di Martina Giobbio
Una stanza tutta per sé è un saggio del 1929 che raccoglie i pensieri e gli interventi delle conferenze che la Woolf aveva tenuto in collegi inglesi sul tema donne e romanzi.
La scrittrice si avvale della finzione narrativa, quasi con un flusso di coscienza, per ripercorre nella storia il rapporto della donna con la scrittura, servendosi di una certa ironia ma senza cadere nel banale: la donna è sempre stata tenuta lontana dal mondo della letteratura, ha sempre avuto ruolo marginale nella storia, è sempre stata ombra dell’uomo, relegata al ruolo di moglie e madre; è stata fonte di ispirazione artistica ma mai autrice libera e consapevole di una sua parola, almeno fino all’Ottocento. Ai pregiudizi sulla figura femminile, si aggiunge la mancata indipendenza economica della donna e l’assenza di un luogo appartato per scrivere, la ‘stanza tutta per sé’ del titolo: per le donne era impossibile avere una stanza privata per potersi dedicare alla scrittura, attività che dovevano svolgere immerse nella confusione della vita di famiglia.
Il percorso che porta avanti la Woolf è tracciato in modo preciso per portare il lettore a una consapevolezza maggiore non solo della discriminazione nei confronti delle donne ma soprattutto delle differenze sostanziali tra i due sessi e della disparità che caratterizza il loro rapporto; l’autrice intende rivendicare per tutte le donne la possibilità di far parte del mondo della cultura letteraria e scientifica che invece erano prerogativa dell’uomo.
La Woolf passa in rassegna i più grandi autori del suo tempo, soffermandosi sulla grandi scrittrici: nota in particolare come queste grandi autrici, in quanto tali, non erano madri di famiglia. Secondo l’autrice, infatti, si può pervenire all’arte solo una volta che ci si è liberati da tutti i vincoli e gli impedimenti della vita.
Particolarmente interessante è la parte in cui l’autrice dà vita a un’ipotetica sorella di Shakespeare, una donna desiderosa di diventare scrittrice, proprio come il fratello, ma che viene derisa da tutti e sarà costretta ad arrendersi al proprio destino di donna. Con questa parentesi la Woolf denuncia a chiare lettere gli impedimenti e le mancanze che caratterizzano inesorabilmente il mondo femminile dell’epoca.
Tema molto caro alla Woolf è l’indipendenza femminile: grazie all’educazione, l’individuo cresce e la sua mente è spinta a ragionare, a scoprire sempre cose nuove, a imparare. L’autrice conclude il saggio proprio con un appello alle scrittrici ma soprattutto alle donne affinché siano curiose e intraprendenti e si applichino e migliorino ogni giorno. È un chiaro invito a ribellarsi alle restrizioni che hanno sempre caratterizzato il mondo del sapere e a rivendicare i propri diritti, la propria libertà di scelta.
Il saggio è particolarmente intricato, alcuni passi sono pesanti, ma risulta essere molto moderno: alcune parti sono ancora valide oggi, quasi come se fossero scritte da poco e non più di ottant’anni fa. La Woolf procede con ritmo rapido nelle sue riflessioni mantenendo sempre un tono elevato; porta avanti il proprio discorso con l’ausilio di parole forti, è implacabile nella propria analisi. È un esame preciso, non di parte: è presente una forte vena femminista senza però cadere nell’eccesso.
Il suo stile è ironico ma scorrevole, di facile comprensione.
È un libro breve ma interessante ed educativo, molto utile per inquadrare la posizione della donna in un contesto diverso da quello in cui di solito è relegata.
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