Jeans e maglietta; o gonna e camicia. Margherita, Boscaiola… Marinara? Destra, sinistra? Mare, montagna. Latte scremato o parzialmente o intero. Scegliere o non scegliere? Questo è il dilemma.
Il palcoscenico per antonomasia di tale tragedia, è un luogo a noi più che familiare: maestoso, immenso, il supermercato. Parallelepipedi di cartone, cilindri di latta, cubi di plastica: come pedine del Domino sfilano davanti ai nostri occhi che saltano da un’etichetta all’altra. Proprio in una di tali fabbriche del consumo Sheena Iyengar (docente di Management alla Business School della Columbia University) e Mark Lepper (docente di Psicologia alla Stanford University) hanno ambientato nel 2000 un interessante esperimento.
Il test consisteva nel presentare un tavolo con 24 barattoli di marmellate diverse, alternato a un secondo con sole 6 confezioni. Come è intuitivo prevedere, la maggior parte dei clienti (il 60%) si fermava davanti al banchetto con i 24 barattoli, eppure incredibilmente solo il 3% di questi acquistò il prodotto; al contrario le vendite al tavolo dei 6 barattoli sfiorarono il 30% dei consumatori.
Come spiegare tale contraddizione? Secondo lo psicologo americano Barry Schwartz andrebbe rivisitata l’opinione condivisa che per massimizzare la libertà individuale sia necessario ampliare le possibilità di scelta. Tale teoria, nota come “Paradox of choice”, si fonda sulla convinzione che l’estensione delle opportunità non può che condurre a una vera e propria paralisi.
10 tagli diversi di una stessa giacca, 15 modelli di jeans, 20 tonalità di colore disponibili per una stessa borsa. Il nostro sguardo schizza euforico nel caleidoscopio delle opzioni, dapprima entusiasta, poi indeciso, quindi confuso spaurito stanco. Già prima di compiere l’ardita decisione, il nostro cliente tipo assapora l’amaro retrogusto del pentimento: è lì in agguato, pronto ad avvolgerlo qualora faccia la scelta sbagliata. Calza un paio di scarpe, ne indossa un altro, un altro ancora: a ogni laccio che snoda e riallaccia le aspettative crescono esponenzialmente; conscia delle opportunità l’indecisione aumenta, nebbia che rende indistinguibile un modello dall’altro. Ma anche una volta compiuta la fatidica decisione, il supplizio non si dissipa. Entra in scena il pentimento, il “Self blame”, ribadisce Schwartz.
L’esplosione delle alternative nella moderna società del consumo di massa conduce dunque più che alla libertà a una paralisi dell’insoddisfazione. Se da un lato tale teoria si riflette nelle decisioni di Marketing, dall’altro è determinante nelle scelte d’identità, in una società che offre una variopinta gamma di stereotipi e maschere da indossare. Quello della scelta resta così uno dei più profondi e misteriosi dilemmi. A frenare le decisioni, sono senza dubbio la consapevolezza e insieme il timore delle conseguenze che queste potrebbero avere (il cosiddetto “Effetto farfalla”).
«Non possiamo tornare indietro», sostiene il protagonista del film Mr Nobody, «Ecco perché è così difficile scegliere. Dobbiamo fare la scelta giusta. Finché non si sceglie, tutto resta possibile»
E questo stesso ventaglio di possibilità che ci affascina e insieme spaventa, ci avviluppa e imprigiona nel suo paradosso. E là dove pensiamo di scorgere il preludio alla libertà, non troviamo altro che “Paralysis”.
«That which you call freedom is the strongest of these chains, though its links glitter in the sun and dazzle your eyes» (The prophet- G.Gibran)