Giovani

Il futuro per i giovani non ha Comune? – Intervista ad Alessandro Capelli I

di Victor Attilio Campagna

Sono passati ormai 4 anni dall’elezione di Pisapia, per cui è tempo di tirare le fila. Sembra però difficile cominciare un discorso sull’azione politica del Comune di Milano. Forse perché bisogna seguire organi d’informazione “provinciali” per carpire qualche notizia al riguardo, come il Tgr o le pagine locali di quotidiani quali Repubblica o Corriere. E anche lì le notizie sono poche e spesso mal approfondite. Per questo Lo Sbuffo ha deciso di avviare un ciclo di interviste ai protagonisti del Comune, così da fare un po’ di chiarezza su tre temi: i giovani, la cultura e l’informazione

Quest’intervista, che ho dovuto dividere in due parti per ragioni di spazio, è dedicata ai giovani e l’intervistato non poteva essere che Alessandro Capelli, delegato alle politiche giovanili del Comune di Milano. Il tema dei giovani come fenomeno sociale è fondamentale per la nostra città. Basti pensare che l’Università degli Studi di Milano ospita ben 70.000 studenti, una piccola città nella città. Per questo è importante capire non solo che cosa si è fatto, ma anche che cosa si intende fare per questo grosso nucleo, che costituisce per molto più di quel che si pensi la vitalità di Milano, sotto ogni punto di vista.

Partiamo dalle definizioni: che cosa fa il delegato alle politiche giovanili?

La mia figura prima non c’era, per cui non è una figura standardizzata: si è adattata al contesto. Il ragionamento alla base della sua creazione è che il tema dei giovani è trasversale, perché riguarda una fascia d’età che va dai 13 ai 35 anni, per cui ci sono dentro figure molto diverse, con problematiche molto disparate, così, per prendersene carico, il sindaco si è riservato di creare la figura del delegato alle politiche giovanili. Questa figura, però, è entrata effettivamente in funzione in un secondo momento, a marzo 2013, quando il sindaco ha deciso di darmi questa delega.
Il mio compito consta di tre funzioni: la prima consiste nell’occuparmi di tenere le relazioni su alcuni temi riguardanti i giovani e fare da referente al sindaco; la seconda riguarda la trasversalità: tutti gli assessorati fanno politiche giovanili, per cui il mio ruolo è quello di relazionarmi con i diversi assessori per creare organicità, cosa che a volte non funziona, purtroppo; da ultimo la delega al Settore Giovani, un settore amministrativo che fa riferimento a me e su cui ho un potere decisionale diretto. Accanto a quest’ultimo c’è lo spazio La Fabbrica del Vapore.

Finora che cosa ha fatto il Comune di Milano per i giovani?

Abbiamo prima di tutto pensato a delle parole chiave per definire la realtà giovanile e le sue problematiche.
La prima parola è crisi. Dobbiamo essere sempre consapevoli che ci muoviamo in un contesto di crisi, che attanaglia la vita delle famiglie e quindi anche dei giovani. È vero che a Milano la crisi colpisce poco le famiglie economicamente più solide, però questo è deleterio sulla costruzione di percorsi di autonomia per i giovani. D’altra parte la crisi produce ristrettezze anche in ambito pubblico, per cui è difficile elaborare politiche pubbliche, dato che mancano fondi. Dunque il nostro compito è anche reperirli. Il Comune, infatti, partecipa ai Bandi della Regione, di Fondazioni private, dell’Unione Europea. D’altra parte, muoversi nel contesto della precarietà significa che tutte le attività rivolte ai giovani devono essere anche e soprattutto opportunità per costruire un percorso: non devono essere politiche residuali.

Altro punto focale è che le politiche per i giovani devono essere fatte con i giovani: la partecipazione dev’essere costitutiva in ogni azione che li riguarda. Ad esempio la ristrutturazione dello spazio Informagiovani è stata fatta con l’aiuto di tanti ragazzi che hanno partecipato con le loro idee, posizioni, ragionamenti, per ricostruire non solo lo spazio, ma anche il suo senso.

Terza parola è innovazione. C’è bisogno di politiche non solo per l’innovazione sociale, ossia delle modalità di fare amministrazione pubblica, creare reddito, economia. Siamo stati capaci di cogliere queste voci del cambiamento, compresa la capacità di innovare i luoghi pubblici e il loro uso.

