Guida-Bestiario alle elezioni regionali 2020

Il Covid-19 ha avuto un impatto su ogni aspetto della vita, privata e pubblica. Tra gli effetti collaterali c’è anche quello dello spostamento delle elezioni regionali che si sarebbero dovute tenere tra maggio e giugno. Le regioni che devono recarsi alle urne sono parecchie: Marche, Toscana, Puglia, Veneto, Liguria e Campania e Valle d’Aosta. A queste bisogna aggiungere quelle del 28 gennaio in Calabria e in Emilia Romagna che invece si sono tenute regolarmente.

Le elezioni regionali, che sono state introdotte come le conosciamo a fine anni Sessanta, non hanno mai suscitato chissà quale scalpore. Tuttavia, la situazione politica contemporanea pare cambiata e, almeno dal punto di vista mediatico, le elezioni regionali fanno rumore. Il primo caso eclatante è stato quello della “rossa” Umbria caduta in mano all’amministrazione Tesei, che proprio recentemente si è fatta notare per le sue disposizioni sull’aborto. Ma anche le elezioni di gennaio (2020) hanno avuto una forte risonanza mediatica, specialmente in Emilia Romagna, anche grazie al movimento delle Sardine.

Adesso, con la ripresa della campagna elettorale permanente (in particolare di certuni), i toni stanno lentamente ritornando ad essere quelli precedenti. Una situazione di polarizzazione che, curiosamente, non esisteva nemmeno durante la Guerra Fredda, con la contrapposizione delle “due chiese” di Montaliana memoria.

Veneto e Liguria: Serenissime Repubbliche di (centro)-Destra

Lassù nel Veneto

Nel Nord la partita sembra già segnata, specialmente in Veneto. Complice il successo nel contenimento dei casi nella sua regione, Zaia sembra aver aumentato ulteriormente il consenso. In ogni caso, per Arturo Lorenzoni, vice rettore dell’università di Padova ed esponente scelto dal PD, non ci sarebbe stata alcuna possibilità anche senza pandemia. Inoltre, Italia Viva e M5S correranno da soli, frantumando il voto ulteriormente.

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Seppur commendevole nel risultato finale, la strategia del Veneto è più merito dell’infettivologo Crisanti che di Zaia e la sua giunta. Proprio questo professore venuto da Londra ha infatti disposto, illegalmente, dei tamponi per asintomatici a sue spese (coi fondi fornitigli dall’Imperial College). Scoperto ciò, la prima reazione di Mantoan, potente dirigente regionale della Sanità veneta e a capo dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) è stata quella di redarguire Crisanti.

Tuttavia, egli ha continuato a fare melina con risposte evasive, portando avanti la sua, efficace, strategia. Infatti, nonostante le indicazioni di OMS e Istituto Superiori della Sanità negassero il pericolo degli asintomatici, in realtà questo rischio era piuttosto concreto. La strategia “ufficiale” e quella sovversiva di Crisanti hanno poi finito per coincidere, facendo sì che i morti in Veneto fossero solo 2000 contro i 16.000 della Lombardia. Sul finale si è poi visto il tentativo di Zaia e i suoi collaboratori di attribuirsi gran parte del merito, per motivi chiaramente politici. Nonostante le esternazioni sui cinesi che mangiano topi, la rielezione è solo questione di tempo.

Mentre in Liguria

In Liguria il predominio della destra non esiste, come dimostra l’alternanza tra le varie giunte di centro-sinistra e centro-destra negli anni. Tuttavia, Toti pare apprezzato nei sondaggi e quindi lanciato verso la rielezione. Confermato invece il candidato comune PD M5S, si tratta del giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa. La coalizione non prevede però il supporto di Italia Viva, il cui leader (Renzi), non è certo un simpatizzante del giornalista del Fatto. Pare inoltre che questo sarà l’unico tentativo di PD e M5S di presentarsi uniti, a meno di cambi all’ultimo momento.

Nel frattempo, Toti polemizza per le code chilometriche in Liguria a causa delle ispezioni nelle numerose e vetuste gallerie liguri. Questi incolonnamenti certo non aiutano la campagna elettorale del presidente che cerca quindi di attribuire la colpa alla faida Governo-ASPI (Autostrade). Il rinnovato interesse di Autostrade per la manutenzione delle autostrade è infatti un tentativo di salvare le cospicue concessioni dalla revoca che incombe minacciosa.

Non molto tempo fa, la Ministra dei Trasporti Paola De Micheli ha deciso che avrebbe preso delle decisioni il prima possibile, ricusando le affermazioni di Toti. Accusando Toti di fare campagna elettorale, la Ministra ha infatti affermato che quello che sta accadendo ora è frutto di ritardi accumulati negli ultimi vent’anni. A stretto giro di posta arriva la di Toti che critica il danno che questi interventi stanno apportando all’economia della Liguria e dei suoi porti.

