prospettiva marta tenaglia

“Prospettiva” di Marta Tenaglia: intervista su un progetto tra note e podcast

Marta Tenaglia è una cantautrice milanese. Nelle sue canzoni mescola la delicatezza della sua voce a sound particolari dal richiamo internazionale. Durante la quarantena Marta Tenaglia ha lavorato a un progetto inedito, Prospettiva, in cui ha voluto mescolare quattro cover per lei importanti e altrettanti podcast. Ognuno di essi spiega uno stato d’animo e una sfaccettatura di questa tanto giovane quanto istrionica artista. Con Prospettiva, l’ascoltatore può entrare nell’universo di Marta Tenaglia e non può non rimanerne affascinato.

L’intervista

Ciao Marta, il progetto che hai presentato è davvero particolare. Da che cosa nasce il titolo del tuo lavoro, Prospettiva?

Credo che tutto sia nato dal bisogno di dire qualcosa, di portare al di fuori di me una ricerca che stava maturando e che aveva bisogno di essere condivisa. Come tutti in quarantena mi ritrovavo sempre a osservare lo stesso orizzonte ogni giorno. Uno skyline fatto dai mobili di casa mia, il cortile era il mare, le tende erano montagne, dalla finestra gli stessi palazzi. Tuttavia, convivevo anche con la netta sensazione che qualcosa mutasse insieme ai miei pensieri, anzi che fosse proprio la mia elaborazione interiore ad alterare quello che vedevo.

Mi è sembrato a un certo punto di essere in viaggio verso una me stessa che avevo un po’ trascurato, che è la me stessa che vive nel presente e che ha bisogno in realtà di tutta l’energia possibile. Bastava che io cambiassi il modo di guardare fuori dalla finestra e dentro di me, che io cambiassi prospettiva, per aprire nuove porte e continuare a camminare.
Così è nata la necessità di condividere queste piccole tappe, di mandare qualche cartolina da questo viaggio. Prospettiva è nato anche da un confronto sincero con il mio team di Costello’s, fondamentale nell’aiutarmi a mettere a fuoco pensieri e desideri sconnessi e a racchiuderli in una forma che fosse pronta per essere espressa.

Per questo progetto, hai optato per quattro brani che nella loro versione originale, sono molto diversi tra loro per sonorità e provenienza. Come li hai scelti? Che cosa rappresentano per te?

Li ho scelti come scelgo le cartoline, un po’ di pancia e a seconda di quello che mi smuovono dentro. Ognuno di questi pezzi è capitato nella mia vita in un momento diverso e mi ha lasciato un segno e con il passare del tempo ho sentito il bisogno di farne una mia versione per integrarli ancora un po’ di più, per sentire fino in fondo ciò che avevano da dirmi. In realtà li ho scelti molto prima della quarantena. Erano già lì sul pc, qualcuno lasciato a metà, qualcuno sulla loop station, era un po’ di tempo che ronzavano in giro e mi chiedevano attenzione. Per me rappresentano quello che ho qui e ora, quello da cui parto, quello che mi ha costruito e mi costruisce.

Come è nata l’idea di un progetto che unisse brani e podcast?

Credo che sia nata dall’esigenza di condividere e di costruire qualcosa insieme, di scambiarsi pensieri elaborati in un momento così pesante da gestire da soli. Condividere per me è essenziale tanto quanto la solitudine, è ovvio che siamo e resteremo tutti sempre soli, però ogni tanto può succedere qualcosa di miracoloso come fare un pezzo di strada insieme e magari riuscire a vedere la strada sotto un’altra luce, e aggiungere senso. Questo abbiamo cercato di fare con i podcast, lasciare che le nostre anime chiacchierassero tra di loro, si scambiassero consigli e aneddoti, si alleggerissero il carico sulle spalle.

Come hai scelto le ospiti che hanno partecipato ai podcast di Prospettiva?

Abbiamo scelto persone che fossero dentro il modo della musica per varie vie, con cui a intuito poteva esserci una connessione, una somiglianza soprattutto in termini di disponibilità ad ascoltare e a parlare di sé. Sono davvero molto grata a tutte le mie ospiti per il tempo che mi hanno dedicato, la maggior parte di loro le ho conosciute pochi minuti prima di registrare il podcast e con tutte loro è stato possibile connettersi e parlare, e con parlare intendo parlare davvero.

In Le donne della mia famiglia e l’eredità marina, il primo podcast, hai detto di essere “oceano”. Che cosa ti ha prospettivaportata a questa caratterizzazione?

A un certo punto della mia vita mi è piombata addosso questa consapevolezza, che è stata prima di tutto una consapevolezza quasi fisica, perciò faccio fatica a spiegarla razionalmente e a parole. È come sentirsi sempre un po’ distante, come in mezzo all’oceano su una barchetta, di notte, nel nulla, e sapere che incontrare chiunque sarà sempre una fortuna e insieme una scelta, e che qualsiasi emozione andrà a mescolarsi con un’infinità di altri vissuti, come pioggia nell’oceano. È sapere che non si avrà mai quiete, che la corrente sarà sempre viva, che ogni cosa mi attraverserà il respiro e che questo è il mio modo di stare nel mondo.

Sempre con Mary Adorno, in Prospettiva hai parlando delle donne e del loro ruolo nel mondo e all’interno delle singole famiglie. Secondo te, cosa vuol dire essere una giovane cantautrice oggi?

