Non vedo, non sento, non parlo: la foresta dello Sri Lanka
Patrimonio dell’UNESCO, la meravigliosa foresta pluviale dello Sri Lanka sta morendo.
Gli alberi vengono abbattuti per fare spazio alle sterminate piantagioni da the.
Provando a fare delle ricerche sul web non appare come queste siano invasive e lo Sri Lanka viene ancora presentato come “Paradiso naturale vergine, con una varia biosfera”. Quest’ultima è assai varia, non lo si mette in dubbio. Ma la domanda da porsi sarebbe: questa biosfera dove è confinata? Nella minima parte di foresta pluviale che il governo ha deciso di tutelare?
Sembra infatti assurdo che questo abbia stabilito un “confine”, abbia determinato un’area(Insignificante rispetto all’estensione forestale)da porre sotto tutela. Spontanea ci sorge la domanda del perché una parte abbia questo privilegio mentre l’altra sia nostra vittima e la risposta non si fa certo attendere: la foresta con relative gite e noleggio guide è uno dei principali mezzi di guadagno locale.
Anche le piantagioni da the sono mezzo di guadagno(sulle spalle degli uomini che, sottopagati, stanno a raccogliere le foglioline della cima della pianta dall’alba al tramonto) e il governo ha pensato bene di sfruttare entrambe le occasioni.
Collaborazione con Sidney Karunawardana
Per i mesi di settembre e ottobre 2015 sono stata in Sri Lanka e ho collaborato con un attivista che combatte per la tutela ambientale. Sidney Karunawardana, è questo il suo nome. Egli racconta:
Quando ero bambino intorno a me vedevo solo la foresta. Ora vedo infinite piantagioni di the e la foresta si vede all’orizzonte. Io sono cresciuto in questo ambiente, interagendo con gli animali e natura, come tutti qui a Deniyaya. Un colpo al cuore soprattutto perchè vedo il totale disinteresse da parte del governo che permette queste azioni violente contro l’ecosistema,dimenticandosi che proprio grazie alla natura il nostro paese vive.
La foresta, il gigante Golia sconfitto dal piccolo e furbo Davide. Ma ragionandoci su, ci crediamo davvero tanto furbi? Fino a che punto dobbiamo arrivare per capire che il nostro processo di autodistruzione è già più che avviato? Arrivati a un certo punto non si potrà più tornare indietro, il disastro sarà compiuto, il dado sarà tratto.
La reazione dei governi
“NON VEDO NON SENTO NON PARLO”: è stata questa la scelta fatta da alcuni governi che, avvisati della situazione, hanno preferito lavarsene le mani, definendola una questione troppo impegnativa o, ancor peggio, problema estraneo alla nostra realtà perché troppo lontano. Altri neanche hanno mai risposto alle numerose lettere scritte da me e dagli ambientalisti dello Sri Lanka ma vi assicuro che ne hanno preso visione.
Questa è la prova di come i nostri governi scelgano sempre la scorciatoia, preferiscano non vedere le situazioni ingiuste coprendosi gli occhi con una coltre di egoismo e menefreghismo, non esponendosi troppo per paura che porsi su una linea di interventismo vada a colpire anche i loro interessi e guadagni.
Rape of the world
Esemplare è una canzone di Tracy Chapman “rape of the world”, della quale ne riporto una strofa, che riassume il messaggio che voglio trasmettere con questo articolo.
“Mother of us all “Madre di tutti noi
Place of our birth luogo dove siamo nati
How can we stand aside come possiamo farci da parte
And watch the rape of the world e guardare lo stupro del mondo
This the beginning of the end questo è l’inizio della fine
This the most heinous of crimes il peggiore di tutti i crimini
This the deadliest of sins il più mortale tra i peccati
The greatest violation of all time la più grande violazione di tutti i tempi
We all are witness noi siamo tutti testimoni
To the rape of the world” dello stupro del mondo”
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