Il termine globalizzazione è nato solo recentemente ma si porta dietro una complessa rete di significati. Nato in ambito economico per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e aziende multinazionali, in realtà la parola globalizzazione implica un fenomeno molto più grande: si tratta di un processo di interdipendenze economiche, ma anche sociali, culturali, politiche e tecnologiche, i cui effetti positivi e negativi hanno un impatto globale, tendendo a uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero.
Gli aspetti positivi e l’ambito tecnologico
Tra questi aspetti positivi della globalizzazione ci sono sicuramente la velocità delle comunicazioni e delle informazioni, e l’opportunità di crescita economica per Paesi a lungo rimasti ai margini dell’economia, nonché la contrazione della distanza spazio-temporale e la riduzione dei costi per l’utente finale grazie all’incremento della concorrenza.
A noi però gli aspetti economici del fenomeno al momento non interessano, perché ci concentreremo sull’ambito tecnologico. Infatti, quello della globalizzazione, è un processo che negli ultimi trent’anni ha avuto una forte accelerazione in concomitanza con la terza rivoluzione industriale. E l’avvento di Internet fa da padrone.
È nella nostra vita tutti i giorni, è la nostra manna dal cielo. Possiamo leggere le notizie che arrivano da ogni parte del mondo, comunichiamo con persone che vivono in zone con altri fusi orari e possiamo comprare ormai qualsiasi cosa che proviene da ogni parte del globo e molto altro.
I pericoli dell’internet e gli hacker
Ma Internet, fin dalla sua creazione ha in sé dei problemi: l’assenza di una regolamentazione, che per alcuni è un esempio di libertà di espressione e democrazia globale dei tempi moderni e per questo da tutelare, o la sicurezza. Molte sono infatti le tipologie di attacco attuabili a mezzo della rete stessa da parte di pirati informatici.
Sono i così detti hacker. Nel contesto della sicurezza del computer, e ormai di smartphone e tablet, un hacker è qualcuno che cerca e sfrutta le debolezze in un sistema informatico o rete di un computer. Sono motivati da una moltitudine di ragioni diverse, come il profitto, la protesta, la sfida o il divertimento. E come i loro motivi sono diversi, così cambiano anche i nomi secondo cui vengono identificati. Ci sono i white hat hacker, i black hat, i grey hat, gli élite hacker, gli script kiddie, i neophyte, i blue hat, gli hacktivist, ma anche agenzie di intelligence degli Stati nazionali e bande criminali organizzate dove gruppi di hacker svolgono attività criminali a scopo di lucro.
I black hat
Tra questi, i black hat sono quegli hacker che “violano la sicurezza del computer per poche ragioni oltre la malizia o il guadagno personale” (Moore, 2005). Sono lo stereotipo con il quale la cultura popolare spesso ritrae i gruppi di hacker illegali, e sono “l’epitome di tutto ciò che l’opinione pubblica teme in un criminale informatico“.
I black hat irrompono in reti sicure per distruggere, modificare o rubare dati, o per rendere la rete inutilizzabile per coloro che sono invece autorizzati. Sono anche denominati “cracker” all’interno del settore della sicurezza e dai programmatori moderni. I cracker tengono la consapevolezza della vulnerabilità del sistema per se stessi e non informano, il pubblico in generale o il produttore, delle patch da applicare.
La libertà individuale e l’accessibilità, per loro, sono più importanti di privacy e sicurezza. Una volta che hanno ottenuto il controllo su un sistema, possono applicarvi patch o fix solo per mantenere in carica il loro controllo.
“Blackhat”: il film
Ma, parlando di stereotipi e cultura popolare, “Blackhat” è anche un film di azione appena uscito nelle sale (il 12 marzo). È un thriller co-scritto, co-prodotto e diretto da Michael Mann che torna alla macchina da presa dopo anni di assenza. Il suo ultimo film infatti era stato Public Enemies del 2009. Il film è interpretato da star quali: Chris Hemsworth, Tang Wei, Viola Davis, Holt McCallany e Wang Leehom.
Il film inizia in una centrale nucleare in Chai Wan, Hong Kong, dove un hacker fa sì che le pompe di raffreddamento si surriscaldino ed esplodano. Non molto tempo dopo a Chicago, il Mercantile Exchange (CME) viene violato, causando la salita dei futures di soia. Il governo cinese e l’FBI determinano che l’hack è stato causato da uno strumento di accesso remoto (RAT).
Un ufficiale militare dell’unità di guerra informatica della Cina, il capitano Chen Dawai, riceve il compito di trovare i responsabili degli attacchi, e arruola sua sorella Lien per aiutarlo. Ma quando incontra l’agente Carol Barrett del FBI di Los Angeles, scopre che il codice è stato scritto da lui e Nicholas Hathaway (Chris Hemsworth), suo compagno di stanza del college. Dawai chiede allora di far rilasciare Hathaway dal carcere, dove sta scontando una condanna per reati informatici. E così accade, ad Hathaway viene offerto un rilascio temporaneo in cambio dei suoi servizi. Il team così formato si mette sulle tracce del terrorista informatico passando per Chicago, Los Angeles, Hong Kong e Jakarta.
Altri film sul mondo dell’Internet
Insomma, “Blackhat” segue quella scia che sia nel mondo del cinema sia della televisione è sempre più interessata all’Internet e alla sua sicurezza. Basti pensare al film “The Fifth Estate” (2013) che racconta le vicende di Julian Assange e WikiLeaks, o il documentario “The Internet’s Own Boy”(2014) che segue la storia del programmatore prodigio e hacktivista Aaron Swartz. O ancora “Revolution OS”, un documentario del 2001 che racconta la storia del sistema operativo Linux e di come ha trasmesso la filosofia dell’open source e della proprietà intellettuale libera.
https://www.youtube.com/watch?v=AxMpw1acm3g
“CSI: Cyber”
L’interesse sull’argomento è talmente alto che la serie campioni di incassi negli Stati Uniti, “CSI”, ha aperto una nuova unità. Si tratta della nuovissima serie “CSI: Cyber”. Il primo episodio, infatti, è andato in onda sulla rete CBS solamente poche settimane fa, il 4 di marzo.
I protagonisti sono il team di investigatori della FBI che lavora per risolvere i casi che coinvolgono la rete oscura e il deep web. A capo c’è l’agente speciale Avery Ryan, interpretata da Patricia Arquette, recentemente al cinema in Boyhood, per cui ha vinto l’oscar come migliore attrice non protagonista. Della squadra fa parte anche l’agente speciale Elia Mundo, interpretato da James Van Der Beek (che sarà sempre ricordato per essere stato Dawson nella serie “Dawson’s Creek”); Brody Nelson (Shad Moss), agente speciale dell’FBI ed ex hacker che sta cercando di tenere le mani fuori dal deep web; Daniel Krumitz (Charley Koontz) è un agente speciale dell’FBI che Avery sostiene essere il migliore white hat hacker nel mondo; Raven Ramirez (Hayley Kiyoko) un’analista dell’FBI specializzata in indagini di social media e di relazioni internazionali. Infine c’è Simon Sifter (il grande Peter MacNicol), ovvero l’assistente vice direttore dell’FBI e il diretto superiore di Avery.
Insomma, in attesa che questa nuova serie arrivi anche in Italia, non vi resta che andare al cinema a vedere Blackhat.