Non mi è chiaro il confine tra essere giovane ed essere vecchia. Credo abbia a che fare con il tempo e l’esperienza che uno si sente di avere sulle spalle. Per certi versi mi sento giovane e per altri vecchia, da sempre. Il mio progetto è giovane perché si è appena affacciato al di fuori di me, dopo una vita passata a scrivere e immaginare. Ha, quindi, lo sguardo curioso e un po’ acerbo di chi si aspetta di tutto senza ostacoli tra il cuore e la testa, con un po’ di sana incoscienza. Essere cantautrice è un dono e una responsabilità. È un regalo enorme perché è un canale di costruzione ed espressione. È una risorsa con cui poter trasformare la fatica di vivere.

Per me è anche una grande responsabilità perché implica avere voce, essere ascoltate, anche solo da un paio di persone. Avere uno spazio e un’occasione di comunicare è importante e bisogna esserne consapevoli.
Essere donna può voler dire così tante cose che a pensarci ho le vertigini, nella musica come in ogni altro ambito. Per me significa portarsi dietro un vissuto politico, sociale, una storia di ferite, forza, lotte, un corpo sempre sotto accusa, osservato e controllato.
Significa sapere perché avere voce è un privilegio.

Quali sono i tuoi punti di riferimento femminili nel mondo della musica?

I miei punti di riferimento variano molto a seconda della strada che prendo. Trovo che per me sia sano di tanto in tanto spostare lo sguardo. Per quanto riguarda l’Italia Erica Mou e Serena Brancale mi hanno aperto mondi diversi con cui poter costruire una mia identità. Poi nel cuore ho sicuramente Jamila Woods e il suo sguardo fiero, Eryka Badu, India Arie, Ms. Lauryn Hill… le ultime crush pesanti sono state Rosalia e Billie Eilish. Più le ascolto e le guardo più capisco che posso essere me stessa come mi pare.

Nel tuo secondo podcast, Ricordati di lasciare andare, parli di fragilità, un aspetto dell’animo umano spesso dato per scontato, se non messo in ombra. Quanto, invece, può essere importante manifestare il proprio essere fragile nella vita e nella musica? prospettiva

Io penso di aver capito che credere in me stessa voglia dire credere in me stessa fragile. Credere nelle insicurezze, nelle ginocchia che tremano, nell’emozione che rompe la voce. Sono queste le cose che hanno bisogno di essere nutrite, le parti forti stanno su da sole e sopravvivono alla grande. Penso che le fragilità arrivino spesso da esperienze dolorose, da vissuti che lasciano il segno e da come questi segni vengono integrati e interpretati. Credo che la differenza stia nella consapevolezza di sé. È questa che ti aiuta a stare al mondo e a trovare un tuo posto. Io ho bisogno di essere sempre molto sincera con me stessa per affrontare ogni giornata, altrimenti se ignoro certe mie parti vado a sbattere ovunque.

Il punto è che non è facile fare pace con queste parti scomode, danno fastidio, spesso le odio, me ne vergogno, sono faticose e non le vorrei. Eppure non c’è scelta! In questo la musica e il palcoscenico in particolare sono stati una scuola per me. Devo dire anche abbastanza severa e impietosa. Quando salgo su un palco so che non posso nascondere niente. So che più cercherò di camuffare la mia fragilità più farò casino e meno arriverò a chi ascolta, e non credo che valga la pena fare un concerto ovattato solo per cercare di dare un’immagine un po’ più perfetta di sé. Non so se per me esista davvero un posto nel mondo della musica, lo scoprirò con il tempo, ma se esiste può essere soltanto un luogo dove io possa restituire il mio sguardo sulle cose senza difese e dove qualcuno si possa ritrovare.

Un podcast di Prospettiva s’intitola La dimensione del tempo. Qual è quella di Marta Tenaglia?

Nella mia vita il tempo ha un peso molto maggiore di quello che vorrei, al limite di quello che potrei sostenere. Questo perché faccio fatica a stare nel presente, perché ho sempre fretta, ma poi fretta di che? Mi ripeto sempre che aver fretta di vivere è come aver fretta di morire, eppure dentro di me le lancette vanno a mille e in un minuto mi vivo una vita intera. Ho fretta di risolvere, di rimediare, di stare bene, ma a camminare sempre di fretta poi mi perdo tutto il tragitto e poi non so dove sto andando. Arrivo in posti dove in realtà non voglio stare e riprendo a muovermi e invece dovrei solo sedermi e guardarmi intorno.

Contemporaneamente la mia concezione temporale è estremamente relativa. Ci sono anni che sono passati in un soffio e settimane in cui ho vissuto 80 anni, in cui davvero sono invecchiata. Il tutto con una sensazione ciclica di sottofondo, come se ci fosse qualcosa che sempre si ripete, e non sono sicura che questo mi piaccia.
Conto il tempo in emozioni. Sono l’unità di misura con cui concepisco la mia vita e riconosco le forme e le strade che quello che provo scava in me giorno per giorno. Mi piace curiosare nella mia geografia interiore: è lì che mi rendo conto del tempo che passa.

In Prospettiva abbiamo potuto ascoltare il tuo arrangiamento e la tua interpretazione di “brani di altri”. Quando potremo ascoltare canzoni che portano la tua firma? Che cosa ci riserverà Marta Tenaglia nel futuro?

Prestissimo! Il lockdown ha rallentato un lavoro iniziato parecchio tempo fa con Costello’s e Federico Carillo, ma è tutto lì che sfrigola sui fornelli! Insieme a loro ho cominciato un percorso di ricerca di me stessa su tutti i livelli, dal sound al messaggio che vorrei che la mia musica si portasse dietro. Questo è quello che voglio continuare a fare nel futuro e quello che ci si può aspettare da me. Una ricerca sincera fine a se stessa senza la pretesa di fare qualcosa di incredibile o nuovo, io voglio fare musica e farlo bene.

FONTI

Materiale gentilmente fornito da Costello’s

CREDITS

Copertina e immagini gentilmente fornite da Costello’s

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