di Cecilia Mora
L’illustrazione di moda fa parte delle arti figurative ed è nata dall’esigenza di rappresentare e descrivere costumi e abbigliamenti delle varie epoche.
Raffigurare abbigliamenti tramite disegni e schizzi di prima mano non è certo un fenomeno recente; difatti, artisti di tutte le epoche hanno cercato di rappresentare i modi di vestire dei rispettivi periodi storici.
Rappresentare le mode del momento attraverso disegni, era l’unico modo per immortalare certi periodi, soprattutto all’inizio, quando la macchina fotografica era ancora poco utilizzata.
La prima cover di Vogue era una semplice illustrazione in bianco e nero ed è del 1892, se ai giorni d’oggi la vendessero in edicola non ci cadrebbe neanche all’occhio.
Invece la prima cover fotografica era stata scattata da Edward Steichen nel 1932.
Oggi l’illustrazione non ha più solo la funzione di descrivere un abito, come accadeva in passato, ma deve trasmettere un’atmosfera, un concetto, e come in ogni opera d’arte, lasciare spazio alla nostra immaginazione.
Gli illustratori mostrano il loro modo di interpretare un abito e si fonde con l’immaginazione del designer.
Le tecniche a disposizione sono le più svariate; ad esempio quelle classiche (acquerelli, matite colorate e markers), a quelle più moderne (computer graphic), con l’ausilio di programmi come Photoshop o Illustrator.
L’illustratore di moda che vi presenterò oggi è René Gruau.
Gruau, nato come Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate a Rimini nel 1909 andó a vivere con sua madre a Milano dopo il divorzio dei suoi genitori.
Grazie a suo padre, discendente aristocratico, René e sua madre, anche lei molto interessata alla moda, andarono regolarmente assieme a trovare case di moda.
A 14 anni incominció a vendere disegni per riviste di moda per sostenere sua madre economicamente e a 20 anni si trasferì a Parigi e pubblicò illustrazioni negli Stati Uniti, in Francia e in Italia per riviste come Femina, Marie Claire , Elle e Vogue.
Grazie ai suoi disegni affascinanti diede popolarità e vita ai vestiti hout couture di designer come Pierre Balmain, Christian Dior, Balenciaga e Hubert de Givenchy.
Anche la sua firma con la G con la stella è riconoscibile per lo stile sintetico, quasi come le firme giapponesi, che spesso usava per i cartelloni pubblicitari.
Si dice che il logo sia nato casualmente, in quanto il primo diesgno che pubblicò a 14 anni per la rivista “Lidel” portava una macchiolina di inchiostro, caduta accidentalmente sulla parte inferiore del foglio e dal quale non si separò mai.
Pittori come Manet, Degas, Drian e numerosi manifesti della Belle Epoque hanno influenzato la sua tecnica e stile.
I suoi colori preferiti da usare erano il bianco, il nero e il rosso.
«I colori che amo molto sono il rosso e il nero: il rosso è un colore potente nella cartellonistica, ma mi piace per inclinazione, nel decoro».