Maria Paola e Willy: discriminazione e violenza Made in Italy

In questi giorni, l’opinione pubblica è stata scossa da alcuni eventi violenti che hanno portato alla morte di due giovani vite. Gli italiani in realtà sono ben abituati alla cronaca nera, che costituisce il genere prediletto della maggior parte dell’informazione, specialmente quella televisiva. È in un certo senso una forma di informazione vigliacca che la maggior parte delle volte non serve a rendere le persone più coscienti di qualcosa. Lo scopo è invece quello di evocare una sensazione di insicurezza nello spettatore e di far leva su sentimenti banali come compassione e odio. Banali perché non fanno riflettere ma si limitano a far sentire bene lo spettatore che parteggia per la vittima (compassione) e condanna il presunto colpevole (odio).

A volte, però, capita che cronaca nera e informazione vera si incrocino, come è successo negli ultimi giorni. Si tratta di due eventi: la morte di Maria Paola Gaglione e di Willy Monteiro. Entrambi gli eventi hanno avuto grande risonanza mediatica e un’analisi attenta, anche se non sempre puntuale, dei media (TV, giornali e social). Queste due vicende hanno portato alla luce delle problematiche della società italiana che si tende a minimizzare finché non hanno conseguenze mortali. Parliamo di discriminazione, abbandono, povertà economica ma anche valoriale: un mondo di grande sofferenza.

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Come sempre, il rischio di cadere nella strumentalizzazione è alto e le varie reazioni di destra, sinistra, giornali e opinione pubblica lo hanno dimostrato. Povero ragazzo nero ucciso dal razzismo sistemico, anzi no, il razzismo non c’entra niente. Povera Maria Paola uccisa per la sua convivenza con una persona trans, anzi no, Maria Paola è stata vittima della violenza contro gli omosessuali o forse è solo che la famiglia la rivoleva a casa. Maledetti fratelli Bianchi, fascisti e patriarcali, anzi no, li chiamiamo così perché fa comodo alla sinistra.

Gli eventi in breve

Conviene quindi dare una breve panoramica degli eventi in questione. Willy Monteiro Duarte muore la notte del 6 settembre in seguito a un pestaggio da parte di un numero incerto di persone, probabilmente cinque. Le varie interviste ai testimoni oculari hanno confermato che Willy era intervenuto in aiuto di un suo ex compagno delle superiori, Federico Zurma. Proprio quest’ultimo insieme ad un altro amico erano intervenuti per “difendere” un’amica oggetto di commenti sgraditi.

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Sono proprio gli autori dei commenti che chiamano in aiuto i fratelli Bianchi. Pur impegnati in un rapporto sessuale con delle ragazze nei pressi di un cimitero, rispondono alla chiamata. Gli eventi che seguono il loro arrivo sono incerti e l’unica telecamera presente è inservibile. Ciò che è sicuro è che gli inquirenti indagano ora per omicidio volontario. Al momento quindi non c’è nessun colpevole ufficiale, anche se le prove sui fratelli Bianchi sembrano schiaccianti.

La vicenda di Maria Paola invece è purtroppo ancora più chiara di quella di Willy. Mentre si trovava sullo scooter con Ciro, il suo ragazzo, è stata speronata dalla moto del fratello. A causa dei colpi, Maria Paola è stata sbalzata dal veicolo, cadendo e sbattendo la testa su un tubo. Mentre Maria Paola è morta sul colpo, Ciro invece ha riportato delle contusioni, anche a causa del pestaggio per mano di Michele. Infatti, invece di controllare le condizioni della sorella, Michele ha scelto di infierire su Ciro.

C’è la Meloni, un prete e il Corriere

Non è l’inizio di una barzelletta ma poco ci manca. Come detto in precedenza, ognuno si è sentito in dovere di dire la sua, spesso senza riflettere troppo. È nato così il glorioso tweet del «Corsera» in cui Gabriele Bianchi è stato definito “un giovanotto sveglio e concreto”. L’uscita improvvida del quotidiano di Via Solferino è legata ad un vecchio servizio del TG3. In quell’occasione, il presunto killer, era stato intervistato perché era riuscito a reinventarsi come fruttivendolo, nonostante i precedenti penali. Il tweet, ben presto cancellato, è stato ovviamente notato da molti utenti e condiviso molte volte.

Anche il caso di Maria Paola non è stato esente da interventi non richiesti. In primo luogo, quello del parroco di Caivano che, da buon prete, è stato subito pronto a concedersi per un’intervista ai TG e giornali. Secondo lui, la famiglia è ora in un mare di lacrime (incredibile!) e quello che non accettavano era solo che la figlia se ne fosse andata via così, all’avventura. Forse il parroco, prima di parlare, avrebbe fatto meglio a chiedersi per quale motivo la giovane avesse deciso di andarsene da Caivano. O forse lo sapeva bene, come dimostra questa sua frase: “senza ombra di dubbio, i genitori (e anche il fratello N.d.R.) non erano preparati a questo tipo di relazione, ma pian piano si stavano abituando all’idea”. Poveri genitori e povero fratello, quale sforzo immenso gli costava accettare il fatto che Maria Paola amasse un altro essere umano.

