Harry Potter

Harry Potter: registi, film e difficoltà di trasposizione (3° parte)

Harry Potter e i doni della morte ha rivoluzionato la storia del cinema. Non parliamo di un capolavoro stilistico o di una pellicola memorabile dal punto di vista cinematografico. Parliamo della prima occasione in cui l’ultimo capitolo di una saga è stato suddiviso in due parti. Una manovra di marketing senza precedenti che, negli anni successivi, ha dato il via ad una spirale di emulazioni.

Un libro, due film. Due pellicole che hanno segnato diverse generazioni di fans e che rappresentano la chiusura di uno dei fenomeni cinematografici di maggior portata di sempre.

Harry Potter e i doni della morte – Prima parte

Se Harry Potter e il Principe Mezzosangue aveva rappresentato una grossa delusione sotto molti punti di vista, la prima parte del settimo capitolo è certamente un’opera meglio riuscita anche se non esente da difetti. David Yates, almeno in questa prima parte, riesce a gestire la materia con un certo equilibrio e a dedicare il giusto spazio a buona parte degli elementi più importanti. Tra i meriti del regista annoveriamo il recupero del personaggio di Dobby, dimenticato nelle pellicole precedenti ma fondamentale ne I doni della morte. Ben gestita è la scena iniziale dei 7 Potter, con un Daniel Radcliffe in forma smagliante costretto a recitare anche le parti dei suoi storici colleghi. Convincente è anche la resa animata della storia dei doni della morte, scelta particolarmente azzeccata dal punto di vista tecnico e narrativo.

Amicizia, gioia e dolore

Luce Harry Potter - Immagini gratis su Pixabay

Due sono però i momenti che meritano una speciale menzione. Il primo è pura invenzione del regista e inquadra Harry ed Hermione danzare sulle dolci note di “O Children” di Nick Cave. Un momento di grande intensità che simboleggia la purezza dell’amicizia e ne risalta l’importanza. Uno dei rari attimi di spensieratezza che attraversano un film cupo e un’atmosfera di vane speranze. La dimostrazione ultima dello speciale rapporto di intimità che lega i due ragazzi.

A fare da contraltare emotivo è invece una delle sequenze finali della pellicola. La spiacevole “visita” a Villa Malfoy è infatti caratterizzata da molti elementi interessanti. Da segnalare la parabola discendente di Draco, ormai confuso e impaurito da un ambiente di malvagità che non gli appartiene. Così come atroce è la tortura di Bellatrix ai danni di Hermione, con l’incisione sanguinaria “Nata Babbana” che rievoca con forza il numero tatuato sulle braccia dei deportati nei campi di concentramento. Un’intensità drammatica che, all’interno della prima parte, raggiunge il suo punto più alto nella sequenza che accompagna la scomparsa di Dobby. Una pugnalata. Uno squarcio nel cuore degli spettatori. Il momento in cui il coraggioso elfo esala l’ultimo respiro, congedandosi dal mondo con un saluto al suo unico e vero amico Harry.

Dudley e Lupin

La pellicola, come accennato, rispetta a grandi linee le tempistiche del libro e, al di là di alcune piccole modifiche, sono effettivamente pochi i tagli significativi. Ancora una volta a risentire delle “forbici” del comparto tecnico sono le sequenze iniziali che, in questo caso, tralasciano il congedo dei Dursley. Certo non una sequenza fondamentale ai fini della trama, ma particolarmente intensa da un punto di vista psicologico. Il saluto che Dudley rivolge al cugino prima di andarsene è inaspettato e rivela ai lettori la crescita importante di un personaggio che avevamo imparato a mal sopportare.

Allo stesso modo pesano i tagli esercitati sul personaggio di Lupin. Nulla viene detto, se non un piccolo accenno, sul figlio che l’ex professore aspetta da Tonks. Nulla viene riferito del litigio tra lui ed Harry in Grimmauld Place, quando Lupin si offre di aiutare il Golden trio nella ricerca degli horcrux. Un momento carico di tensione, uno scontro vero e proprio che da un lato addolora i lettori, ma dall’altro riesce a fare emergere con efficacia la maturità di Harry, non più studente, ma finalmente uomo.

Harry Potter e i doni della morte – Seconda parte

La seconda parte del capitolo finale della saga rappresenta un grosso punto di domanda. La pellicola è un enorme giostra che alterna sequenze memorabili a scelte a dir poco inspiegabili.

Always

La fuga dalla Gringott, lo scontro tra la McGranitt e Piton, l’ormai celebre “Piertotum Locomotor” con cui Hogwarts si prepara alla battaglia, la rievocazione dei parenti e amici defunti di Harry tramite la pietra della resurrezione. Momenti da brividi caratterizzati da una progressiva crescita del carattere epico, sottolineata dalle musiche di un grande Alexandre Desplat, degno erede del gigante John Williams. Una epicità che raggiunge il suo culmine nella sequenza del Pensatoio. Il momento della verità, il momento delle lacrime. La vera storia del Principe Mezzosangue, del suo coraggio, del suo amore impossibile per Lily Potter. La vera storia di un uomo disperato, attaccato al ricordo di un amore-dolore che trova ancora viva forza nella cerva d’argento. La fedeltà di un uomo incastonata nella singolarità di una parola eterna.

Scelte assurde lontane dai libri

Di fronte alla capacità di elaborare sequenze  indelebili per la mente e il cuore degli spettatori, è davvero faticoso trovare un senso a numerose altre scelte del regista, inevitabili punti a sfavore nel giudizio del film.
Parliamo della scomparsa di Fred, il cui anonimo cadavere non rende giustizia alla drammaticità di una delle pagine più sconvolgenti dell’opera su carta. Parliamo del duello finale, in cui Harry e Voldemort sono inspiegabilmente soli, quasi che l’esito dello scontro sia di scarsa importanza per il mondo magico. Pensiamo alla esplosione di Bellatrix o alla scomparsa del Signore Oscuro in coriandoli, che vanificano la riflessione della Rowling sul carattere livellatore della morte. E ancora assurda è la decisione di Harry di spezzare la bacchetta di Sambuco anziché riporla nella tomba marmorea del preside.

Che fine ha fatto Albus Silente?

Imperdonabile è infine il taglio che coinvolge il dialogo tra Silente e il prescelto in quella sorta di limbo tra la vita e la morte. Il capitolo del volume letterario è fondamentale per comprendere non solo le motivazioni della “non-morte” del protagonista, ma è occasione fondamentale di approfondimento sulla storia di Silente. Già tralasciata nella prima parte, Yates, con questa pellicola, infligge il colpo di grazia a quella che è probabilmente la pagina più profonda, drammatica e significativa dell’intera saga. Nulla viene riferito sull’adolescenza del futuro preside, della sua famiglia, della sua amicizia con il mago oscuro Grindelwald, dei suoi piani di potere, del senso di colpa per la sorella Ariana, delle sue lacrime.

Nulla viene detto di una fragilità che appare inaspettata e spiazzante, tanto per Harry quanto per noi. Una mancanza di rispetto. Una mancanza di rispetto nei confronti della saga e di uno dei suoi comprimari più importanti. Una mancanza di rispetto che, a fronte della divisione del capitolo in due pellicole, non è francamente accettabile e che, ancora oggi, i milioni di lettori di Harry Potter non vogliono e non possono perdonare.

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