Alla scoperta di un’opera che soccorre amanti sfortunati e lenisce cuori infranti da più di duemilasedici anni. Un’immersione nelle pagine sempre attuali –e sempre irreverenti- dell’Ars Amatoria di Ovidio. Una riflessione sul corteggiamento come tecnica da affinare: provare per credere.
Ma i teatri/siano riservati alle tue caccie:/ce n’è da soddisfare ogni capriccio./Tutto vi troverai: amore e scherzo,/quella che ti godrai solo una volta,/quella che val la pena mantenere.
(vv.89-92 I, L’arte di amare, Ovidio, BUR, 2012)
Ars Amatoria di Ovidio
Nella costellazione della letteratura latina brilla, un po’ più sfacciata delle altre, la stella di Ovidio: personalità mondana ed esuberante, la quale si armò di malizia e arguzia letteraria contro il rigido sistema moralistico augusteo. Il poeta infatti, dotato di una spiccata comprensione delle dinamiche sociali, diede luce nell’1 a.C. all’Ars Amatoria. L’opera si compone di tre libri, tremilacentoquattordici versi, millecinquecentocinquantasette distici elegiaci e nessun pelo sulla lingua.
Scorrendo le pagine dell’Ars Amatoria, il lettore si immerge totalmente in una dimensione quotidiana e triviale, dove l’abito di distante fruitore classicista gli viene strappato via in un gioco di abile seduzione. Ecco il lettore nelle vie di Roma, eccolo in un banchetto, eccolo tentare una goffa impresa di adescamento:
E’ bene poi la mente raddolcire/con paroline adatte. Dirai bruna/anche colei che avrà la pelle nera/più di pece di Illiria; quella losca/dirai che rassomiglia a Citerea/la scialba paragonala a Minerva/chiama snella colei che non si regge/da tanto è magra; svelta la piccina;/bene in carne la grassa: ogni difetto/col pregio copri che più l’assomiglia.
(vv.657-662 II)
La capacità mistificatoria dell’opera
Peccato, gli hanno appena tirato una schiaffo. Ammaliare qualcuno, del resto, è un’arte che va affinata con lunghi studi e perizia, applicandola diversamente a seconda del caso. Lo stesso Ovidio sottolinea l’importanza di modificare il proprio approccio in relazione al carattere della persona desiderata, evitando di forzare la timidezza o di mostrarsi ingenui davanti all’esperienza altrui. La direzione dei precetti ovidiani si rivela poi essere la conquista di un’irriverente capacità mistificatoria, intendendo la dissimulazione quale componente fondamentale del corteggiamento.
Impaziente mi attendi che al convito/io ti conduca e mi domandi ancora/il mio consiglio? Ebbene, giungi tardi,/fai che la tua bellezza passi sola/al lume delle lampade. In ritardo/giungerai più gradita: è gran ruffiana/l’arte di farsi attendere. Sei brutta?/ Han già bevuto: sembrerai più bella.
(vv. 749-753 III)
Rimandi alla tradizione mitica
Un’opera decisamente poco politically correct. L’autore tuttavia non dimentica di rendere ossequio alla tradizione mitica, intrecciando nella narrazione episodi di divinità, eroi ed eroine dai paradigmatici trascorsi amorosi. Un exemplum il più delle volte negativo volto, in virtù della propria autorità, a deterrere il lettore da adottare simili futili comportamenti.
Non dà vita all’amor l’erba medea/né la nenia dei Marsi, mescolata/con magiche canzoni. Avrebbe allora/la femmina di Faso il suo Giasone/ben trattenuto a sé, e Ulisse Circe,/se vita i carmi dessero all’amore.
(vv.100-104 II)
L’Ars Amatoria dunque è un’innegabile risorsa di riflessioni storiche, sociali e letterarie del tutto prive di quella polverosa patina che spesso rende meno accessibili i lasciti dell’antichità. Quest’opera è stata indubbiamente pensata per una fruizione piacevole ed immediata, che conservi tuttavia una notevole dignità poetica nello studio del verso e nei riferimenti eruditi. Lasciatevi guidare in questo conturbante percorso fra le righe di ciò che rappresenta molto di più che un semplice precursore di vademecum per il flirt; abbandonate ogni pudore –o voi che entrate- ed ogni attenzione moralistica. E’ proprio così che Ovidio accorcia le distanze, e non solo fra noi e lui, ma fra noi e la nostra intimità.
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