Come impariamo? Breve storia della psicologia dell’apprendimento e dell’educazione (parte I)

Per apprendimento in psicologia s’intende un cambiamento frutto dell’esperienza, quindi non dovuto a mutamenti legati alla maturazione psicofisica. Il cambiamento generato dall’apprendimento riguarda o un comportamento o una conoscenza, sia nel senso di modificare quelli precedenti che di acquisirne di completamente nuovi. Di fatto, le tre grandi correnti psicologiche che si sono occupate fino ad oggi di apprendimento sono il comportamentismo, il cognitivismo, e il modello sociocostruttivista derivato dalla scuola storico-culturale.

La psicologia ha iniziato a focalizzarsi sullo studio dell’apprendimento con il comportamentismo, secondo il quale tutti i comportamenti, anche quelli più complessi, sono riconducibili a una catena di apprendimenti graduali. Il comportamentismo (la cui nascita viene fatta risalire alla pubblicazione di un articolo di John Watson del 1913) riteneva che l’essere umano fosse totalmente e soprattutto passivamente plasmato dalle sue esperienze, di fatto attraverso il principio del condizionamento operante.

Secondo il principio del condizionamento operante, un qualsiasi comportamento a cui seguono delle conseguenze favorevoli per l’individuo che lo ha prodotto aumenta di frequenza. Così, se un insegnate loda un alunno dopo che ha svolto bene un compito, l’alunno sarà più motivato a studiare. Al tempo stesso, secondo questo modello, comportamenti a cui seguono conseguenze negative (o non ne seguono più di positive) per chi li mette in atto difficilmente vengono reiterati.

Un contesto in cui il comportamentismo è stato applicato concretamente all’apprendimento è stato quello della ricerca sull’istruzione militare. La ricerca sull’addestramento dei sodati ha introdotto il concetto di task analysis, o analisi del compito, ossia l’individuazione di requisiti comportamentali necessari allo svolgimento di un compito, e ha dimostrato l’importanza del feedback come informazione di ritorno sui risultati di una prestazione, per valutarne l’accuratezza. Il concetto di feedback si differenzia da quello di rinforzo perché non è valutativo, ma descrittivo.

apprendimento

Comunque, feedback e rinforzo possono essere fusi in un intervento nei confronti di un allievo, ad esempio nel feedback correttivo, in cui la prestazione viene descritta non solo nelle modalità ma anche nella qualità, per poi modellare la risposta corretta. Il feedback è a tutt’oggi un pilastro di qualsiasi modalità di apprendimento, così come la task analysis, che viene utilizzata per lo studio delle prestazioni esperte e delle abilità cognitive più complesse.

A livello di istruzione scolastica, un celebre modello progettato da Skinner (illustre esponente del comportamentismo) è quello dell’istruzione programmata, che consisteva nel far svolgere individualmente agli alunni delle unità didattiche attraverso delle macchine per insegnare. L’idea era di suddividere i contenuti di apprendimento in piccole unità d’informazione, su cui esercitarsi, prima di domande di verifica dell’apprendimento avvenuto che diventavano, nella prospettiva di Skinner, il rinforzo e lo stimolo all’apprendimento successivo.

Se da inizio novecento a fine Seconda Guerra Mondiale il comportamentismo è stato l’unico modello di psicologia dell’apprendimento, già negli anni Cinquanta si affacciavano modelli diversi di guardare ad esso.

La teoria dell’apprendimento sociale di Bandura, pur nata in seno al comportamentismo, di fatto è stata la prima a sottolineare il ruolo dei processi di pensiero nel determinare l’apprendimento. Bandura mostrava come i comportamenti nuovi che una persona manifesta non sempre sono determinati da rinforzi precedenti, ma spesso sono la riproposizione di comportamenti osservati in altri. Si parla di rinforzo vicariante, perché chi osserva il comportamento altrui fa una valutazione delle conseguenze che per l’altro ha avuto un comportamento. Se un alunno vede un compagno di classe essere punito per aver copiato durante un compito in classe, è più probabile che non consideri il copiare come una possibilità. Inevitabilmente, per spiegare l’apprendimento sociale occorre chiamare in causa i processi di pensiero: l’apprendimento sociale può avvenire solo se chi osserva è attento, da un’interpretazione di ciò che vede, memorizza le informazioni viste, fa una valutazione dell’utilità di considerare, per il futuro, la possibilità di riprodurre il comportamento osservato.

Si tratta di una novità, infatti il comportamentismo aveva escluso i processi di pensiero dalla sua indagine, perché non direttamente osservabili, concentrandosi sui comportamenti. Coerentemente, vedeva l’apprendimento come assimilazione passiva di informazioni, considerando un discente come un recipiente vuoto da riempire di competenze. Con Bandura inizia ad affacciarsi l’idea cardine dell’apprendimento nella prospettiva cognitivista che vedremo nella seconda parte dell’articolo: ogni essere umano è un elaboratore attivo di informazioni e quindi l’apprendimento è determinato in misura significativa dall’attività mentale dell’individuo.


FONTI
Mason L. (2016), Psicologia dell’apprendimento e dell’istruzione, Bologna, Il Mulino


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