Multinazionali e razzismo: tra solidarietà e ipocrisia

Oggi più che mai, il razzismo è una piaga che colpisce la nostra società. Dopo la terribile vicenda che ha visto protagonista George Floyd, le manifestazioni sono aumentate. Quello del razzismo è un tema molto delicato ma di cui ultimamente parlano in molti. Per parlare di discriminazioni razziali basta aprire un qualsiasi giornale in modo da farsi un’idea. Ma è indubbio che la sensibilità e un minimo di conoscenza della storia siano fondamentali per non cadere nel qualunquismo e nelle classiche frasi fatte. Sono stati molti i gesti di solidarietà compiuti in tutto il mondo, a partire da atti più concreti come le manifestazioni, fino ai social network. Di certo a tali manifestazioni prendono parte anche i finti buonisti o coloro che lo fanno semplicemente per farsi notare e trovare seguito. Ma è bello pensare che le iniziative portate avanti da alcune multinazionali siano prive di secondi fini.

Sono molte infatti le aziende che hanno deciso di schierarsi contro il razzismo, e di farlo concretamente. Alcune aziende hanno tolto, altre hanno aggiunto qualcosa ai loro prodotti in modo da renderli il meno esposti possibile a critiche. C’è chi ritiene questo atteggiamento ugualmente pesante e limitante. Purtroppo ormai si tende a trovare qualcosa di negativo ovunque, tutto diventa oggetto di critiche e illazioni. È comunque da apprezzare la decisione di alcune aziende di schierarsi contro un problema sociale tanto presente. L’Oreal, leader mondiale nel settore beauty e cosmesi, ha deciso di togliere dalla descrizione dei propri prodotti le parole “bianco” e “sbiancante”. Questa decisione è stata presa in seguito alla scelta della filiale del gruppo Unilever di ribattezzare la sua crema sbiancante per la pelle “Fair&Lovely” con il solo nome “Fair”. Questo per celebrare tutti i tipi di pelle.

Fin dall’antichità, la pelle chiara è stata simbolo di nobiltà, in quanto solo coloro che potevano permettersi di non lavorare tutto il giorno sotto il sole avevano un incarnato piuttosto pallido. È però una questione di ceto sociale che non ha nulla a che vedere con la discriminazione razziale. Sicuramente è corretto e doveroso limitare i casi di incomprensione e fraintendimento. Però la parola “bianco” utilizzata per descrivere semplicemente la caratteristica di un prodotto e il suo modo di agire non è in alcun modo offensiva.

Anche Mercedes ha deciso di mostrare solidarietà nei confronti di questa tematica (e del suo campione, Luis Hamilton). Il team campione del mondo correrà tutto il campionato di Formula 1 2020 con una macchina nera, al posto della classica argentata. Questo è un messaggio forte che indica vicinanza nella lotta contro la discriminazione razziale. La scuderia ha spiegato: “Nelle ultime settimane il movimento Black Lives Matter ha acceso una luce su quanto ancora bisogna fare per combattere il razzismo e tutte le forme di intolleranza. Anche noi ne abbiamo tratto insegnamento per costruire un futuro nuovo”. Inoltre, sulle macchine dei piloti della Mercedes, Hamilton e Bottas, sono stati inseriti slogan come “End Racism”. In questo caso il segnale sembra più forte, in quanto non viene tolto nulla a quanto già esisteva, ma viene apportata una modifica significativa.

Anche famose catene di fast-food hanno condiviso la loro solidarietà nei confronti di questa causa, principalmente tramite i social. Ma questi di fatto sono esempi di grande ipocrisia, in quanto l’industria fast-food poggia le sue basi su logiche di sfruttamento. Il 40% dei lavoratori vive in condizioni di povertà e il 52% dipende da programmi di assistenza pubblica come buoni pasto. Questi sono dati che riguardano catene come McDonald’s e Taco Bell. È bene quindi non farsi impressionare da questi atti di finto buonismo, e anzi tenere gli occhi aperti e informarsi, perché non è tutto oro quel che luccica. Diversamente invece accade per altri brand, come Coca Cola, Vans, Timberland, che hanno deciso di ritirare le sponsorizzazioni e venire meno ad accordi pubblicitari con Facebook. Questo perché il social network di proprietà di Zuckerberg non ha preso le distanze dai post poco amichevoli pubblicati da Trump sulla questione razziale.

Quel che è certo è che difficilmente si riuscirà a mettere tutti d’accordo e trovare una soluzione al problema della discriminazione razziale. Le iniziative di molte aziende sono allo stesso tempo da ammirare e osservare con occhio critico. Difficilmente grandi multinazionali si espongono tanto senza avere un secondo fine ben nascosto da campagne marketing ben elaborate. Di certo però è da apprezzare il tentativo di porre fine a disuguaglianze ingiuste utilizzando il proprio marchio, che spesso ha il potere di influenzare fortemente i più affezionati.

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