Tanta la violenza che si cela dietro questa inaccettabile morte: da quella contro gli omosessuali a quella sulle donne”. 

Da Giorgia Meloni (io sono Giorgia, donna, cristiana) nessuno si sarebbe aspettato nulla, se non condoglianze di circostanza. La leader di FdI ha deciso invece di intervenire con un post su Instagram, toppando clamorosamente (non diversamente da molti autorevoli quotidiani). In questo post ha chiesto che sia messa fine alla violenza contro le donne e gli omosessuali. Belle parole, se non fosse che Ciro è transessuale e la destra si oppone al DdL Zan contro l’omotransfobia di cui lo Sbuffo ha già parlato qui.

Viene dunque spontaneo chiedersi cosa abbia spinto la Meloni ad esporsi, per di più in maniera scorretta. Le opzioni potrebbero essere tre: un errore, l’ignoranza o un atto deliberato. Considerando le spese fatte dalla politica per la propaganda, l’errore sembra improbabile. Resta quindi da scegliere tra ignoranza o atto deliberato. La prima opzione non sarebbe certo sorprendente, visti i rapporti della destra con tutto il mondo queer, la seconda invece, oltre che non soprendente, sarebbe anche meschina. Se si trattasse di una scelta accurata, significherebbe infatti un rifiuto implicito della transessualità di Ciro. Considerando poi il disprezzo della destra nostrana per gli omosessuali, perché rendere Maria Paola lesbica quando non lo è?

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Se è stato pensato come coming out della Meloni a favore della comunità Lgbt+ (o qualunque altra sigla a scelta), qualcuno farebbe meglio ad avvisarla che ha fallito miseramente. Lo scenario di una destra “gay-friendly” (sarà contenta la CEI) è ben lontano e le parole della Meloni lo allontanano ancora di più.

Si era pensato di citare solo questi esempi, ma una quarta testimonianza impagabile è stata resa ieri ai funerali della giovane Maria Paola. Si tratta delle frasi rilasciate da Bruno Mazza che a diciotto anni si occupava dello spaccio nella zona di Caivano per conto della Camorra, allontanandosene poi per dare vita ad un’associazione di volontariato. Egli ha affermato che l’orientamento sessuale non centra, la reazione del fratello è stata causata infatti, a suo parere, dal vedere una sorella sbandata accanto a una persona con problemi con la giustizia. Sempre lo stesso Mazza aggiunge, a giustificazione dei Gaglione, che avevano pure ospitato uno zio omosessuale, come se questo cambiasse qualcosa. In fondo però, quale modo migliore di raddrizzare una sorella sbandata se non speronare una moto in movimento, provocandone la morte. Pare che nessuno si ricordi inoltre del pestaggio subito da Ciro, ancor prima di sapere in che condizioni versasse la sorella.

Razzismo, mafia, patriarcato, transfobia e fascismo non sono sinonimi!

In seguito a questi due eventi, sono fioccate da ogni parte definizioni per i comportamenti degli aggressori. C’è chi accusa i fratelli Bianchi di fascismo, chi di razzismo e chi ancora di mentalità mafiosa. Il fratello di Maria Paola è stato invece definito prodotto di una concezione patriarcale, transfobico e probabilmente anche un po’ mafioso.

Per quanto riguarda i fratelli Bianchi, forse conviene affidarsi alle parole di uno che la mafia la conosce bene. Si tratta del Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che si trova ora impegnato in una delle più grandi indagini sulla mafia: il processo “Rinascita-Scott”. Egli ha infatti rifiutato l’etichetta di fascisti, preferendo descrivere il loro comportamento come “mafioso” ovvero legato al controllo del territorio.

Pare invece che in questo caso il razzismo, anche se non si può ancora escludere con certezza, non sia tra le cause dirette del pestaggio. È evidente però quello interiorizzato dalla stampa italiana, di destra come di “sinistra”. Stupisce infatti la continua necessità di ricordare quanto bene si fosse integrato Willy nella nostra società, quasi come se dovessero giustificare il rammarico per la morte di un giovane di colore. Senza parole invece Salvini che questa volta non ha potuto evidenziare la nazionalità straniera o la condizione di immigrato clandestino dell’aggressore (basta guardare un suo post di Instagram su due).

https://www.instagram.com/p/CFKx58oKhcG/

Per quanto riguarda Maria Paola invece pare che la transfobia (e non l’omofobia) centri eccome, accompagnata da una mentalità, citando i fratelli Taviani, di Padre Padrone (o fratello in questo caso). A questo si è aggiunto, per rendere la situazione un poco grottesca, il negazionismo di chi non poteva/voleva ammettere che la transessualità di Ciro fosse stata la causa del drammatico evento.

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