Energia nucleare: la situazione italiana (parte II)

Rinunciando al nucleare, il paese è stato chiamato a risolvere una gravosa questione: quella dello smantellamento delle centrali. Si è aperta, perciò, una fase definita da Luigi Colella come quella del “Waste Management & Decommissioning”: una fase che ha impegnato il paese non solo a rispettare gli impegni comunitari presi (si pensi all’EURATOM), ma di dovere gestire i rifiuti e attivare le adeguate attività di smantellamento che dal 1987 non avevano ancora raggiunto risultati. Primo nodo cruciale fu il decomissioning, quindi lo smantellamento delle centrali nucleari dismesse di Trino, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca. Passata alla storia per essere stata, e tutt’ora essere, la più grande operazione di bonifica del nostro Paese. Operazione che si basa su due importanti momenti, quali l’individuazione di un Parco Tecnologico e di un Deposito Nazionale, essenziali per la realizzazione del green field.

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Secondo la International Atomic Energy Agency ( IAEA), esistono tre opzioni per il decomissioning: la “Immediate Dismantling”, che prevede lo smantellamento immediato alla chiusura della centrale; la “Safe Enclosure” , che posticipa lo smantellamento finale dai 20 ai 60 anni dalla chiusura della centrale; infine, la “Entombement”, che consiste nella riduzione del sito in una area di elevata sicurezza in cui ingabbiare il materiale radioattivo. L’Italia, pioniera in quegli anni nella materia, decise di optare per lo smantellamento accelerato, una decontaminazione che sarebbe durata circa 20 anni. Una decisione che superò di certo quella presa nel 1990, anno in cui venne affidato all’ENEL il compito di eseguire lo smantellamento differito dei reattori. Smantellamento che sarebbe dovuto avvenire in tre fasi:

  1. Custodia sorvegliata (raggiungimento dello stato di custodia protettiva passiva);
  2. Smantellamento delle strutture e raggiungimento del rilascio parziale del sito con restrizioni (rilascio condizionato);
  3. Raggiungimento dello stato di rilascio del sito senza vincoli di natura radiologica (rilascio incondizionato).

Nel 1999 venne perciò costituita la Società Gestione Impianti Nucleari S.p.A (SOGIN), la quale avrebbe goduto di una totale libertà di azione e alla quale vennero conferiti gli assets dell’ENEL e dell’ENEA: dalle centrali nucleari agli impianti di ricerca e di fabbricazione di combustibile. Dal momento della sua costituzione, la SOGIN divenne responsabile per la decomissioning delle quattro centrali nucleari. Attività che viene tutt’ora finanziata attraverso la componente “A2” della bolletta elettrica e qualche finanziamento estero (come IAEA).

Fino al 2007 i risultati furono scarsi, dimostrando una forte incapacità da parte della Società nel sapere rispondere all’emergenza. Si pensi al semplice fatto che il processo di decomissioning non superò l’8%, mentre lo sperpero di soldi ammontava agli 849 milioni di euro. Perciò, al fine di rispondere a questa carenza, la Società fissò con il Piano Industriale 2008-2012 l’obiettivo di raggiungere per il 2011 il 41% dell’attività di decommisioning e nel 2012 il 51%. Mentre con un piano internazionale nel 2007 riuscì a chiudere l’accordo “Areva”, che sancì il trasferimento alla Francia di 235 tonnellate di combustibile esaurito allo scopo di recuperare elementi riutilizzabili, e nel 2010 il trasferimento di ben 190 tonnellate di combustibile conservato a Caorso verso l’impianto La Hague.

