Nel grande libro della biologia, il DNA rappresenta un capitolo estremamente affascinante: un punto d’incontro tra il mondo microscopico delle molecole organiche e quello macroscopico rappresentato dalla diversità di forme e funzioni degli organismi viventi.
Quest’acronimo comunemente utilizzato e facilmente pronunciabile, racchiude il termine acido deossiribonucleico.
Il nome esteso di questa macromolecola può risultare un po’ ostico, ma ci permette di avere maggiori informazioni sulle sue caratteristiche.
Si tratta infatti di un acido formato da nucleotidi, in ciascuno dei quali è presente lo zucchero desossiribosio, il gruppo fosfato e una delle quattro basi azotate.
La scoperta della sua esistenza avvenne nel 1868 ad opera del medico fisiologo Johann Friedrich Miescher che, analizzando il contenuto del nucleo delle cellule, trovò una sostanza acida con un alto contenuto di fosforo.
Più di ottant’anni dopo, nel 1952, il biologo Alfred Day Hershey e la sua collega Martha Chase furono in grado di confermare il ruolo del DNA nella trasmissione genetica.
Fino ad allora la genetica, intesa come lo studio delle caratteristiche degli organismi viventi e della loro ereditarietà, non era affiancata con certezza da osservazioni di carattere microscopico e molecolare.
Nel 1953 grazie alle analisi del DNA tramite diffrazione dei raggi X operate da Rosalind Franklin, James Watson e Francis Crick furono in grado di stabilire la struttura ad elica del DNA che tutti conosciamo.
Questa scoperta, unita ai risultati di altri studi indipendenti, permise di comprendere che le quattro diverse basi azotate poste in combinazioni di tre formano un linguaggio definito codice genetico: un linguaggio universale per tutte le cellule di tutti gli esseri viventi; i diversi tris di basi azotate equivalgono a diversi amminoacidi, ovvero i mattoni che costituiscono le proteine e ciascuna delle quali ha una diversa funzione nella cellula e nell’organismo.
Al concetto di gene come caratteristica ereditaria, si affianca quello di sequenza di DNA contenente i codici dei vari amminoacidi che compongono una proteina. Tuttavia non è semplice collegare i risultati del mondo molecolare al mondo macroscopico e visibile; è molto difficile associare ai vari geni formati da DNA, una funzione specifica visibile a livello macroscopico, come ad esempio il comportamento; è più semplice associare la sequenza di DNA funzioni a livello microscopico , come la produzione di una proteina.
Infatti un singolo gene può esprimere la sintesi di una proteina, ma qualsiasi funzione complessa è determinata da un vasto numero di proteine e corrispondenti sequenze di DNA.
Come afferma Claudio Longo, botanico e esperto di didattica della biologia, potremmo avere due definizioni diverse di gene: una definizione propria della biologia molecolare, un’altra appartenente alla genetica vera e propria.
Per la biologia molecolare il gene è il pezzo di DNA che codifica per una proteina.
Il gene della genetica è invece il carattere ereditario che può codificare per forme, colori, disposizione degli organi, comportamenti.
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