Estate alle Trash Islands

25 milioni di tonnellate di plastica mondiale nel mare ogni anno, e l’allarme di Goletta Verde per i litorali italiani


(Images from: blogeko.iljournal.it)

Di Elisa Navarra

Il vento spettina la chioma del mare i cui boccoli si disfano sulla spiaggia. Come reti gettate e poi ritirate, le onde perdono al rientro frammenti della copiosa pesca: schegge di conchiglie, gusci di ricci, in cima cocci aguzzi di bottiglia. Tra i granchi che fanno a gara rincorrendo la risacca anche un tappo di birra zoppica verso il mare; nuove risposte alla crisi ambientale? A quanto pare l’Heineken sembra aver avuto successo tra i paguri senza tetto…

L‘inquinamento marittimo è senz’altro una delle questioni più allarmanti e sottovalutate nel nostro paese. Il recente allarme lanciato da Goletta Verde (la campagna di Legambiente sulla salute delle acque italiane) parla chiaro: due infrazioni ogni km di costa e quasi la metà dei 266 campioni analizzati saturo di cariche batteriche. È sola una riconferma delle condanne che l’Italia riceve a tre anni a questa parte dall’Unione Europea; è la ribellione spontanea del mare agli scarichi non depurati, alla pesca di frodo, allo scorretto smaltimento degli olii esausti.

Ma i litorali italiani non sono i soli ad essere colpiti dal virus dell’industrializzazione: dei 260 milioni di tonnellate di plastica prodotti ogni anno nel mondo circa il 10% finisce in mare, ad incrementare il paesaggio lunare di polistirolo galleggiante. Basti pensare alle celebri 7 isole di plastica, scoperte negli anni ’60 e sparse tra Pacifico Atlantico e Oceano Indiano. Meta turistica molto gettonata tra i sacchi di plastica di tutto il mondo, hanno visto di recente accrescere il loro business grazie al successo avuto tra i tappi ed i colli di bottiglia, che sono soliti soggiornarvi fino a 1000 anni.

Permanenza un po’ eccessiva forse, tale da suscitare in Giappone una proposta di smaltimento. È un diciannovenne a lanciare il progetto “Ocean Clean up“, che sarà installato al largo dell’isola Tsushima nel 2016. Nato con l’obiettivo di ripulire la Great Pacific Garbage Patch (la maggiore isola di plastica situata tra Hawaii e California), consta di una barriera galleggiante che convoglierebbe i rifiuti in un compattatore ad energia solare sfruttando le correnti marittime.

Sarà forse la giusta occasione per frenare l’avanzata di quella che è stata dichiarata il più importante fenomeno di globalizzazione? Le intenzioni sembrano concrete, ma si sa, tra il dire e il fare, c’è di mezzo un mare…di plastica.

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