La centrale nucleare di Caorso (di tipo BWR: Boiling Water Reactor) è inoltre stata la centrale italiana dalla maggior potenza installata, pari a 2651 MWt. Il suo arresto avvenne nel 1986, con la delibera CIPE 26/7/1990 che ne dispose la chiusura definitiva. La prima attività risale al lontano 2007, quando avvenne il già citato trasferimento di scorie radioattive. Tuttavia, la lentezza dei tempi è da attribuire ai ritardi per l’ottenimento del Decreto di Compatibilità Ambientale (VIA) e il successivo Decreto dirigenziale del 2014 per l’autorizzazione alla disattivazione della centrale nucleare di Caorsp (soprannominato “Arturo”). Mentre il primo smantellamento avvenne solo nel 2010, e riguardò l’edificio Off-Gas, seguito poi dalle Torri RHR e infine dalla decontaminazione del circuito primario. Secondo i piani di azione della SOGIN, lo smantellamento dell’edificio reattore inizierà nel 2020 e terminerà solo nel 2030 (per il 2026 sono previste le operazioni di smantellamento del vessel).

La centrale nucleare del Garigliano si trova a Sessa Aurunca, ed è stata realizzata nel 1964, con un reattore di 160 MW, funzionante secondo lo schema BWR1. La centrale venne disattivata nel 1982, e dal 1999 è stata la priorità della SOGIN. A prova di ciò vi sono le attività di denuclearizzazione che si sono susseguite negli anni: dalla realizzazione di un deposito temporaneo per i rifiuti radioattivi allo smantellamento del reattore. Quest’ultimo verrà completamento smantellato nel 2025, dopo ben 25 anni di lavori, chiudendo il ciclo di lavori per il raggiungimento di uno stato di Brown Field.

La terza centrale nucleare è quella di Borgo Sabotino, che, dopo essere stata attivata nel 1963, fu conosciuta in tutto il mondo come la più grande di Europa. Dopo il fermo della centrale si è provveduto alla rimozione del combustibile e alla messa in sicurezza delle strutture. La fase però di decomissioning iniziò nel 1999, anno dopo il quale si susseguirono numerose attività, quali smantellamento delle macchine di carico e scarico del combustibile e smantellamento dei boiler. Per quanto concerne la realizzazione dello smantellamento del reattore (attività che durerà circa sette anni) si dovrà attendere la definizione di un Deposito Nazionale, che si spera sarà nel 2020.

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L’ultima centrale nucleare, chiamata “Enrico Fermi”, è sita a Trino. Attivata nel 1964, l’impianto è di tipo PWR (Pressurized Water Reactor), da una potenza pari ai 270 MWe. A tredici anni dalla disattivazione, avvenuta nel 1990, nel 2003 la Sogin inizia il processo di decontaminazione dei generatori di vapore dei circuiti, riducendo 100 volte i livelli di contaminazione. Al fine di valutare lo stato radiologico, la SOGIN effettuò campionamenti e rimosse l’amianto dalle tubazioni. La conferma di assenza di alti livelli di radiazione ha permesso un lavoro efficiente, e di iniziare smantellamenti di importanti zone della centrale. La Società è infatti  impegnata nello smantellamento del reattore, mentre è in ritardo per l’adeguamento dei depositi temporanei.

Nel 2018 l’Italia ha ospitato un team di sei esperti, provenienti da Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Stati Uniti d’America, nonché due membri della stessa AIEA per la revisiona integrata sulle attività di decomissioning. È stata il seguito di una seconda missione ARTEMIS (un servizio integrato di revisione di esperti per i rifiuti radioattivi e i programmi di gestione, smantellamento e bonifica dei combustibili) condotta nel 2017 sui piani della SOGIN. La AIEA ha dichiarato che l’Italia sta operando in maniera sicura ed efficace. Un’approvazione a cui però non sono mancate importanti raccomandazioni, il cui rispetto incrementerebbe di 400 milioni il budget per il 2035. Tra le buone pratiche compaiono:

  1. Trasparenza dei costi e delle stime;
  2. Uso efficiente ed efficace delle tecnologie;

Entro il 2019 si prevede di lavorare sulle ex centrali di Garigliano e di Trino per mezzo di robot.

