Nel corso degli anni, su Steve Jobs sono uscite 15 biografie, 3 romanzi e 3 fumetti, 9 documentari, uno spettacolo teatrale e 4 film. Tra quest’ultimi, si trova anche l’ultimo tentativo di raccontare questa icona dei nostri tempi.
Steve Jobs, durante la sua vita, ma anche dopo la morte, avvenuta nel 2011, è stato dipinto come un eroe americano, e dell’umanità, colui che ha cambiato il mondo e il suo modo di comunicare. Ma era anche una persona dai modi terribili, con dei rapporti personali disfunzionali. Non sappiamo se è davvero una persona che debba essere celebrata e se tutto ciò che si dice su di lui sia vero. D’altronde con personalità così grandi, tutto tende a finire nel campo della leggenda.
Steve Jobs, il film di Danny Boyle, in uscita in Italia il 21 gennaio 2016, prende il via dalla biografia “Steve Jobs” di Walter Isaacson (giornalista americano che ha lavorato per la CNN e il Time) da cui Aaron Sorkin, ha poi scritto la sua particolare sceneggiatura. Si, perché Aaron Sorkin nasce come drammaturgo, ed il film si divide in tre atti, come in teatro. D’altronde Steve Jobs avrebbe potuto benissimo essere un personaggio shakespeariano.
La trama, dunque, segue gli eventi che si svolgono nei backstage, pochi minuti prima dei lanci dei tre prodotti più rappresentativi nell’arco della carriera di Jobs: il Macintosh nel 1984, NeXTcube nel 1988 e l’iMac nel 1998. Tutto per portare lo spettatore dietro le quinte della rivoluzione digitale, per tratteggiare un ritratto intimo dell’uomo geniale che è stato il suo epicentro. Per tre volte compaiono sei personaggi, 40 minuti prima che ogni prodotto venga lanciato, e parlano semplicemente tra loro. Questa non è vita vera, è una versione amplificata della vita vera.
Infatti, Steve Jobs ha voluto essere fin dall’inizio un quadro, non una fotografia. La sceneggiatura di Sorkin, prende dalla vita reale di Jobs, ma inventa, immagina eventi che probabilmente si sono svolti in maniera molto diversa. Tutti gli avvenimenti che vorticano intorno a questi lanci sono la sua combinazione dei conflitti della vita di Steve che ha scelto di rappresentare, condensati in azioni di 40 minuti di tempo reale.
Sorkin parla di molto più che di Steve Jobs come persona. Lui ha cambiato una delle cose più preziose e vitali delle nostre vite, che è il modo in cui comunichiamo, in cui interagiamo gli uni con gli altri. Ma il film parla anche di team, perché è una persona che è stata capace di spingere gruppi e individui a creare. Nel personaggio di Steve c’è ingegno e umorismo, e una comprensione di quanto le persone amino trovare qualcuno che le incoraggi a sforzarsi. Jobs era quasi maniacale nella sua determinazione a trasformare le persone. Per questo ci sono persone nella vita di Jobs che gli sono chiaramente e profondamente devote, come Joanna Hoffman (interpretata da Kate Winslet). Mentre altri personaggi lo ritengono un mostro. Ma nonostante tutto resta un uomo, una persona che avrebbe probabilmente potuto essere più felice se non avesse creduto che la bontà e il genio fossero qualità binarie.
Insomma, perché vi abbiamo raccontato tutto questo? Per rispondervi vi lascio con la le parole di Michael Fassbender, l’attore che ha magistralmente preso i panni di Steve Jobs: “Questa storia è importante perché Steve Jobs ha cambiato tutte le nostre vite. Ha cambiato il modo in cui funziona il mondo, il modo in cui comunichiamo e interagiamo l’uno con l’altro, come guardiamo i film, come ascoltiamo la musica e come compriamo le cose. Una persona che ha avuto questo impatto merita una riflessione.”
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