Tutt’i gusti so’ gusti, disse quello che succhiava ‘n chiodo arrugginito.
(Tutti i gusti sono gusti disse quello che succhiava un chiodo arrugginito; Toscana)
Gli stereotipi della comicità italiana si riversano su un contrasto linguistico tra Nord e Sud raccontato attraverso il cinema. Ogni regione italiana, lo sappiamo bene, ha una propria identità, una propria lingua, una cucina, una cultura, e nei film queste caratteristiche trovano una cornice particolare. La storia del cinema italiana è costellata di grandi classici di cinema comico, dove la regionalità la fa da padrona. Basta pensare alle varie pellicole con Totò, Alberto Sordi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o Aldo Fabrizi tanto per citarne qualcuno.
Su tricu de Marzu non du messas attu
(Il grano di Marzo non tagliarlo alto; Sardegna)
Nord e Sud: Totò, Peppino e la… malafemmina
Tra questi, però, il più significativo di tutti è certamente Totò, Peppino e… la malafemmina, film del 1956 con Totò, Peppino De Filippo, appunto, Dorian Gray (nome d’arte di Maria Luisa Mangini) e Teddy Reno.
E’ vvote ‘a mmiria ‘nce fà schifà..tutte chello ca’ ‘nce’ piacesse ‘e fà.
(A volte è l’nvidia che ci rende avversi alle cose che gradiremmo fare; Campania)
Antonio e Peppino
La vicenda narra di Antonio Caponi e Peppino, due fratelli che vivono nelle campagne di Napoli. Sono due ignorantoni, campagnoli più che proprietari terrieri: Antonio, il primogenito, è spendaccione e donnaiolo, spesso a danno del più giovane, il sottomesso e avaro Peppino, ma entrambi sono alle prese con il ben più ricco mezzadro Mezzacapa.
la lengua la g’ha no d’oss ma ia fa rump
(la lingua non ha ossa ma le fa rompere; Lombardia)
Gianni e Marisa
Gianni, l’aitante figlio della loro sorella Lucia, nel corso dei suoi studi di medicina a Napoli si innamora di Marisa, prima ballerina di avanspettacolo, e per amore decide di seguirla a Milano, all’insaputa del resto della famiglia. Questi però vengono comunque a scoprirlo e i tre fratelli temendo che Gianni possa distogliere l’attenzione dagli studi e decidono di raggiungere Milano. Consultano quindi l’odiato Mezzacapa sullo stile di vita di Milano, poiché in giovinezza il vicino visse proprio al nord e ci si perde in cliché.
Val püsè na bóna làpa, che na bóna sàpa
(Vale più avere una buona lingua, che una buona zappa; Piemonte)
L’incontro con il vigile
Raggiunta la terra milanese, bardati come dovessero andare in Russia nonostante fosse primavera, si mettono sulle tracce di Gianni, per persuaderlo a tornare a Napoli, cercando anche di convincere Marisa a lasciarlo. Qui si svolge una delle scene più memorabili e indice degli stereotipi regionali: di fronte al Duomo di Milano Totò e Peppino trovano un vigile urbano per chiedere indicazioni per raggiungere il teatro in cui si esibisce la “malafemmena”.
Ce cu voli a butti ghina e a mugghieri ‘briaca
(C’è chi vuole la botte piena e la moglie ubriaca; Sicilia)
I due scambiano il vigile per un generale austriaco alleato, e tentano di farsi capire con un bizzarro miscuglio linguistico: “Excuse me… bittescèn, noyo volevàn savuàr l’indiriss… ja?”, composto: dall’espressione inglese “excuse me” (“mi scusi”), seguito dal tedesco “bitte schön” (“mi scusi” o “prego”); un improbabile pronome spagnolo “noyo” (misto di “noy” e “yo”, “noi” e “io”), un tentativo di verbo al francese (che invece richiama il termine culinario “vol-au-vent”), il verbo francese “savoir” (sapere) e una parola del dialetto meneghino “indiriss” (indirizzo), conclusa con il “sì” tedesco, “ja”.
Insomma, prima i due scambiano il vigile per tedesco (quando lui chiede in dialetto “M’ha ciapà per un tedesco?”), e lo stesso vigile non riconosce la loro provenienza (“Ma dove venite, voi? Dalla Val Brembana?”). Poi, però, le cose non migliorano quando il vigile li parla in italiano, in quanto la frase che ne scaturisce conduce a una sorta di qui pro quo linguistico: “Dunque, noi, vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare… per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione!”.
La storia troverà poi il suo Happy Ending quando la stessa Lucia si accorgerà della bontà dei sentimenti dei due giovani.
Da ina màn strénta ni u ne sciòrte ni u ne entra
(Da una mano stretta né ne esce né ne entra; Liguria)
Nord e Sud: Giù al Nord
Il contrasto linguistico tra Nord e Sud è certificato da un altro film, stavolta, d’oltralpe, che deve molto a Totò, Peppino e… la malafemmina. Si tratta della pellicola francese Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch’tis), film del 2008 diretto e interpretato da Dany Boon. Il protagonista, Philippe Abrams, medio funzionario delle poste di Salon-de-Provence, cittadina della Provenza nel sud della Francia, sotto le pressioni della moglie depressa Julie, cerca in ogni modo di ottenere un trasferimento in una località marittima della costa mediterranea del Midi. Ma invece, finisce a Bergues, un piccolo paesino nei pressi di Lilla, nel freddo Nord.
Come Totò, Peppino e Lucia erano andati da Mezzacapa, Philippe, il giorno prima della partenza si reca dal pro-zio di Julie, che gli dà delle dritte sullo stile di vita del Nord, che a detta sua sarebbe caratterizzato dal freddo polare, dalla miseria, dall’antipatia della gente e, giusto per non farsi mancare nulla, dall’ignoranza.
El can de do paruni xe morto de fame
(Il cane con due padroni è morto di fame; Veneto)
Ma le voci e i pregiudizi non si rivelano veri, anzi, Philippe scopre un clima che non solo non è glaciale, ma quasi quasi non è nemmeno troppo freddo, le bellezze di quella piccola cittadina e un’accoglienza non gelata, ma al contrario molto calorosa da parte dei vicini e dei colleghi.
Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord
Da questo film si sono poi generati i due noti remake italiani con protagonista Claudio Bisio, Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, ma alla fine il tema è sempre lo stesso: l’impero dei pregiudizi e della diffidenza tra i due estremi geografici di uno stesso paese, che non si conoscono realmente fin quando non ci si va personalmente.
A Santa Lucia lo pa de la fourmia.
(A Santa Lucia il passo della formica. L’allungarsi del giorno è impercettibile; Valle d’Aosta)
CREDITS