Per quanto riguarda la gestione Covid-19, la Liguria ha creato il proprio “ospedale in Fiera” su una nave, stipulando un contratto con GNV. In quel documento si parlava di “spese previsionali” ovvero ipotetiche di circa 882.000 euro al mese. Tuttavia, i dirigenti responsabili assicurano che la spesa è stata inferiore alle previsioni. Nel frattempo però, Alice Salvatore, ex consigliera regionale M5S, ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per un riscontro preciso.

È inoltre bruciante per il presidente uscente la notizia della bocciatura parziale da parte della Consulta della cosiddetta “Legge Taglia Parchi“. Questa legge, proposta dall’assessore leghista Stefano Mai, avrebbe ridotto molte aree protette senza nemmeno interpellare i parchi interessati.

La Toscana rosso sbiadito

La Toscana appare terra di conquista per Salvini dopo la sconfitta in Emilia. Tuttavia, la candidata Ceccardi non è eccessivamente apprezzata nemmeno dagli alleati, tanto che Tajani (Forza Italia) avrebbe detto che “ci sono nomi più forti”. Ormai però la scelta è fatta e sarà lei a dover competere con il Presidente del Consiglio Regionale uscente Eugenio Giani.

Certo la Ceccardi non appare la più ferrata intellettuale, avendo definito “Imagine” di John Lennon come una canzone marxista. Ma del resto, testimoni le gesta internazionali di Berlusconi, gli standard italiani non sono mai stati troppo alti. Sembra quindi che sarà una partita contesa tra Giani e Ceccardi(ni) con una distanza di pochi punti percentuali nei sondaggi.

Per Giani invece la difficoltà è quella di compattare i vari schieramenti di sinistra, da Articolo 21 ai Verdi, che dovrebbero unirsi alla lista principale PD. Inoltre, anche l’atteggiamento del candidato sarà fondamentale: Bonaccini infatti ha corso (e vinto) più come autonomo appoggiato dal PD che come rappresentante del PD.

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Per quanto riguarda invece la dichiarazione di Giani sulla Ceccardi come “al guinzaglio di Salvini”, pare abbastanza chiaro quale fosse il punto del candidato. Se ovviamente è imperativo condannare affermazioni sessiste (e qua la destra ha poche lezioni da insegnare), lo è anche riconoscere il totale appiattimento politico di Ceccardi su Salvini. Lungi dallo scusare qualsiasi forma di discriminazione, pare assai probabile che Giani parlasse di Ceccardi politica e non della donna. Del resto, nessuno l’ha obbligata a posare con ruspe nei pressi di campi rom appena abbattuti o denunciare come ideologici libri la cui protagonista è una ragazza rom. Se invece risultasse che l’intento di Giani fossero quelli di criticare la Ceccardi come donna al servizio di un uomo, la condanna morale dovrebbe essere unanime.

La Campania di Vincenzo Lanciafiamme

Vincenzo De Luca non ha bisogno di presentazioni. Sindaco di Salerno per quattro volte e presidente della Campania dal 2015 al 2020, ha passato la sua vita a sinistra dal PCI al PD. La sua riconferma come candidato del centro-sinistra, che all’inizio sembrava vacillare, è stata assicurata dalla potente gestione mediatica della pandemia di Covid-19. Proprio la sua candidatura ha impedito la formazione di una coalizione M5S-PD in Campania, tra i pentastellati e De Luca infatti corre un odio inveterato.

Durante la sua carriera è stato sommerso da processi da cui è sempre uscito assolto anche dopo condanne in primo grado, mentre il suo primo processo sullo sversamento dei rifiuti a Ostaglio è caduto in prescrizione. Proprio uno di questi procedimenti giudiziari ha rischiato di bloccare la sua candidatura a Presidente della Campania nel 2015, tanto che il PD lo aveva inserito nella lista degli “impresentabili”. Secondo la legge Severino, con la quale Berlusconi decadde da senatore, basta un rinvio a giudizio o essere stati sottoposti a misure di prevenzione. La storia mostra che questo, e le minacce mafiose alla Bindi, non ha impedito la sua candidatura né la ricandidatura di quest’anno.

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L’avversario è Stefano Caldoro, vittorioso nel 2010 e perdente nel 2015. Sarà quindi “la bella” che deciderà chi dei due riuscirà a collezionare il secondo mandato. Il candidato forzista si trova di parecchi punti percentuali dietro “lo sceriffo” salernitano e dovrà darsi da fare per recuperare la distanza. Per ora il massimo è stato accusarlo di aver sprecato risorse per la costruzione di un covid-hospital, un rimprovero piuttosto debole che avrà poco effetto su De Luca.

