“Il postino”: una fresca pedalata attraverso la poesia

Sono trascorsi ventisei anni dal quel memorabile ventidue settembre del 1994, quando nelle sale italiane viene proiettato per la prima volta “Il postino” di Massimo Troisi. La pellicola, che in breve tempo diventerà uno dei grandi classici del cinema italiano, trae ispirazione da un romanzo dello scrittore cileno Antonio Skàrmeta pubblicato nel 1986, Il postino di Neruda. Tra romanzo e film, tuttavia, sussistono differenze non trascurabili, che allontanano considerevolmente le due opere man mano che le trame districano i rispettivi nodi. La presenza di un attore del calibro di Massimo Troisi, inoltre, ha reso possibile quel fenomeno che solitamente accade di rado: la netta superiorità della pellicola rispetto al romanzo al quale è ispirata.

Nell’estate del 1952 il poeta Pablo Neruda è costretto a stabilirsi su un’isola del Golfo di Napoli, per sfuggire all’arresto intimatogli dal governo cileno a causa delle sue convinzioni profondamente comuniste. Guardato dai residenti dell’isoletta con un misto di sospetto, diffidenza e ammirazione, presto Neruda stringe una sincera e insolita amicizia con l’ingenuo Mario Ruoppolo. Si tratta del postino incaricato di consegnare al poeta la consistente corrispondenza che quotidianamente riceve. Da questo momento le vicende di Mario avranno, quale personale consulente, proprio Pablo Neruda, che parteciperà divertito alle vicissitudini amorose dell’amico postino.

L’intensità del legame che presto si instaura tra i due permetterà a Mario di incontrare l’amore, conoscere l’impegno politico ed essere investito da quella prorompente forza magnetica che è la poesia.

Mario: “Pure a me piacerebbe fare il poeta […] Sarebbe veramente bello, potrei dire tutto quello che voglio.”

Pablo Neruda: “Ma anche se non sei poeta puoi dire tutto quello che vuoi.”

Mario: “Vabbè ma non bene come lei.”

Pablo Neruda: “Molto meglio dire male qualcosa di cui si è convinti, che essere poeta e dire bene quello che vogliono farci dire gli altri.”

Amazon.it: Il postino di Neruda - Skármeta, Antonio, Donati, A. - LibriAndando oltre un mero giudizio soggettivo, Il Postino rappresenta prima di tutto un prezioso scrigno di poesia. Poesia semplice, sincera, schietta: il romanzo, ma ancora di più il film, sono un’avventura alla scoperta delle parole, del loro valore e della loro forza.

Il Postino, infatti, analizza quelli che erano gli stereotipi e i pregiudizi dell’attività poetica negli anni Cinquanta, prendendo come “campione” quella parte di popolo umile e frugale che in quel periodo abitava le coste delle splendide isole di Salina e Procida. Uno scorcio di vita quotidiana sulle abitudini di gente genuina, ingenua e un po’ ignorante che – per citare la pellicola – “mai aveva usato la lingua se non per incollare francobolli”. E invece l’improvviso avvento della poesia travolge con tutta la sua impetuosità la vita di alcuni di loro, sconvolgendone inaspettatamente il modo di pensare e vedere le cose, con conseguenze inattese.

In una realtà così umile e arretrata, in cui raro era trovare chi sapesse leggere o scrivere, quale poteva mai essere l’opinione del popolo sulla poesia? Niente di meno che una totale perdita di tempo. Una poesia non rendeva meno dura la vita di un pescatore, non poteva essere bollita sul fuoco per sfamare i figli, tantomeno essere utilizzata come denaro. Priva di utilità pratica, essa era inevitabilmente malvista soprattutto dalla fascia più anziana del popolo. Da coloro, cioè, che avevano imparato a stare al mondo e sapevano per esperienza che qualsiasi attività non portasse, al termine della giornata, soldi o pane in casa, era estremamente pericolosa. Pericolosa perché colpiva chi invece di esperienza non ne aveva. Come le giovani ragazze, ad esempio, che, ammaliate dalle dolci parole dei poeti, abboccavano subito al loro infido amo, per poi finire in futuro senza pane sotto i denti.

Di tutt’altra opinione è, ovviamente, il poeta Pablo Neruda. La sua poetica è molto più profonda di quanto il popolo, ottusamente, si ostini a credere. Con il suo improvviso arrivo, l’isola è inaspettatamente travolta da un’ondata di cultura e poesia. Prerogativa? Dare voce alle cose, a tutte le cose: tutto è poetico se osservato con occhio profondo e attento. E se uno dei ruoli della poesia è quello di trasmettere qualcosa, fondamentale diviene il tema politico. La parola è un’arma potente, che arriva anche là dove violenza e repressioni impediscono la formazione di opinioni diverse da quella vigente. Ed ecco che la poesia diventa anche uno strumento per denunciare vizi e soprusi, esternare il proprio malcontento, incoraggiare il cambiamento e promuovere il progresso.

Insomma, se Mario Ruoppolo dovesse sintetizzare ciò che nel corso della trama la poesia è divenuta per lui, utilizzerebbe probabilmente il termine interiorizzazione. La poesia, infatti, non è altro che il personale vissuto di chi ne fruisce, e in quanto tale non può e non deve limitarsi a persone, cose o situazioni univoche. La sua forza è quella di suscitare emozioni contrastanti nel cuore dei lettori, sempre differenti per ogni singolo vissuto. Una preziosissima caratteristica, questa, che discosta ed eleva la poesia dalle grinfie di coloro che credono non sia altro che carta straccia.

La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve.

La scoperta da parte di Mario di questa meravigliosa arte non determina in lui soltanto una maturazione intellettuale, ma soprattutto una presa di coscienza del proprio valore come individuo. Tutte le parole che il ragazzo non ha mai pronunciato per timore, timidezza o incompetenza, ora sgorgano fuori come fiumi impetuosi rimasti ghiacciati per troppo tempo. Finalmente comprende di possedere esattamente lo stesso diritto di parlare a voce alta che possiedono tutti gli altri, nonostante sia solo un umile postino.

Al momento della separazione con il poeta, dunque, Mario è una persona profondamente arricchita. Da una vita in bianco e nero, ad una tela di colori vivaci.

Quando siete partito, io pensavo che vi eravate portato via tutte le cose belle con voi. E invece adesso lo so, adesso ho capito che mi avete lasciato qualcosa.

 

FONTI

Il postino di Neruda, Antonio Skàrmeta, Einaudi, 2007.

Il postino. Regia di Massimo Troisi e Michael Radford, 1994.

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