Lo psicologo dello sport: per l’atleta e non solo (seconda parte)

Nella prima parte abbiamo visto alcuni dei modi in cui lo psicologo dello sport può aiutare un atleta professionista, tenendo conto di alcuni principi metodologici generali. Va detto che l’intervento con cui lo psicologo dello sport può migliorare le prestazioni dell’atleta può essere anche rivolto ad aspetti dell’attività che meno facilmente riconduciamo alla performance.

In altre parole, accanto agli interventi descritti, come quello di definizione degli obiettivi, o come i training attentivi, e ad altri come gli esercizi immaginativi di visualizzazione e le tecniche di rilassamento (ad esempio: training autogeno, rilassamento muscolare progressivo), che comunque hanno a che fare con le performance, altri interventi riguardano più in generale il mondo il cui l’atleta è inserito e le sue abilità psicologiche di base.

Ovviamente, questi interventi verranno svolti comunque con lo scopo finale di migliorare il rendimento dell’atleta nelle competizioni. Essenzialmente si tratta di interventi in tre macroaree: le situazioni organizzative nelle quali l’atleta è immerso, gli interventi sulle sue risorse personali generali, gli interventi su situazioni critiche in alcuni momenti della carriera. Le situazioni organizzative che lo psicologo dello sport può migliorare riguardano ad esempio le dinamiche di gruppo, i processi di comunicazione, i confini di ruolo, la leadership nella sua società sportiva, e come tutto questo può influenzare l’atleta.

Gli interventi sulle risorse personali invece riguardano, in linea di massima, l’area delle soft skill: intelligenza emotiva (quanto l’atleta sa riconoscere e comprendere il significato delle proprie e altrui emozioni? E quanto sa regolarsi di conseguenza?), capacità interpersonali, capacità di gestire il proprio tempo, di autoregolare i comportamenti in vista dei propri scopi.

Infine abbiamo gli interventi sulle situazioni critiche. Ad esempio, in ambito agonistico è cosa nota che gli infortuni, prima o poi, capitano. Molto può fare quindi la reazione psicologica agli stessi e come gestirla può essere oggetto d’intervento. In questi casi, lo psicologo lavora in sinergia con fisioterapisti, ortopedici. Le tecniche utilizzate serviranno tanto a favorire il recupero funzionale, quanto ad arginare il rischio di sintomi depressivi, legati al rischio di “perdere” le proprie prospettive di carriera. Altre forme d’intervento psicologico sulle situazioni critiche possono essere quelle relative ai casi di doping, ai comportamenti alimentari, alle transizioni di carriera (si pensi al delicato momento in cui un atleta decide di smettere).

psicologo dello sport

Fin qui abbiamo visto come lo psicologo dello sport può sostenere l’atleta ad alti livelli. Ma l’attenzione all’attività sportiva non è propria solo dei contesti agonistici. Sappiamo bene come, ad esempio, essa favorisca lo sviluppo sano dei bambini tanto dal punto di vista fisico (ossa, muscoli, legamenti, cuore, polmoni, sistema endocrino-metabolico) che mentale (maggiore autostima, migliori rapporti sociali, maggiore resistenza allo stress).

Lo psicologo dello sport può supportare i bambini che si affacciano al mondo dell’attività fisica in vari modi. Innanzitutto può aiutare a sviluppare abilità cognitive come l’attenzione, che (lo abbiamo visto nella prima parte dell’articolo) consentono di migliorare lo svolgimento dell’attività sportiva. Inoltre, lo psicologo può aiutare il bambino a regolare l’ansia da prestazione, la fiducia in se stesso e i giusti atteggiamenti verso compagni di squadra e avversari. Può inoltre favorire la comprensione delle dinamiche sociali (di ruolo, di leadership), in una squadra e in una associazione sportiva. Si capisce facilmente come queste abilità potranno servire al bambino anche in altri ambiti. Non ultimo, lo psicologo può favorire il recupero di ragazzi che nello sport vedono una forma sana di fronteggiamento di varie forme di disagio.

Un’ultima menzione merita il ruolo dello psicologo dello sport nell’età adulta e nella terza età. Le ricerche neuroscientifiche e psicologiche convergono su un dato: non è vero che invecchiamento debba per forza equivalere a declino, perché questo può essere significativamente ridotto da uno stile di vita sano che includa una regolare attività fisica. In questa direzione va l’intervento di supporto dello psicologo dello sport tanto con l’amatore puro tanto con l’atleta master, ossia quello sportivo dopo i 40 anni che partecipa a competizioni organizzate dalle federazioni sportive, senza essere stato da giovane un atleta professionista.

Atleti, bambini e adolescenti, adulti e anziani che vogliono migliorare la loro condizione fisica (vuoi per piacere, vuoi per gusto della sfida, vuoi per cura di sé) fino a spingersi a livelli semiagonistici: è a tutte queste categorie che lo psicologo dello sport può portare un contributo significativo.


FONTI

Palmer S., Whybrow A. (a cura di), (2008). Handbook of Coaching Psychology, Londra, Routledge.

Whitmore, J. (1992). Coaching for Performance: GROWing Human Potential and Purpose – The Principles and Practice of Coaching and Leadership, Nicholas Brealey Publishing.

La psicologia dello sport e dell’esercizio fisico: una risorsa dall’infanzia alla terza età, opuscolo online a cura dell’ Ordine degli Psicologi del Lazio

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