Il Lume prende vita nel 2015 come laboratorio universitario metropolitano. Trova dimora nella palazzina abbandonata del Vicolo Santa Caterina a Milano, diventando vicina di casa dell’università Statale. Un collettivo di poeti e musicisti la gestisce e tra i vari eventi non mancano serate all’insegna del jazz. Costa così poco, due euro destinati agli artisti, che non ho potuto fare a meno di andare a dare un’occhiata.
L’arte del Lume
È sera, davanti alla Statale il traffico universitario è sparito, c’è silenzio. Costeggio l’edificio e mi ritrovo in una via curva, c’è il leggero brusio di gruppi di persone intente a fumare e chiacchierare. La scenografia è uno striscione appeso al muro che annuncia “Benvenuti al Lume”. Si capisce subito che non è il classico posto occupato da comunisti scaduti, antifascisti con una retorica da uomini e donne, che girano in tondo intorno allo stesso paletto di pregiudizi e antiche ideologie. Si percepisce, in qualche modo, che la padrona di casa è l’Arte, non la Politica, nonostante i ragazzi del Lume siano attivi su entrambi i fronti. Il fatto è che è l’ambiente stesso a trasmettere una sensazione bohémien, mista a una sensazione da fiera di paese.
Ingresso nel Lume
Entro da una porticina in legno, e mi ritrovo al bar con-prezzi-popolari-dai-non-puoi-non-bere-almeno-uno-shot. I baristi sono gli stessi ragazzi del Lume che si alternano, sempre sorridenti e disponibili a scambiare due battute. Il locale è piccolo, sembra quasi un corridoio e in effetti, proseguendo dritto, arrivo al vero ingresso, dove vengo accolta da un gruppo di ragazzi che fumano e ridono tra sedie, divani e tavolini. Supero una tenda rossa da sipario di cabaret e comincio a respirare la magia, sento alcune note impertinenti arrivare da un luogo recondito. Le seguo superando l’ultimo ostacolo, scale sgangherate con un corrimano di corda alquanto precario.
Jam session
Ecco il cuore del Lume, una stanza piena di colonne ed arcate bianche, puzza di muffa e tante sedie su cui gli ascoltatori ondeggiano rapiti. Nell’angolo risplendono i protagonisti, un gruppo di jazzisti tra i quali non mancano mai batteria, piano, chitarra, contrabbasso e spesso ci sono anche il sassofono o una cantante, soavi narratori di storie musicali. Finito il concerto i padroni del Lume invitano i musicisti nascosti tra il pubblico a salire sul palco. Ha luogo così la jam session, che è, per chi non lo sapesse, uno spazio di tempo dedicato a chi ha voglia di suonare, si crea un gruppo assortito di strumentisti e si parte ad improvvisare. Non sono un’esperta di musica e tantomeno di jazz, ma la cosa incredibile è che loro parlano a tutti, compresi gli ignoranti come me. Non serve essere particolarmente eruditi per sedersi, dimenticare se stessi e ascoltare.
Nel mentre del concerto…
Il pubblico che affollava la piccola cripta durante il concerto si è ridotto, rimangono i veterani tra un groviglio di sedie, panche e tappeti, peccato non ci sia abbastanza spazio per ballare. Il sassofono e il clarinetto, uno biondo e uno moro, parlano di amori perduti, passioni, notti alcoliche in città; il contrabbasso sembra una di quelle persone che si incontrano di notte e con cui si vede il mattino, tra note infuocate e giravolte; il pianoforte si nasconde dietro una colonna, ma è l’elemento integerrimo che porta avanti la narrazione quando gli altri si perdono in ululati alla luna. La scena è invasa da quest’allampanata orchestra, così una ragazza passa inosservata mentre siede alla batteria e chi se ne accorge la guarda con aria di sfida. Lei l’accoglie con un ghigno di piacere e fa esplodere le percussioni con disinvoltura.
La fine della serata
Trascorro piantata lì il resto della serata, non riesco a muovermi, ipnotizzata da questi strumenti che prendono parola e mi raccontano di avventure che credevo avere dimenticato; chiudo gli occhi, apro le orecchie. Alla fine musicisti e ragazzi del collettivo rompono l’incantesimo e mettono in valigia le note. Ci ringraziano per essere stati lì, ci augurano la buona notte e ci annunciano che la serata si ripete ogni mercoledì così io, ancora stordita da tutto quel bello, torno a casa con il cuore caldo, sapendo di poter tornare.
Fonti e Credits: ufficio stampa Associazione le Belle Arti – Progetto Artepassante
Nessun commento “Nel Lume a Milano il jazz si riscopre underground”
Bellissimo articolo! Tra l’altro non conoscevo questo posto, grazie per averlo tirato fuori dalle tenebre!
Ciao Chiara sono Gregorio, uno dei ragazzi del collettivo del LUMe (Laboratorio Universitario Metropolitano) di cui sono, insieme ai membri del collettivo Dillinger Project della Statale di Milano da cui è nata l’idea del progetto, uno dei “membri fondatori” se così si può dire.
Prima di tutto vorremmo ringraziarti infinitamente per le belle parole spese nei nostri confronti e farti sapere che siamo molto felici che ti sia divertita durante la serata. Il motivo per cui ti scrivo è che, leggendo il tuo articolo, ci siamo sentiti in dovere di specificare alcune cose, sopratutto per quello che riguarda la nostra posizione politica. LUMe è uno spazio occupato da un collettivo di studenti universitari a cui si sono aggiunti nel corso dei mesi diverse altre persone: dai membri di AltreMenti Blog ai ragazzi della Civica di Cinema passando per fotografi, musicisti e semplici studenti alla prima esperienza politica. Tutte queste persone si rispecchiano negli ideali dell’antifascismo, dell’antirazzismo, dell’anticapitalismo e nei valori dell’autogestione che portiamo avanti ogni giorno nel nostro lavoro dentro e fuori LUMe. Non tutti ci definiamo comunisti ma posso assicurarti che siamo schierati fortemente e ostinatamente a sinistra, molto più a sinistra di qualsiasi partito di questo paese. Certamente il nostro obbiettivo è quello di creare uno spazio di alternativa culturale, che si allontani da quelli che sono i canoni di socialità “a pagamento” propri di locali e discoteche e che scardini la tendenza imperante a far sottostare musica e arte ad interessi di mercato, tutto questo senza però scindere il nostro portato politico dal nostro lavoro all’interno di LUMe. Entrando a LUMe non si sta semplicemente andando a sentire della buona musica ma si sta compiendo una precisa scelta politica: si stanno supportando le esperienze di autogestione ed occupazione, di rivalutazione di spazi e case abbandonate, dalle palestre popolari alla lotta per la casa fino a progetti come il nostro. Capirai bene che quindi quando leggiamo che LUMe “non è il classico posto occupato da comunisti scaduti, antifascisti con una retorica da uomini e donne, che girano in tondo intorno allo stesso paletto di pregiudizi e antiche ideologie” sentiamo un certo amaro in bocca, visto che noi in quelle ideologie le portiamo avanti ogni giorno e ne facciamo la nostra battaglia.
con la speranza di incontrarci alla prossima serata
I Compagni e le Compagne di LUMe.