Sambre di Sabina de Silva
Quando si parla di letteratura raramente viene in mente di parlare anche di fumetti, eppure anche le graphic novels hanno una loro dignità letteraria. Fino a qualche anno fa ero tra quelli che dicevano: “No, i fumetti no! Che schifo, sono roba da bambini”, poi un giorno un amico mi ha consigliato un volume, una certa bande desinée francese, e un po’ per sfida un po’ per leggerlo e per poter dire: “No, che schifo, è una roba da bambini” l’ho comprato. Inutile dire che me ne sono innamorata e, se volete, propongo questa sfida anche a voi.
Sambre
Sambre nasce nel 1985 da un’idea di Yann le Pelletier e Bernard Hislaire, meglio conosciuti con gli pseudonimi di Balac ed Yslaire, un’opera divisa in tre volumi, ognuno contenente quattro capitoli, che ruota attorno alle vicende dei Sambre, famiglia di nobili decaduti a cavallo dell’800; e in particolar modo del figlio, Bernard.
La narrazione si apre con il funerale del capofamiglia, scrittore visionario morto in circostanze misteriose. Di una dinastia maledetta, intrisa di follie e tradimenti restano ormai solo la madre, vedova all’apparenza poco afflitta dalla perdita, la sorella Sarah, che molto presto inizia a mostrare gli stessi segni di squilibrio del padre divenendo anche lei ossessionata dallo scritto incompiuto del padre, “La Guerra Degli Occhi”, che parla di misteriosi individui dagli occhi rossi, e Bernard. Proprio quel giorno Bernard viene avvicinato da Julie, giovane e bellissima vagabonda che ha un particolare che colpisce subito chiunque la guardi: ha gli occhi rossi.
È così che Bernard, nello stesso momento in cui conosce la morte, conosce anche l’amore. E sono proprio Amore e Morte che fanno da cornice all’intero romanzo, sullo sfondo dei moti parigini del ’48.
La vicenda si snoda attorno alla storia d’amore dei due giovani, sulla misteriosa maledizione che incombe sui Sambre e sui conturbanti occhi di Julie, che suscitano tanta inquietudine quanta attrazione.
Ma non aspettatevi una storia d’amore canonica e a lieto fine, difatti, come afferma lo stesso Yslaire:
Voglio una storia d’amore. È la mia ossessione, una storia d’amore che finisce male… Ho voglia di affogare in una tragedia che sarà ambientata in un quadro storico per riportarmi a quella letteratura del XIX secolo, che da bambino avevo scoperto nella biblioteca di mio padre […] I libri mi hanno fatto piangere più spesso dei film o delle pièces teatrali. Volevo realizzare un fumetto che provocasse lo stesso effetto.
Sangue e Ombra
D’altronde il titolo è abbastanza emblematico: Sambre, difatti, è il risultato dell’unione tra le parole “sang” e “sombre”, Sangue e Ombra.
Ma veniamo ora alle valutazioni tecniche. C’è una cosa che adoro di Sambre: è disegnato interamente a mano, caratteristica che purtroppo ormai è sempre più difficile da trovare. L’autore è attento ad ogni minimo particolare e alcune scene sono dei veri e propri quadri che giocano con effetti chiaroscurali. Inoltre, è interamente in bianco e nero, se non per i particolari in rosso che svettano in ogni pagina: il rosso vivo dei capelli di Bernard, degli occhi di Julie, delle bandiere calpestate, del sangue.
Colpevole la traduzione italiana, i dialoghi si presentano alquanto scialbi, privi dello spessore, della profondità e anche della delicatezza dell’originale francese.
Anche l’ultima riedizione ha lasciato un po’ perplessi, dal momento che sono stai accorpati in un unico volume i primi quattro capitoli, creando sicuramente continuità, ma tradendo l’idea originale di una storia “a puntate”, che è ciò che rendeva Sambre un ciclo narrativo, più che una storia a sé stante.
Stonature a parte, la bellezza del racconto non viene persa e se credete ancora che leggendo un fumetto non si possa sospirare, non ci si possa emozionare e piangere per le sorti dei personaggi, beh, chiudete pure questa recensione e andate a comprare il libro.
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