Il TTIP e il mito del libero mercato

Dal 2013 è in discussione il Transatlantic Trade and Investment Partnership meglio conosciuto con l’acronimo TTIP. Questo, per chi non lo sapesse, è il tentativo di creare un’area di libero scambio tra Europa e Stati Uniti andando così a costituire un mercato che conta per metà del PIL globale e per un terzo del commercio mondiale. Oltre alla riduzione delle tariffe doganali sarebbero previste anche misure per “limare” le differenze negli standard produttivi e omologare i regolamenti tecnici e sanitari così da facilitare maggiormente gli scambi, gli investimenti privati e pubblici.

Ora, a parte il silenzio dei media su quest’argomento che è in discussione da tre anni e che condizionerà significativamente le economie europee, il TTIP rappresenta l’ultimo tentativo per realizzare quel mito di libero mercato basilare per un’economia capitalista. I fautori della liberalizzazione degli scambi, infatti, sostengono che realizzare un’area di dazi ridotti favorisca i cosiddetti “vantaggi comparati”, ovvero stimoli le nazioni nell’investire e nell’applicarsi alle produzioni in cui risultano migliori e più efficienti.
Per esempio per l’Italia un “vantaggio comparato” può essere la produzione di vino poiché il nostro territorio è uno dei migliori al mondo nella coltura della vite, mentre nessuno si sognerebbe di impiantare il Franciacorta in Irlanda. Il concetto che sostenevano gli economisti classici fin dagli inizi dell’Ottocento era la creazione di un mercato libero, in cui dominasse la libere impresa e in cui gli investimenti potessero spostarsi senza problemi dove fosse più conveniente.

Nel 1860 Francia e Inghilterra firmarono il trattato di Cobden-Chevalier con l’obiettivo principale di migliorare i rapporti diplomatici e commerciali tra i due paesi riducendo i dazi su molti prodotti. Il trattato fu preso a modello per altri accordi e in breve venne esteso ad altri Paesi europei (compreso il nostro) contribuendo sensibilmente ad aprire le frontiere e avviando un periodo di benessere generale e di espansione economica per l’Europa.

Tuttavia il sogno non era destinato a durare dal momento che, a partire dal 1873, si scatenò una gravissima crisi finanziaria e di sovrapproduzione industriale che comportò una caduta dei prezzi, il fallimento di alcune tra le più importanti industrie dell’epoca e un’ondata di disoccupazione. Il libero mercato aveva spinto le grandi compagnie ad avviare produzioni enormi e spropositate alla domanda spinta dall’indebitamento eccessivo dovuto all’opacità e, spesso, alla mancata conoscenza degli strumenti finanziari. La crisi del 1873 mise il mondo politico e culturale di fronte all’eventualità della fine del capitalismo e dell’economia di mercato liberale. Appena sei anni prima (1867), infatti, erano usciti i primi volumi de Il Capitale di Karl Marx che diagnosticavano i vizi del libero mercato insiti nell’avidità individuale e nello sfruttamento del capitale nei confronti dei salariati, ridotti a schiavi di un sistema incontrollabile poiché globale e, dunque, totalizzante. Questo, tuttavia, non fermò lo sviluppo dell’economia capitalista che dal 1873, alternò periodi di dazi (chiamati “protezionismo”) a periodi di liberalizzazione dei mercati. Oggi viviamo nell’era della globalizzazione dove, sebbene vi siano i controlli del WTO, è tuttavia ancora difficile parlare di libero mercato a fronte del potere sovrastatale delle grandi corporations e multinazionali.

Molti sono i risvolti, le vicende, le idee e le persone che hanno accompagnato, fin dalla nascita, lo sviluppo del capitalismo e del suo costrutto e assioma fondamentale: il libero mercato. Tuttavia la storia insegna essendo paradigma del presente e suggerimento del futuro pertanto, se la crisi del 1873 è stata la prima a vedere nella liberalizzazione selvaggia dei mercati un fattori disturbante per lo sviluppo economico, bisogna considerare attentamente i nuovi (e allo stesso tempo già visti) sviluppi a cui potrebbe portare il TTIP, ma forse è meglio rimandare alla prossima volta quest’analisi.


Fonti

Wikipedia

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