A chi pensiamo quando parliamo di Cinque Giornate di Milano? A Carlo Cattaneo, leader dei democratici? A Gabrio Casati, capo degli aristocratici, gli sciuri filopiemontesi? Ad Augusto Anfossi, valoroso capo dell’insurrezione caduto sul campo? Certamente. Ma tra gli eroi delle Cinque Giornate del 18-22 marzo 1848 annoveriamo anche storie di donne, uomini e bambini ugualmente degne di essere raccontate.
Storie di donne coraggiose, che gettavano olio bollente, cocci e vetri per terra per impedire alla cavalleria austriaca di muoversi per le vie di Milano. Di donne che hanno liberato i mariti imprigionati in posti di polizia, come le donne del Verziere, l’antico mercato di Milano. Di donne che hanno rischiato la vita – 94 cadute su 600 insorti – come staffette portaordini, infermiere e combattenti. Donne come Luisa Battistotti Sassi, che il 19 marzo si distinse per aver costretto alla resa – da sola – un’intera pattuglia austriaca di 6 soldati e nei giorni successivi guidò la rivolta fra S.Eustorgio e Porta Ticinese. Donne come Giuseppina Lazzaroni che combatté il 21 marzo nei pressi di porta Tosa – oggi porta Vittoria, in onore dell Cinque Giornate – contro le meglio armate ed equipaggiate truppe austriache. A lei sarà dedicata La Bella Gigogin, inno che Paolo Giorza compose nel 1858 in onore delle insurrezioni popolari e oggi inno ufficiale dei bersaglieri.
Fondamentali per la riuscita della rivolta furono anche le staffette portaordini, come quelle dei piccoli orfani Martinitt dell’oratorio S.Martino di Via Manzoni. Fra gli eroi atipici della rivolta figura Pasquale Sottocorno, professione ciabattino, storpio dalla nascita, che sotto una pioggia di proiettili nemici riuscì ad appiccare il fuoco al palazzo del Genio dove si era asserragliato un cospicuo contingente austriaco, costringendolo alla resa. Era il 21 marzo. Sarà lui insieme a Luisa Battistotti Sassi a sedere a fianco delle autorità in occasione del Te Deum di ringraziamento per la liberazione della città, il 4 aprile 1948.
Images: copertina