Hope At The Bus Stop

I Hope At The Bus Stop, tra Sheffield e Padova

Il panorama musicale italiano ogni giorno si fa sempre più ricco di progetti e volti innovativi, e se non si è convinti basta vedere l’offerta che questo mercato offre. Ogni giorno debuttano nuovi artisti pronti a cambiare la musica in un modo o nell’altro, chi più chi meno. A tutto ciò contribuisce però, in maniera particolare, il mondo veneto. I promettenti Hope At The Bus Stop ne fanno parte.

Un po’ British, di nome e di sound

Finora, il contributo musicale veneto lo avevamo visto principalmente con i cactus?, i Non voglio che Clara e infine i Post Nebbia. Seppur completamente diversi a livello musicale, i Hope At The Bus Stop non si rivelano da meno.

Per capire questi quattro ragazzi, forse bisogna partire dalle loro più grandi influenze musicali: Radiohead, Arctic Monkeys, The National. Sin dal loro esordio con l’EP eponimo nel 2013, infatti, è inevitabile sentirsi trasportati nell’Inghilterra di vent’anni fa, quando il Britpop era un genere che stava sempre più prendendo piede. Un solo ascolto di The High White Mountain è sufficiente per cogliere appieno la poetica della band ai tempi: è impossibile non riconoscervi l’impronta di un timido quanto impacciato Alex Turner, ai tempi dell’uscita di Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not (2006, Domino Records).

The world’s full of secret doors which may bring you to heaven

Is it real happiness if it isn’t shared together?

And I wonder how many ways there are to hug a tree

You know, I’m starting to love the buzzing of the bees.

La svolta di It’s Not That

Col tempo, i gusti dei componenti ovviamente maturano, inizia la voglia di sperimentare e di esplorare nuovi ambienti. Resta decisamente forte l’impronta dei quattro ragazzi di Sheffield, un po’ anche nel timbro del cantante: si può percepire però un cambiamento nelle basi, come a marcare il fatto che i Hope At The Bus Stop non siano una mera copia di un gruppo già esistente. Nasce così It’s Not That.

Brano particolarmente rilevante qui è Space Time Outlaw: in un’intervista per Radio Sherwood, i ragazzi affermano che il pezzo nasce da una voglia sempre più grande di fare qualcosa di diverso, unico. Se prima le canzoni potevano essere ritenute un po’ troppo ballad, come i primi Coldplay, Space Time Outlaw dimostra che la band padovana sa, vuole e deve andare oltre i propri limiti.

I was born and raised in the wrong time and space,

Nothing else to say

The guilty one has not popped out yet,

Need a policeman

And we all need to find my cindarella,

Need some substances under the tongue.

Il vicino ritorno

Era dal 2017 che non si facevano vivi, eppure i Hope At The Bus Stop sono tornati a incantare lo scorso 11 settembre con il loro nuovo singolo A Kind of Dancing Mist. Uscito per Iohoo Records, questo brano ci ricorda decisamente di chi stiamo parlando: è malinconico ma impossibile da non ascoltare. Fa immergere l’ascoltatore in un’atmosfera misteriosa, che però sa affascinare e non poco (esattamente come un paesaggio ricoperto dalla nebbia).

Non mancano ovviamente i richiami alla musica oltremare degli anni Novanta e 2000 – con un pizzico di rock psichedelico, stile Tame Impala. Insomma, anche se padovani, i Hope At The Bus Stop sanno trasportare in luoghi e ricordi che normalmente non si penserebbe mai di esplorare. Possiamo quindi sicuramente dire che “è molto lontana Sheffield, è vicino a Padova Sheffield!”

FONTI

Materiale gentilmente offerto da Costello’s

CREDITS

Copertina gentilmente offerta da Costello’s

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