L’omosessualità nel V secolo e oggi

Aveva vent’anni e una vita ancora tutta da costruire. Eppure, qualcuno si è sentito legittimato a troncarla senza indugio. Questa è la terribile storia di Maria Paola, uccisa nei pressi di Napoli lo scorso 12 settembre dal fratello Michele a causa della relazione con un ragazzo transgender. Benvenuti nell’Italia del XXI secolo. Un’Italia brutale, arretrata, omofoba.

Assurdo che dopo millenni di evoluzione, l’umanità sembri retrocedere piuttosto che progredire. Ed è veramente così, considerando che spesso, nei primi secoli della civiltà, l’uomo si è rivelato molto più raziocinante rispetto a quanto dimostri oggi. E forse faremmo meglio a prendere spunto proprio da ciò che è esistito prima di noi. Non è questo, in fondo, lo scopo della storia? Conoscere ciò che è stato, per costruire al meglio ciò che sarà, per evitare di commettere gli stessi errori.

L’OMOSESSUALITA’ AI TEMPI DEL V SECOLO A.C.

Atene a processo, uno scorrevolissimo manuale di diritto greco scritto da Laura Pepe ed edito da Zanichelli, espone in maniera chiara ed esaustiva quello che era il pensiero giuridico nella Grecia dell’Età Classica. Parte integrante del tessuto civico e sociale della polis erano le leggi, che regolavano ogni ambito della vita di ciascun individuo; persino quello sessuale.

Per gli Ateniesi era normale avere rapporti di tipo omoerotico, a patto che si rispettassero precise regole.

Ebbene sì, nel V secolo era normale legarsi sentimentalmente (e sessualmente) a individui dello stesso sesso. Ai tempi di Socrate, di Platone e dei più grandi pensatori della storia, gli appellativi infamanti non esistevano. Questo ovviamente non significa che, per le “diversità” presenti nella polis, vivere una vita serena e senza ostacoli fosse un gioco da ragazzi, anzi. Il sessismo, ad esempio, era all’ordine del giorno. Ciononostante, per quanto riguarda la tolleranza sessuale, l’uomo contemporaneo avrebbe tanto da imparare dai Greci.

Nelle poleis la discriminazione non avveniva tra eterosessualità ed omosessualità, bensì tra attività e passività.

Era addirittura opportuno per un giovane ancora imberbe essere oggetto delle attenzioni di un adulto che, nella veste attiva di “amante”, lo avrebbe educato attraverso un rapporto di tipo sentimentale e sessuale, per consentirgli di divenire buon cittadino. Il giovane, tuttavia, doveva deporre la propria passività una volta divenuto adulto, momento in cui era opportuno che assumesse a sua volta un ruolo attivo. Non vi era nulla di scandaloso, dunque, in un rapporto tra due uomini.

E’ indubbio che, al giorno d’oggi, una situazione simile rientrerebbe senz’altro nel reato di abuso minorile. Approfittarsi di ragazzi giovanissimi – che ad Atene avevano tra i 12 e i 17 anni – è per noi un atto abominevole, perseguito penalmente in tribunale. Ma per poter comprendere le ideologie dell’antica Grecia, è necessario distaccarsi completamente dalla mentalità contemporanea, ricordando che si tratta di un’epoca molto distante dalla nostra, con i propri costumi e le proprie credenze. Per gli Ateniesi non si trattava di stupro, ma di un passaggio fondamentale della vita attraverso il quale si diveniva un “buon cittadino”. E che queste relazioni avvenissero tra due uomini non destava alcuno scalpore. Al tempo era assolutamente normale provare attrazione verso chiunque destasse loro interesse, uomo o donna che fosse.

E’ evidente, dunque, che i Greci – prendendo tutte le debite distanze da molte delle loro usanze, ormai fortunatamente superate – godessero di un’apertura mentale da far invidia all’uomo moderno. Eppure, quest’ultimo nel corso della storia si è trasformato in una dispensa di odio e intolleranza, che troppo spesso oggi sfocia in tragici episodi simili a quello accennato in apertura. Ma come è possibile che nel 2020 ancora non esistano leggi che tutelano la comunità LGBT? Che salvaguardino, insomma, l’amore in tutte le sue forme?

LA SITUAZIONE IN ITALIA E NEL MONDO

L’omofobia, intesa come istigazione all’odio e alla violenza, è esplicitamente sanzionata come reato in diversi Paesi del mondo, tra cui Norvegia, Svezia, Francia, Islanda, Paesi Bassi e Danimarca. La Norvegia, in particolare, è stato il primo paese al mondo a includere nel 1981 la comunità LGBT in una legge anti-discriminatoria, ampliando l’articolo 349 del Codice Penale.

E in Italia, invece? Le discriminazioni di tipo sociale, e quindi anche relative all’identità sessuale, sarebbero vietate dall’articolo 3 della Costituzione, che pone ciascun cittadino sul medesimo piano di dignità ed equità, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali“. E’ evidente, tuttavia, che i suoi confini siano poco definiti e fin troppo generali per inglobare in modo netto e senza ambiguità anche le discriminazioni di tipo eminentemente sessuale.

Proprio al fine di arginare il più possibile ogni forma di intolleranza, nel 1993 fa il suo ingresso in Italia la legge Mancino: “discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” sono perseguibili penalmente sino a quattro anni di reclusione. Ancora una volta, però, il decreto sembra escludere l’orientamento sessuale, evitando di menzionarlo esplicitamente.

Per avere dei risvolti realmente concreti, in effetti, si dovrà attendere quasi trent’anni. Lo scorso agosto 2020, infatti, è approdata alla Camera per la discussione la proposta di legge Zan, contro l’omotransfobia e la misoginia. Il provvedimento punta a modificare la già esistente legge Mancino, estendendo alle discriminazioni razziali, etniche e religiose, anche quelle fondate “sul genere e sull’orientamento sessuale“. Inoltre il provvedimento, se approvato, istituirebbe in Italia anche la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, stabilita convenzionalmente il 17 maggio.

Insomma, qualche piccolo passo verso il progresso lo si sta compiendo, è vero. Eppure, accendendo la TV e sintonizzandosi su un qualsiasi telegiornale, episodi di violenza di genere sono ancora all’ordine del giorno. E’ inutile camminare un metro in avanti, se puntualmente, poi, se ne percorrono quattro indietro. Forse, questi passi indietro dovrebbero trasformarsi in salti. In salti nel passato. Per prendere le debite distanze da usi e costumi obsoleti e arcaici, sì, ma anche per preservare ciò che di buono è esistito prima di noi.

 

FONTI

Laura Pepe, Atene a processo, Zanichelli, 2019.

Elena Tebano, Uccisa dal fratello perchè amava un trans, Corriere della sera, numero del 14/09/20.

Repubblica.it

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