di Isabella Poretti
Consumare è vita per l’uomo del ventunesimo secolo. Ogni giorno, da quando ci alziamo la mattina a quando chiudiamo gli occhi la sera, ci trasciniamo dietro un lungo strascico di consumi, con tutto il suo poderoso impatto sul pianeta, sull’economia, e sulle persone che ci circondano (direttamente o indirettamente).
Ho bisogno quindi compro. Uno sfizio ogni tanto ci vuole: compro. Potrebbe servirmi, allora lo compro.
La pubblicità d’altro canto, un Grande Fratello onnisciente e onnipresente tra noi, l’hanno messa lì apposta, per dirci quello di cui necessitiamo, senza nemmeno doverci sforzare.
Creare un bisogno è dunque la prima regola. È per questo che la moda, dando alla luce numerose collezioni invernali, primaverili, autunnali ed estive, in questo riesce molto bene. Ed è così che in questa stagione sarebbe impensabile indossare quella fantasia che andava tanto lo scorso anno. Sarebbe come arrivare ad una festa quando tutti se ne sono già andati. E nessuno vorrebbe mai sentirsi inadeguato, diverso, deriso.
Ogni anno la moda ci spinge a rinnovarci, creando così il problema e la soluzione. La pressione psicologica esercitata su di noi dalla pubblicità e da questo settore ha un controllo spaventoso sulle nostre scelte e sui nostri comportamenti molto più di quello che possiamo immaginare.
Spesso il bisogno di rinnovamento di accessori, abiti, cosmetici è la forza motrice di un dispendio economico al di sopra del nostro potere d’acquisto. Personaggi della TV, attori, cantanti e calciatori sono i crociati del consumo nell’industria della moda: ci dicono cosa odiare e cosa amare, quanto valga la pena sacrificare la comodità alla bellezza, i colori in e i colori out. E i comuni mortali prendono appunti pedestremente cercando di avvicinarsi al vangelo imposto per quella stagione.
Il consumismo è sete di Coca-Cola, è fame di cioccolato, ed è moda. Il superfluo che si fa necessario, la macchina famelica che si nutre del nostro bisogno di adeguatezza.
Svegliate le fashion victims che ci sono in voi, perché vi renderanno ancora più schiavi.
Images: copertina