Focus Banche – Bail-in e Bad Bank

Manuel Cristofaro

In Europa si è sempre pensato che la crisi finanziaria fosse relativa ai Debiti Sovrani, e conferma la si è avuta  con il susseguirsi di crolli di paesi affetti da grandi quantità di Debito, come Spagna, Portogallo e Grecia (che è stata ad un passo dal Default). Tutto questo mentre in USA la bolla dei mutui subprime ha delineato una crisi di tipo bancaria, che non ha avuto grandi riscontri nel vecchio continente; o meglio è sempre stato sotto il livello di guardia, ben mascherato dal problema dei debiti pubblici.

Era inevitabile che in una situazione di crisi economica, le famiglie e le imprese fossero in difficoltà e non avessero più il credito necessario per far fronte ai prestiti sottoscritti. Ciò comportava che, come avveniva per le banche americane, i mutui presenti negli attivi non avessero più la stessa consistenza che possedevano prima; diventano così crediti in sofferenza o non performing loans.

La presenza di questo tipo di credito negli attivi per le banche rappresenta diversi problemi, tra cui quello di illiquidità e conseguentemente di instabilità finanziaria.

La soluzione ad una tale situazione di difficoltà per le banche è nella maggior parte dei casi rappresentata dall’intervento dello Stato con operazioni di salvataggio e di aiuto. Gli USA usarono le Bad Bank e la securitisation, concetti che vedremo meglio dopo, mentre in Europa lo Stato più attivo in questo senso lo si individua nella Germania.

Il sistema finanziario tedesco è centralizzato nel sistema bancario, ma con un modello di management aggressivo, cioè indirizzato verso il mercato sia per la raccolta che per la distribuzione della ricchezza, per questo motivo ha una maggiore redditività, a discapito della solidità. In un periodo di flessione dei mercati, le banche tedesche subiscono il contraccolpo perdendo la stabilità che le contraddistingue fino a quel momento e il governo prontamente interviene con operazioni di Bail-Out; lo Stato si prende carico delle perdite dei privati aumentando il debito pubblico e, per controbilanciare, aumentando la pressione fiscale. Operazioni rese possibili dal non troppo elevato debito pubblico e pressione fiscale, situazione opposta a quella italiana.

Anche il sistema finanziario italiano è incentrato su quello bancario, ma il modello di management adottato è più tradizionale tramite la raccolta e la distribuzione tramite depositi e prestiti. Questo comporta una minore redditività a fronte però di una maggiore stabilità del sistema. Per questo motivo il problema di sofferenza in ambito bancario è riuscito ad essere molto ben mascherato dalla crisi del debito pubblico; non vuol dire che la crisi bancaria non ci fosse, era solo offuscata da una grande ombra, destinata chiaramente a scomparire e a far emergere quello che era sotto.

Il caso più fresco e plateale è lo scandalo dei subordinati di Banca Etruria, ma prima, già dal 2012 con lo scandalo Mps, l’intero sistema bancario aveva iniziato a mostrare qualche crepa, senza però ricevere in cambio troppi aiuti statali. Il punto più controverso sul tema è la possibilità o meno di compiere determinati interventi a livello statale, perché in ambito europeo è sempre stato definito incostituzionale l’intervento diretto degli Stati nel sistema bancario. Quello che si sarebbe potuto fare era appunto il Bail-Out, ma per non destare troppi sospetti o per altri motivi è sempre stato deciso di attuarlo solo nei casi estremi, come è stato per Mps e come sarebbe anche successo ora con Etruria e le altre 3 banche, se la direttiva europea non avesse modificato la procedura da Bail-Out a Bail-In.

Il Bail-In non è che il contrario del Bail-Out: le sofferenze e le perdite vengono curate internamente con la liquidazione di azionisti, obbligazionisti e correntisti. Il Bail-In consiste in una procedura di dissesto più dura per i privati, in quanto vi è una sequenza di liquidazione stringente e apparentemente meritocratica: con la liquidità presente nell’istituto (depositi oltre 100.000€ e altri fondi di liquidità) vengono risarciti nell’ordine azionisti, obbligazionisti (con un ordine stabilito, diverso per la natura delle obbligazioni possedute) e correntisti. Per questi ultimi il nodo è fondamentale, infatti è garantito il deposito fino a 100.000€ mentre la parte eccedente potrebbe non essere corrisposta, come avviene nella maggior parte dei casi.

Negli USA già dagli anni 30 era stata trovata una soluzione per dare respiro alle banche in sofferenza; nel 1938, dopo il crollo del mercato immobiliare americano e il New Deal di Roosvelt, fu fondata Fannie Mae, un’impresa privata con supporto governativo, “public company”, con funzione di Bad Bank.

La Bad Bank non è altro che una società di stampo bancario, che fa da veicolo ausiliario alle banche ordinarie, assumendosi le sue insolvenze. L’altra più importante Bad Bank americana, Freddie Mac, è stata fondata nel 1970.

Fannie Mae e Freddie Mac operano seguendo quella che viene definita Securitisation, nota anche come Cartolarizzazione. Acquistano sul mercato secondario i mutui delle banche ordinarie, per assemblarli tra loro e creare nuovi strumenti finanziari, chiamati MBS (Mortgage-Backed Security) e scambiati anch’essi nel mercato; con queste operazioni le banche ordinarie riescono a trarre comunque liquidità dai mutui in sofferenza.

Di questo strumento però le banche americane ne hanno abbondantemente abusato, creando strumenti derivati da securitisation di secondo livello chiamati CDOs (Collateralized Debt Obligation), che sono stati la principale causa della crisi del 2008.

In sintesi, quello che è accaduto è che le banche, una volta ottenuto l’MBS ( strumento finanziario più liquido dei mutui  sottostanti perché scambiabile in modo agevole sul mercato), decisero che quella liquidità non sarebbe bastata; utilizzarono così la stessa procedura impiegata per le società veicolo nella Securitisation, cioè assemblarono tra loro gli MBS del loro portafoglio per creare un nuovo strumento (appunto il CDO) più liquido ma più instabile. L’incontrollata produzione di strumenti finanziari che avessero come sottostante altri strumenti finanziari e così via, aggravata dalla trasparenza sull’inesistenza e sull’affidabilità delle informazioni relative agli strumenti alla base di questo castello di carte, portò inevitabilmente al collasso di questo sistema, con le conseguenze che tutti conosciamo.

Torniamo all’attualità e ai fatti di casa nostra. Il ministro dell’economia e delle finanze italiano Padoan  ha trovato, nell’ultima settimana di Gennaio 2016, l’accordo con l’UE per un piano, con cui mettere in atto il sistema della Bad Bank anche in Italia e rafforzare l’intero sistema bancario che attualmente vede un ammontare di crediti deteriorati oltre la media europea (16.7% del totale dei crediti in Italia rispetto al 3.4% della Germania).

…ma, data la complessità dei termini e dei concetti, la spiegazione del piano di Securitisation deciso dall’Italia in comune accordo con l’UE, sarà fornita nel prossimo articolo (uscita stimata per il 17 Febbraio, so stay tuned ).

 Images: copertina

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