di Simone Belletti
Chi vorrà leggere questo articolo fino in fondo, oltre che fare luce su di un poeta misconosciuto, scoprirà come guadagnare molti soldi (se sarà abbastanza fortunato) con un libro di poesie, cosa più unica che rara di questi tempi.
Se mai vi capitasse di passare, a Milano, per via Beatrice d’Este, vi consiglio di fare attenzione alla targa di fianco al numero civico 17: è dedicata a tre artisti milanesi “che tanto hanno dato alla cultura della nostra città”, tra cui il poeta Delio Tessa.
TESSA, CHI ERA COSTUI?
Delio Tessa è stato un grande poeta milanese, un grande poeta del ‘900.
Vissuto a cavallo dell’inizio del secolo, vide disperato la fine della Milano dell’ottocento, la vide sfaldarsi, perdersi, cambiare irrimediabilmente in qualcosa di diverso.
La poesia di Tessa si genera dallo shock della modernità: dopo la grande guerra la città ha perso il suo senso di comunità, il senso di cittadinanza coesa e solidale, di una grande famiglia.
E’ diventata una metropoli che fagocita tutto ciò che c’era di umano in nome del profitto; il fordismo esasperato, il produttivismo opprimente hanno generato una vera e propria follia della ragione.
E’ una città che Tessa non riconosce più, in cui non si riconosce più.
Da qui la volontà di rappresentare ciò che sta ai margini di questa febbre del produrre, le prostitute, i folli, i reietti; da qui una poesia espressionista, allucinata, onirica.
Dietro c’è chiaramente Baudelaire che per primo vide l’orrore della nascente società di massa.
Questo orrore ha guidato Tessa all’uso del dialetto, non certo per ottenere una poesia dialettale del disimpegno, nostalgica, folkloristica come siamo abituati a pensarla, ma per una poesia espressionista, potente, nel suono, nelle parole, che fosse la lingua di quella città perduta.
Nel 1932 uscì la sua unica raccolta (in vita) per Mondadori, “L’è el dì di mort, alegher!”, grazie soprattutto all’insistenza dell’allora direttore generale della casa editrice che nutriva una grandissima stima per il poeta.
Fu un fiasco: il libro rimase quasi totalmente invenduto e per smaltire le copie l’editore decise di regalarlo come inserto omaggio della Settimana Enigmistica; ebbene sì, il Baudelaire milanese, colui che aveva raccontato l’orrore, la follia, l’allucinazione, usci in allegato alla Settimana Enigmistica.
Quell’edizione adesso vale molto e ci sono diverse copie ancora in circolazione.
Se avete qualche nonno o bisnonno milanese che in gioventù era appassionato di enigmistica, vi invito a spulciare in solaio, che, non si sa mai, potrebbe essersi conservata una copia. Se su di una bancarella, tra le cataste di vecchi libri ingialliti, il vostro occhio viene attratto dal nome Delio Tessa, non fatevelo sfuggire.
Magari, prima di precipitarvi a venderlo, apritelo e dateci un’occhiata, vi assicuro che scoprireste un grande poeta.