A trent’anni dal referendum la situazione è ancora tragica. Al quantitativo dei rifiuti già esistenti si andranno a sommare i rifiuti provenienti dallo smantellamento delle installazioni nucleari, che, in assenza di un deposito nazionale, continueranno ad essere stoccati negli stessi siti. Rifiuti stimati in circa 50.000 m’’’, prevalentemente di categoria III, quota a cui vanno aggiunti i rifiuti che torneranno a breve in Italia dall’Inghilterra. Come ultima sollecitazione fatta dal team della missione Artemis, si invitano tutte le parti italiane interessate ad impegnarsi nell’assegnare massima priorità all’ubicazione e al completamento del deposito nazionale entro il 2025.

Quest’ultimo sarà oggetto di trattazione di questa sezione: la realizzazione del deposito nazionale per le scorie nucleari. La questione sarebbe dovuta sorgere anni fa, per essere pignoli, quando avvenne la realizzazione della prima centrale nucleare e per anni non è stata più tirata fuori. Finora, i rifiuti radioattivi sono custoditi in depositi temporanei, col fine di consentire una gestione in sicurezza (provenienti dal pregresso esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle attività nel campo sanitario, industriale e della ricerca). Nel 2003, ad esempio, su decreto ministeriale, venne designato come futuro deposito quello di Scanzano Jonico. Il sito minerario avrebbe dovuto ospitare ben 60 mila metri cubi di rifiuti.

Ma l’azione fallì, in seguito ai noti “giorni di Scanzano” (13-27 novembre 2003), che portarono alla cancellazione del suddetto decreto. Il rapporto finale della missione sarà fornito a SOGIN tra circa due mesi. Un comportamento che non ha permesso perciò la denuclearizzazione dei siti, dove tutt’ora vengono allocate la maggior parte delle scorie. I rifiuti a maggior contenuto di radioattività vengono infatti ancora stoccati in Piemonte, presso l’impianto EUREX a Saluggia. Ma nel 2025 l’Italia dovrà farsi carico dei rifiuti radioattivi spediti dall’ENEL in Inghilterra. La questione torna a galla con l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), che è intenta a realizzare un sito ad hoc, dagli alti livelli di sicurezza. Ipotesi subordinata alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) da parte della SOGIN, che sarà approvata dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Centrale nucleare Quantità di rifiuti radioattivi presenti (2018)
Centrale nucleare di Caorso 2365 mc
Centrale nucleare del Garigliano 2965 mc
Centrale nucleare di Borgo Sabotino 1756 mc
Centrale nucleare di Trino 1111 mc

FONTI

 

ARPA Rivista n. 3 maggio-giugno 2007

Decreto Legge n.314 del 14 novembre 2003 (decreto “Scanzano”)

Decreto Legislativo n.79/1999

Decreto Legislativo  n.3/2010

Decreto Legislativo n.31 del 2010

Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45 recepente la direttiva europea 2011/70/EURATOM

Direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio del 19 luglio 2011

COLELLA, Energia nucleare ed emergenze ambientali. Profili comparativi tra Italia e Francia,  pp. 36- 78,

CONTI, Il nucleare in Italia: Consenso e governance per il progetto di interesse nazionale, in Aspen Italia, Milano 2010

FAIELLA,LAVECCHIA, Costi e benefici del rilancio dell’energia nucleare in Italia, in Questioni di Economia e Finanza, 2012

GILIBERTO, Nucleare, ecco la mappa delle scorie stoccate in Italia, in IL SOLE 24 ORE, 2019

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/iaea-mission-says-italy-making-progress-towards-safe-dismantling-of-nuclear-power-reactors

https://www.sogin.it/it/grupposogin/chisiamo/Pagine/default.aspx

IAEA, Nuclear Technology Review 2019

LEGAMBIENTE, I costi nascosti del nucleare, in Astrid, 2008

PEPE, Energia nucleare, ambiente e democrazia: Italia e Francia a confronto, in Federalismi.it, Napoli, 2019

Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi elaborato ai sensi del Decreto Legislativo n.45/2014 di recepimento della Direttiva europea n. 2011/70/ EUORATOM

RANCI, Il nucleare nel mix delle fonti energetiche: gli effetti sull’economia, in Astrid

Risoluzione del Comitato delle Regioni n. 251 del 1998

TERNA, Bilancio Elettrico 2018

 

 

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