La poesia narra dell’ispirazione, figlia di quattro poeti (Blake, Byron, Shelley, Coleridge) e un compositore (Robert Shumann) tutti affetti da disturbo bipolare. Come una figlia capricciosa l’ispirazione consuma i padri, fino alla morte.
Ho partorito.
Una bambina che strepitava. Scalciava, mordeva
ho dovuto
ho dovuto metterla nero su bianco,
nero d’inchiostro, bianco muro.
La bimba gridava
d’una giovane prostituta malata,
infetto suo figlio piangeva,
maledette le famiglie
che lei ha infettato.
Scrivo e scrivo
meno nero l’inchiostro, pasticci sul muro.
La bimba sussurra di una giovane donna,
ella cammina
cammina nella bellezza
e nel suo cuore
l’amore è innocente.
L’inchiostro è finito
ma la bimba si strazia
vuole che scriva
inizio a grattare
la mia penna asciutta.
La bimba ghigna
d’un re di tutti i re
decaduto,
nella sabbia è caduto
di lui non resta
che un’effige di pietra.
Rotto è il pennino
la bimba lo vuole:
incido con unghie,
le mie unghie nel muro,
che il flusso non cessi.
La bimba piange
la morte di un albatro,
un albatro di mare dono di Dio,
ucciso da un marinaio
che da allora non ha pace.
La bambina m’ha estinto,
prosciugata la mia penna
le mie dita di sangue.
Come Robert l’ho amata
l’ho amata così tanto che dimentico di me
ho dimenticato di mangiare:
patricidio.
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