Quarta parola è, appunto, spazio pubblico. Costruire uno spazio pubblico partecipato è necessario per Milano e per i giovani: spazio pubblico abitato da energie. Questo produce economia.

Ultimo ambito in cui ci siamo mossi è quello della precarietà: un pezzo crescente di Milano, soprattutto tra i giovani, è precario. Questo implica esigenze particolari. Bisogna considerare inoltre che le modalità di crescita di un giovane non sono più lineari. Questo può diventare virtù se il pubblico, l’amministrazione e le annesse politiche di welfare sono capaci di leggere questa condizione, riconoscendo soprattutto che i giovani non sono solo una condizione anagrafica, ma soprattutto sociale.
Dentro questo scenario abbiamo fatto tre operazioni di sistema e un Piano Giovani.

Che cosa intendi per operazioni di sistema?

Per prima cosa abbiamo costruito un piano di governance delle politiche giovanili col MI Generation, cui è seguito il MI Generation Camp. Un piano sviluppato tra 2013 e 2014, con un valore complessivo di 1 milione di Euro. Stiamo parlando quindi di un ragionamento organico sulla città. Hanno co-finanziato il piano sia la Regione che il Comune di Milano, insieme a 31 partners e alle 4 Università. Con questa rete abbiamo aperto una vertenza nei confronti della città e dell’amministrazione, facendo incontrare il sindaco non solo con i giovani tout court, ma anche con le loro capacità e le loro idee. Ricordo che in quest’occasione uno studente universitario ha detto al sindaco che i giovani non vogliono essere quelli che elencano i problemi, ma quelli che danno le risposte. Qui sta un pezzo fondamentale da mettere in campo per le politiche giovanili: i giovani oggi hanno capacità di risposta e sono una risorsa per il cambiamento.

Quindi nelle 9 zone della città abbiamo messo in campo vari progetti che vanno dai laboratori teatrali al sostegno alle web radio, fino a progetti di coesione sociale e internazionalizzazione. Tutto per valorizzare tutti i soggetti che hanno sì vinto un bando, ma che già da prima esistevano: il comune li ha così riconosciuti e valorizzati. Per favorire la sinergia di tutti questi soggetti abbiamo creato il sito www.migeneration.it. A fianco a tutto questo abbiamo costruito un’altra rete, un progetto finanziato da Fondazione Cariplo, chiamato Mix, in collaborazione col Settore Decentramento: l’abbiamo realizzato insieme ai 23 centri di aggregazione giovanile milanese, centri che si rivolgono prevalentemente agli adolescenti.

Si è costruita una rete e un piano di circa 100 iniziative gratuite rivolte ad adolescenti, tra i 13 e i 18 anni, di varia natura, raggiungendo alcune migliaia di ragazzi, con l’idea di valorizzare la partecipazione e il protagonismo giovanile. La sfida è stata soprattutto sulla qualità. Infatti, si riesce a coinvolgere anche i ragazzi a rischio esclusione solo se alla base del progetto c’è una certa qualità.

Ultimo progetto è la ristrutturazione dello spazio Informagiovani, che deve diventare punto nevralgico delle politiche giovanili. Sono stati ripensati i servizi offerti, rispetto alla casa, alla ricerca di lavoro, inserendo nuovi servizi come la ciclofficina e il servizio Erasmus. Abbiamo elaborato questa ristrutturazione con 750 ragazzi, che hanno partecipato attivamente.

Tutte queste sono tematiche poco giornalistiche, ma è sempre fondamentale dirlo, perché le cose vanno affrontate nella loro complessità e profondità. Non ci si deve fermare all’evento: l’iniziativa ha un suo perché, ma solo se inserita in un senso.

Quando scadrà il mio mandato voglio che rimanga al mio successore un seminato di una certa importanza. Ti faccio un esempio: per il settantesimo anniversario della Giornata della Memoria, abbiamo portato alcuni ragazzi dei centri di aggregazione giovanili che ti ho citato ad Auschwitz, avviando parallelamente un percorso di formazione sul tema presso l’Informagiovani. Ecco, solo così possiamo pensare di costruire relazioni che permettono di mettere al centro l’Amministrazione Comunale, che diventa davvero capace di intervenire.

Continua con la seconda parte

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