diventa una prova di coraggio per i ragazzi del quartiere che si sfidano a scendere nei cunicoli con la sola luce di una candela.

Il 1955 è un anno importante per San Protaso: i lavori di ampliamento della carreggiata di quella che ormai è via Lorenteggio prevedono il definitivo abbattimento della chiesetta. A nulla servono le proteste degli abitanti del quartiere. Eppure, la mattina fissata per la demolizione, al primo colpo della ruspa il motore si spegne e nessuno riesce a farlo ripartire. “Anca el Signor el voeur no che la tirì giò! Lassèla stà!“, gridano i milanesi. Qualcuno crede in un segno divino, per qualcun altro è una semplice casualità. Quello che conta è che però i progetti vengono rivisti e la chiesetta viene inserita nello spartitraffico tra le due carreggiate, dove la troviamo ancora oggi.

Non ha certo avuto vita facile, la gesétta di lusert, ancora una volta a rischio l’anno scorso con il progetto della M4 che proprio nei pressi di San Protaso prevede la costruzione di un manufatto per l’areazione delle stazioni, ma la sicurezza e la conservazione della chiesetta sono però poi state garantite.

Ancora una volta la chiesa più piccola di Milano ha vinto la sua partita e rimane al suo posto.

Una piccola realtà che ha saputo ritagliarsi uno spazio nella storia dei grandi. Un anacronistico pezzo di una Milano rurale che non c’è più in mezzo a una delle vie più trafficate della caotica metropoli contemporanea che ci tiene compagnia ricordandoci che a volte basta poco per scrivere la storia.


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