Si scopre cosa sia la dinamite sin da piccoli, guardando i cartoni animati in cui Willy Il Coyote organizza trappole esplosive per catturare la sua velocissima preda.
Si acquista presto e facilmente familiarità con il nome del suo inventore: Alfred Nobel, ispiratore del famoso premio. Egli infatti trovò il modo di stabilizzare chimicamente, rendendo la sua azione esplosiva limitata all’innesco con polvere da sparo, la nitroglicerina, creando quella che venne chiamato “gelatina esplosiva”.
Grazie a questa scoperta, brevettata nel 1864, ottenne fama e denaro: essa fu molto utile, ad esempio, nelle miniere, per aprire gallerie. Purtroppo non mancarono incidenti dovuto all’utilizzo in situazioni di scarsa sicurezza: il fratello dell’imprenditore stesso aveva perso la vita in un incidente, motivandolo a migliorare la formula.
Gli orari di chi lavorava con sostanze possibilmente tossiche non erano allora regolamentati come sono (o dovrebbero essere) oggi. Per questo ci vollero anni prima che il malessere percepito da molti operai delle fabbriche di composti di dinamite venisse effettivamente associato alle sostanze maneggiate.
I sintomi di questi uomini vennero riassunti sotto il nome di “Monday disease“, malattia del lunedì, e presi per questo in scarsa considerazione. Può capitare che, dopo il weekend, ci si senta affaticati nel ritornare a lavorare, tanto da avere anche, magari, un po’ di mal di testa. Tuttavia il fatto che nelle industrie di Nobel queste cefalee fossero tanto ricorrenti e che durassero ogni settimana solo due o tre giorni, per poi riprendere la settimana successiva, incuriosì e insospettì.
Fu forse anche grazie a questi eventi che si scoprì l’effetto della molecola nitroglicerina sul corpo umano.
Oggi esistono delle pastiglie sublinguali, con effetto quasi immediato, prescritte ai cardiopatici per prevenire conseguenze gravi di possibili sintomi di infarto.
Utilizzata in caso di dolore toracico dovuto probabilmente a mancanza di ossigeno e nutrienti a una parte del cuore (angina pectoris), questa pillola “esplosiva” va ad agire sulla larghezza dei vasi che irrorano il cuore (coronarie), dilatandole per facilitare il flusso di sangue e nutrienti. L’effetto non è tuttavia selettivo né di lunga durata: la molecola si lega a una parte di determinate proteine sprigionando il vasodilatatore ossido nitrico (NO).
Anche arterie e, soprattutto per dosaggi più graduali, vene cerebrali possono esserne bersaglio, il che spiega il mal di testa degli affetti da “Monday disease“. L’alternarsi di sparizione e ricomparsa dei sintomi funge da dimostrazione del fatto che si possa essere “tolleranti” a questo farmaco, dopo una somministrazione (o una esposizione) costante.