Il capitale umano

“Il capitale umano”: un filo che ci lega

Siamo tutti legati indissolubilmente gli uni agli altri: è una frase che ci sentiamo dire spesso, specialmente di questi tempi. Viviamo in una società dove il fulcro di tutto è il singolo individuo, ognuno di noi è febbrilmente concentrato a curare il proprio giardino per fare in modo che sia il più bello fra tutti. Questa fragile percezione crolla però nel momento in cui esistenze apparentemente distinte e indipendenti si ritrovano tutte inesorabilmente legate al di là della loro volontà: è questo il riassunto della trama de Il capitale umano, film diretto da Paolo Virzì e uscito nelle sale all’inizio del 2014. La storia dei personaggi protagonisti, che si ispira liberamente al romanzo omonimo di Stephen Amidon della fine degli anni Settanta, offre ancora un ritratto fedele della società odierna.

Una persona qualunque

La persona che accomuna le vite di tutti è per assurdo quella che compare meno sullo schermo: è un ciclista che in una fredda sera di dicembre finisce per essere vittima di un incidente fatale. Da qui si sviluppano gli eventi che porteranno due famiglie come tante altre a vedere i loro equilibri sconvolti. Un fatto come tanti, di quelli di cui fin troppo spesso si legge sui giornali, che non sembra essere per niente legata alle vicende narrate, ma che a poco a poco diventa il fatto cruciale della trama. Sì, perché la vicenda accomuna in qualche modo le vite di tutti i personaggi, dando modo allo spettatore di poter scorgere ed indagare i rapporti che li uniscono.

Uniti a forza

Un sottilissimo filo che ci lega: è questa la tematica principale della pellicola. Dapprima impercettibile, poi sempre più ingombrante e robusto a stringere le esistenze delle due famiglie protagoniste, che si ritrovano coinvolte loro malgrado nella stessa vicenda. Mentre ognuno di loro è occupato a difendere la propria reputazione, la propria immagine e i propri beni, inesorabilmente la vita li porta a confrontarsi non solo con quanto accaduto, ma anche con le proprie scelte e le loro conseguenze.

Gli altri ai nostri occhi

Non solo, la riflessione sul film prende spunto anche dal titolo stesso del film, da una domanda che spesso dimentichiamo di farci: quanto vale ai nostri occhi la vita degli altri? Sì, perché il capitale umano è proprio questo, il valore della vita di un individuo. Nella società odierna, concentrati su noi stessi nella nostra quotidianità, spesso dimentichiamo che un numero infinito di altre vite passa accanto a noi ogni giorno e ad ognuna di essa associamo automaticamente un valore diverso, dagli affetti più cari agli sconosciuti con cui il nostro sguardo si incrocia solo per qualche secondo per strada.

Questo è un atteggiamento comune, ma spesso dimentichiamo che chi può essere una faccia qualunque ai nostri occhi, per qualcun altro rappresenta una presenza fondamentale. Come possiamo allora dare un valore ad una persona piuttosto che a un’altra? È questa la domanda a cui Il capitale umano cerca indirettamente di dare una risposta: il valore di una persona può basarsi su meri criteri oggettivi?

Aspetti tecnici (e soggettivi)

La pellicola rende in maniera esemplare l’analisi estremamente soggettiva dei vari personaggi nella trama anche attraverso alcuni aspetti tecnici: in particolare è molto ben riuscita la suddivisione del film in capitoli, che portano il nome di alcuni dei protagonisti. All’inizio di ogni parte viene riproposta la stessa scena attraverso diversi punti di vista: apparentemente superficiale nel racconto, essa risulta invece essere il nodo da cui poi si sviluppano le varie vicende dei protagonisti, ognuno con la propria visione e le proprie priorità da portare a termine. Inoltre, alcuni aspetti tipici della regia di Paolo Virzì ritornano più volte nel corso del film, dando vita ad un film davvero ben riuscito della cinematografia italiana.

Dunque, Il capitale umano vuole ricordarci ancora una volta come tutto ciò che accade nelle nostre vite sia estremamente soggettivo, così come il ruolo che ogni persona riveste nella nostra esistenza. Esso è un monito, per ricordarci sempre che, a differenza di quanto a volte ci viene insegnato, non esistono criteri oggettivi per analizzare la vita delle persone.

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