Di Manuel Cristofaro
Il 5 Novembre si è tenuta a Milano la Cerimonia di Inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
La prolusione della cerimonia è stata affidata a Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, intervenuto dopo il Magnifico Rettore Franco Anelli e l’Arcivescovo di Milano Angelo Scola.
Draghi più che un discorso esplicativo di ciò che lui e il suo staff alla BCE hanno e stanno attuando, ha tenuto una vera e propria lezione divisa in due parti ben distinte.
Nella prima parte si è concentrato nello spiegare come funzioni la BCE spiegando le origini del suo mandato, come funziona il sistema monetario e come le politiche monetarie siano cambiate con l’evolversi del tempo, restando sempre al passo con i tempi e gli obiettivi.
Nella seconda parte della lezione ha spiegato in maniera dettagliata le operazioni che la BCE ha attuato per far pronte alle problematiche attuali; su tutte, la stabilizzazione del prezzo nel medio termine e la crisi del sistema finanziario della Grecia.
Da tutta la lezione si è ben compreso che l’obiettivo di Draghi e della BCE è il raggiungimento della stabilità sia dei prezzi che del sistema nel medio termine.
<< In un momento economico molto particolare come questo, la BCE ha utilizzato degli strumenti di politica monetaria mai visti prima, sempre rimanendo nei limiti del Trattato>>,
ha tenuto a precisare Draghi. I principali strumenti a cui si è riferito sono l’approvazione del programma di acquisto di titoli di stato dal settembre del 2014 e quello che è stato definito ELA, cioè nient’altro che l’emissione di liquidità di emergenza alle banche elleniche.
Draghi ha spiegato che uno degli obiettivi fondamentali della politica monetaria della BCE è il controllo dell’inflazione, che secondo il trattato di Maastricht deve fluttuare intorno al 2%.
Ciò che è avvenuto, cioè inflazione intorno al 1,6%, è al disotto delle aspettative dello staff della BCE. Per poter rispondere a questa situazione di indebolimento economico, la Banca Centrale Europea doveva rispondere prontamente. E così ha fatto, applicando un tasso d’interesse minore e quindi più vantaggioso sui prestiti alle banche.
Il problema che però Draghi e i suoi collaboratori hanno riscontrato è stato nel meccanismo di trasmissione della politica monetaria sull’economia reale: il minore tasso di interesse applicato sui prestiti della BCE, non si trasformava in un minore tasso di interesse sui prestiti al consumo. Per rimuovere questo ostacolo la BCE ha deciso di concedere dei prestiti con scadenze più lunghe alle banche. Questi prestiti però non avrebbero funzionato correttamente senza la condizione che è stata applicata, cioè che le banche avevano diritto a questi solo se aumentavano i crediti al consumo ad un tasso maggiore rispetto a quello precedente.
In sintesi per risolvere il problema di trasmissione della politica monetaria sull’economia reale la BCE ha concesso prestiti condizionati a lungo termine alle banche del sistema.
L’inflazione però non si è modificata in positivo, bensì in negativo. La causa è da ricercare sul mercato delle materie prime, principalmente nel crollo prezzo del petrolio.
Ma il prezzo del petrolio può incidere sulle politiche monetarie della BCE? In realtà no. Almeno, se l’aspettativa futura sul prezzo del petrolio non sia di un’ulteriore discesa. In questo caso di lungo periodo, l’incidenza del prezzo del petrolio sull’inflazione ha, come è successo, una ragione di esistere.
Succede che le aspettative future molto negative fanno aumentare i tassi d’interesse nel lungo periodo e questo non fa altro che rendere instabile i prezzi nel medio periodo.
“Dati alla mano, gli strumenti non convenzionali utilizzati fin ora, come l’acquisto sul mercato di titoli di stato si sono rivelati efficienti nel breve periodo” precisa Draghi, che continua dicendo “il Consiglio della BCE si riunirà a Dicembre di questo anno per decidere e verificare se questi strumenti possano essere efficienti anche per una stabilizzazione degli obiettivi nel medio termine, e se così fosse continuare su queste linea. Se così non fosse invece si valuteranno le nuove strade da adottare, ricordando sempre che la BCE ha piena discrezionalità nello scegliere quali strumenti siano applicabili, sempre nel rispetto delle norme del Trattato.”
Uno dei temi polico-economici più scottanti di questi ultimi periodi è stato il tema greco. L’ELA è lo strumento che la BCE ha utilizzato per salvaguardare il sistema bancario e finanziario ellenico, ma non senza critiche.
L’ELA non è altro che un emissione di liquidità molto consistente verso le banche greche in contropartita di titoli di stato ellenici. Questo ha fatto sì che non si creasse un vortice infinito dove lo stato si sarebbe finanziato tramite le banche nazionali, che ricevevano liquidità dalla BCE, in cambio di titoli di stato.
Il rendimento e l’efficienza di questa iniezione di liquidità è completamente funzione dell’efficienza delle negoziazioni politiche tra Grecia e UE. Questo perché una conclusione negativa delle negoziazioni comporterebbe un crollo del collaterale dei prestiti (i titoli di stato) e quindi una cancellazione delle garanzie poste in essere dalla BCE, con conseguente fallimento del sistema bancario ellenico.
Alcuni sostenevano la teoria secondo cui la BCE non deve continuare sulla strada dell’ELA, costringendo al fallimento le banche elleniche e la conseguente uscita delle Grecia dall’Euro. Ma Draghi e i suoi collaboratori non volevano in alcun modo rinunciare incondizionatamente all’applicazione delle norme del Trattato, che impongono che la BCE debba usare tutti i mezzi a sua disposizione per far fronte a problematiche nel sistema monetario e finanziario dei paesi dell’Euro.
Infatti è stato deciso che a prescindere dalla conclusione delle negoziazioni, la BCE avrebbe emesso liquidità illimitatamente, con una eventuale contrazione in caso di conclusione negativa, cosa effettivamente accaduta, e un eventuale riespansione in caso contrario, anche questo avvenuto.
Draghi ha concluso poi con un monito verso gli Stati membri, chiedendo al più presto una collaborazione per la creazione di un processo istituzionale che stia alla base delle azioni che la BCE sta applicando. Ma come può avvenire questo? Draghi pensa che possa accadere solo con una maggiore affermazione degli Stati, attraverso “la consapevolezza della forza intrinseca che deriva dalla capacità di riprendere la crescita, applicando tutte le riforme necessarie a questo fine e alla fiducia reciproca che porta a condividere i benefici di questa crescita, in una unione dove la somma sarà maggiore delle sue parti”.
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