Il candidato del centrodestra parte inoltre svantaggiato, senza un serbatoio assicurato di voti: i fratelli Cesaro. Se a maggio era arrivata una richiesta d’arresto per il parlamentare Luigi Cesaro con l’accusa di corruzione, ora sono i suoi fratelli a essere arrestati per presunti rapporti con la camorra e voti comprati alle amministrative del 2017. Non certo la migliore vetrina per un candidato che parte a sei punti di distanza dall’uscente De Luca.

Marche e Puglia alla destra?

Le nuove Marche

Nelle Marche, considerate come regione di sinistra, pare che la partita sarà contesa. I candidati sono entrambi nuovi, almeno nel contesto della presidenza regionale. Per il (centro)destra c’è Francesco Acquaroli, parlamentare di Fratelli d’Italia e ex sindaco di Potenza Picena. Di lui si sa poco, solo un aneddoto che sembra spesso associarlo a esponenti di Fratelli d’Italia. Si tratta di una cena fascista alla quale ovviamente si trovava solo “di passaggio”.

Curioso come però sul menù ci fosse il fascio littorio accanto al simbolo di Fratelli d’Italia e comparissero le scritte “Dio, patria, famiglia” e “28 ottobre 1922… giorno memorabile e indelebile” insieme a una bandiera di FdI. Per chi non lo ricordasse è il giorno della Marcia su Roma. Inoltre, strano caso pare che passassero di lì anche il sindaco di Ascoli col suo vice e il sindaco di San Benedetto del Tronto. Forse la Meloni non sarà fascista, ma certamente dovrebbe stare più attenta all’immagine del partito.

Il candidato di sinistra è invece il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi e rappresentante regionale dell’Anci. Si tratta di una figura relativamente nuova nel panorama politico e su di lui non si hanno quindi moltissime notizie. La prima critica gli è arrivata da Francesco Battistoni, commissario regionale di Forza Italia Marche. L’accusa è quella di aver cercato di incolpare il centrodestra per la bocciatura dell’emendamento che avrebbe fornito dei fondi per la ricostruzione post-sisma. Bocciatura che in realtà è avvenuta per decisione di PD e M5S che ha la maggioranza nella commissione preposta. A suo vantaggio tuttavia va la mancanza di cene fasciste nel curriculum. Chissà come mai a queste cenette amorevoli al gusto di “quando c’era lvi” passano sempre “per caso” esponenti di destra e mai di sinistra.

Al momento esiste anche un candidato del M5S: Gian Mario Mercorelli. Proprio Mercorelli, in data 22 luglio, ha fatto sapere che non sussitono i presupposti per una collaborazione e un’alleanza con il PD alle elezioni di settembre. Questo potrebbe dare un enorme vantaggio alla destra che ha già dimostrato di sapere “convertire” l’elettorato, come in Umbria.

Puglia: Fitto alla riconquista della regione

In Puglia invece il centrodestra candida l’ex-berlusconiano, ora Fdi, Raffaele Fitto. Figlio del democristiano Salvatore Fitto, anche lui presidente di regione negli anni Ottanta, ha vinto le elezioni nel 2001, perdendo poi con Nichi Vendola. Ora cercherà di riconquistare la regione perduta da ormai quindici anni, sfidando il poderoso magistrato in aspettativa Michele Emiliano. Anch’egli è stato coinvolto in grane giudiziarie da cui è sempre uscito assolto.

Nonostante sia apparso penultimo nella classifica dei governatori, lo sfidante del centrosinistra Emiliano ritiene di avere buone probabilità di rielezione. Effettivamente, i sondaggi lo danno in vantaggio per affidabilità rispetto a Fitto, mentre le coalizioni sono a pochi punti di distanza. Emiliano è un personaggio abbastanza trasformista che ha cambiato posizione più volte su vari temi. Se sulla Xylella, sull’autonomia e su altri temi è stato molto volubile, si è invece sempre opposto al gasdotto TAP, cosa molto apprezzata dai pentastellati. Pare però che nemmeno Emiliano verrà supportato dai cinque stelle che non apprezzano certe posizioni prese dal governatore uscente.

Il caso Val d’Aosta

Infine, rimane la Val d’Aosta che a causa delle instabilità interne al consiglio regionale dovrà anch’essa recarsi alle urne. Come le altre regioni, la Val d’Aosta avrebbe dovuto votare a maggio ma anche qui si è preferito rimandare. In questa regione, il presidente non è eletto direttamente ma dal Consiglio Regionale e le elezioni si tengono attraverso un sistema proporzionale in vigore dal 2017. In questa regione esistono, oltre ai partiti nazionali, due partiti tradizionali, l’Union Valdôtaine e l’Union Valdôtaine Progressiste. 

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