di Fatima Ismaeil
Chi si approccia per la prima volta all’islam, così come peraltro all’ebraismo, resta primariamente colpito dalla peculiare, minuziosa attenzione disciplinante che questa cultura religiosa rivolge a ogni, per quanto minimo, aspetto della vita del fedele.
Il formalismo (non quello sterile, fine a se stesso, ma quello pregno del Ricordo), la pratica rituale, e in generale l’aderenza rigorosa alla Sunna profetica, sono elementi fondamentali dell’Islam. La figura profetica è, secondo la tradizione religiosa, punto di incontro tra Cielo e terra, tra Dio e i popoli: attraverso le figure profetiche, esseri umani prescelti e benedetti, la Rivelazione, il Messaggio, la Parola, diventano, infatti, umanamente, etnicamente, culturalmente comprensibili ai popoli della terra. L’ insegnamento profetico, estrinsecato nel carattere della ritualità formale, è, quindi, strumento salvifico per l’uomo, canale comunicativo diretto e privilegiato tra Creatore (Al-Bari, Il Plasmatore) e creatura; è riconoscenza consapevole verso Chi ci ha dato la vita.
È adorazione cosciente, conseguenza razionale di una presa di posizione razionale, la Testimonianza di fede; è elemento semplificatore nel processo di conoscenza dell’Impenetrabile, Al-Samad. Il rituale (es: la Salat, adorazione rituale), specificazione formale, è pacificazione tra Dio e fedele, è emblema formale dell’aderenza alla tradizione profetica muhammadiana.
L’ortoprassi islamica investe in termini globalizzanti la fenomenologia dell’agire umano, accogliendo in se stessa la disciplina sistemica dei piccoli gesti quotidiani, mangiare, lavarsi, dormire, del comportamento da assumere nei confronti del prossimo, in rapporto al mondo animale, all’ambiente, rispetto alle grandi questioni etiche, così come dei momenti rituali, dell’attività lavorativa, commerciale, della gestione, amministrazione della cosa pubblica; al fine di inserire consapevolmente l’individuo nell’armonia dell’universo creaturale; islamicamente parlando, infatti, ogni creatura di Dio, dal Sole, la luna, le stelle, gli animali, le piante, aderisce inconsapevolmente alla Volontà divina e trova in ragione di questa inclinazione benevola la sua pace. Il termine “islam”, per l’appunto, correntemente tradotto con “sottomissione alla Volontà di Dio”, può tradursi anche come “pacificazione tra creato e Creatore”, aderenza quindi della volontà umana alla Volontà divina, pace tra Creatore e creature (come peraltro, conseguentemente, pace tra creature e creato, e creature stesse), ottemperanza umana al Patto che lega la coscienza di ogni uomo all’Altissimo.
L’essere umano, graziato del libero arbitrio, può scegliere di sottomettersi consapevolmente alla Volontà divina, prendendo le mosse dalla fitra, natura benevola primordiale propria di ogni individuo, assumendo consapevolmente e responsabilmente il ruolo di “khalifa”, vicario di Dio sulla terra, amministratore del Suo creato; o di rifiutarla, anteponendo a questa il proprio ego, i propri infimi istinti autocelebrativi, e condannando se stesso, le proprie società, a un’esistenza spiritualmente inconsapevole, vissuta in balia dei precari e fallaci riferimenti della vita terrena.
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