Di Roberta Giuili
Sarò una degli ultimi romantici, ma per me Sanremo rimane sempre Sanremo!
Il mio primo Sanremo risale a quando avevo poco più di un mese e mio papà mi cantava, anche se non bene come Ron e Tosca, la canzone vincitrice del Festival. E da quel momento tutti gli anni ho sempre seguito il Festival della Canzone italiana (un anno anche dal vivo) e se da piccoli era la settimana in cui potevamo andare a dormire più tardi del solito, ancora oggi rimane per me una tradizione; magari inutile, antiquata, ma rimane.
Carlo Conti ha rivitalizzato Sanremo, dandogli nuova linfa, senza essere un conduttore invadente, troppo esuberante, e per questo perfetto per il suo ruolo. Quest’anno poi il mix di accompagnatori ha ribaltato i ruoli tipici delle vallette: Madalina Ghenea e Virginia Raffaele hanno oscurato Gabriel Garko, lasciando a lui il ruolo di uomo oggetto e conquistando loro il palco con spontaneità, prontezza, simpatia.
Conti ha scelto degli ospiti d’eccezione, primo fra tutti Elton John, che oltre a far emozionare con la sua voce, ha parlato di approccio cristiano intendendo qualcosa che a noi suona nuovo, una visione inclusiva e non esclusiva, solidale e non diffidente; ha portato sul palco la positività, la bravura, la grandezza di un uomo come Ezio Bosso, che ha lasciato a tutti noi un grande esempio e un grande sorriso.
Quest’anno a inizio e chiusura del Festival è stato trasmesso un revival di tutte le canzoni vincitrici dal 1951 ad oggi che sono salite sul palco di Sanremo, sopravvissuto al passaggio della televisione da bianco e nero ai colori, calcato da Modugno, punto di partenza per Ramazzotti, Elisa, casa italiana per tutti i grandi che ritornano negli anni a salutarlo.
Parlando poi del contenuto del Festival, e cioè delle canzoni, quest’anno non sono rimasta delusa, anzi soprattutto la categoria dei giovani ha tirato fuori dal cappello una particolare originalità sia nella musica che nelle parole.
Da ultima romantica quale sono, condivido pienamente la vittoria degli Stadio che hanno unito a una musica travolgente, un testo semplice ma commovente, intimo. L’altra canzone che mi ha conquistata è stata quella di Noemi, creata sull’analogia, non forzata, tra la borsa di una donna e la sua vita,
“La borsa di una donna pesa come se ci fosse la sua vita dentro. Tra un libro che non vuole mai finire ed altri trucchi per fermare il tempo, c’è la sua foto di un anno fa che ha messo via perché non si piaceva ma a riguardarla adesso si accorge che era bella ma non lo capiva”.
Il 66esimo Festival della canzone italiana è riuscito nell’impresa più importante:
l’elemento commerciale è stato sopraffatto dalla genuinità della canzone italiana, per una volta non riuscendo a intaccare uno dei grandi patrimoni che abbiamo, la musica.