Di Ilaria Zibetti
Se Claudio Baglioni canta “Questo piccolo grande amore”, in questa storia l’amore è caratterizzato dalle basse temperature degli inverni della capitale francese.
L’opera forse più amata e conosciuta del Maestro Giacomo Puccini, La Bohéme , andò in scena per la prima volta nel 1896 al Teatro Regio di Torino e la trama è di una realisticità commovente.
Nella Parigi del 1830, quattro giovani artisti sgangherati convivono in una soffitta presa a pigione e cercano, con le rispettive occupazioni, di arrivare alla fine del mese. In particolare assistiamo allo svilupparsi delle vicende sentimentali di Rodolfo, poeta, e del suo amico Marcello, pittore. Il primo si innamorerà in modo fulmineo della dolce sartina Mimì ( soprannome di Lucia), incontrata per caso sul pianerottolo e ammaliata con arie romantiche come “Che gelida manina” e dal destino oscuro. Il secondo ragazzo invece recupererà il rapporto con la sua ex fiamma, Musetta, civettuola parigina che ama le ricchezze ma che alla fine si arrenderà all’amore appassionato di Marcello. La vita purtroppo, nonostante la forza dei sentimenti, mette sempre a dura prova e la sorte dei nostri non sarà delle più liete.
Accusata di essere una storia troppo dalla “lacrima facile”, La Bohéme è la vita di ragazzi animati dagli ideali dell’arte che tentano di raggiungere il proprio sogno, pur costretti dalla miseria; è precarietà di una metropoli che acclama gli affermati e tenta di affogare gli emergenti; è una ragazza condannata fin dalle prime battute del suo ingresso ma alla quale non riusciamo a non affezionarci perché in fondo è il simbolo della dolcezza e della tenacia. La forza della giovinezza che cerca di superare le avversità e restare sempre attiva, di imparare, di maturare e di limitarsi nei propri slanci. Una coscienza verso il mondo degli adulti in cui si affrontano le responsabilità e il denaro lo si guadagna con il sudore della fronte.
Dati anche i recenti fatti di cronaca terribile, avvenuti fatalmente a Parigi, quest’Opera invita a vivere, a sentirsi giovani, a non abbattersi davanti ai colpi del destino che possono farci cadere in ginocchio e non cedere ma reagire come è nelle nostre possibilità. I grandi valori, che oggi si confondono con l’essere retrogradi o bigotti, sono la vera colonna portante della nostra esistenza e durante i tempi bui non bisogna mai scordarlo.