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“Beautiful Boy”, alla ricerca del “perché” di una dipendenza

In Beautiful Boy il protagonista è Nicolas Sheff, un ragazzo di 18 anni alto poco più di un metro e ottanta che pesa all’incirca cinquantotto chili. Ha i capelli castani lunghi fino alle spalle e gli occhi verdi. È questa la descrizione che fa il padre, all’inizio del film, alla polizia, perché lui è scomparso da due giorni.

Nic ama leggere e scrivere, prossimo al college, è la gioia di papà ma tra l’essere e il fare si mette in mezzo la dipendenza, in particolare la metanfetamina Crystal meth. Quando ne fa uso si sente vivo, audace, fuori da quella stupida realtà che lo incatena. Nic ne diviene dipendente, entra in una casa di recupero, si pulisce, ci ricasca, e David, il padre, non sa più come salvarlo. Quello che era il rapporto padre-figlio più bello, forte e consolidato, viene messo a dura prova dalla droga.

La stella nascente Timothée Chalamet, il ragazzino statunitense classe 1995 che a dispetto della sua fisicità mingherlina ha comunque dimostrato di poter fare qualsiasi cosa. Da Chiamami col tuo nome in poi, incarna il beautiful boy di Luke Davies e Felix van Groeningen, mentre Steve Carell veste i panni del padre David Sheef.

Ispiratisi alla storia vera di Nick Sheef, il film è tratto dal libro Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction scritto dal padre. Uscito nelle sale italiane il 13 giugno 2018, attualmente disponibile nella piattaforma streaming di Amazon Prime Video.

Close your eyes, have no fear. The monster’s gone, he’s on the run and your daddy’s here.

Cantava John Lennon, e, in effetti, è proprio così. La madre è lontana ma il padre è sempre lì, a cercare di aiutare il figlio nel migliore dei modi, ad accoglierlo dopo ogni fuga e a offrirgli conforto. 

Figlio di un giornalista benestante, cresciuto in una bella casa, con libri, musica e una stanza tutta per sé a disposizione. Non si riesce a comprendere il motivo per il quale Nic senta il bisogno inarrestabile di ricorrere alla droga. Tutti cercano di aiutarlo, anche i figli avuti dal padre con la nuova moglie Karen, con forza e amore inasauribili. Ma, alla fine, Nic cercherà rifugio nella madre. Lei cercherà di dargli una nuova vita, altri incontri con ex tossici.

Un film fatto di flashback, foto e ricordi del passato, come se David cercasse di capire dove ha sbagliato come padre, dove è scoppiata la miccia e quando avrebbe dovuto capirlo.

Nel mio primo gruppo uno psicologo mi ha chiesto perché ero qui, qual era il mio tipo di problema.

“Sono un tossicodipendente e un alcolista”, gli ho risposto.

Lui ha scosso la testa. “No”, ha detto, “questo è come hai curato il tuo problema. Qual è il tuo problema? Perché sei qui?”

Il film racconta il dolore di una famiglia, ma soprattutto il dolore di un padre, distrutto dai sensi di colpa, che vede il proprio figlio prodigio spegnersi, annullarsi, perdersi nel maledetto tunnel della droga. Il “perchè” viene inseguito per tutto il film, ma non si trova mai una vera risposta. A volte un vero “perchè” non c’è, o meglio non c’è una risposta. Un film che non prova a farvi male, vi farà del male proprio trascinando lo spettatore tra momenti fragili e disperati a momenti quotidiani e delicati, tra dolore e speranza, tra amore e solitudine. 

Consigliato a tutti i millennials di oggi, Beautiful Boy racconta il commovente rapporto tra un padre e un figlio che non riescono a spiegarsi il “perché” della dipendenza del ragazzo. Una dipendenza da cui riescono a uscire, dopo tante fatiche e rinunce, proprio grazie al loro legame. Perchè l’amore tra un padre e un figlio è più forte del dolore, più forte della morte, più di tutto. 

Lo sai quanto bene ti voglio? Se prendi tutte le parole del dizionario non bastano per dire quanto bene ti voglio. E se le metti tutte insieme non puoi descrivere quello che provo per te. Quello che provo per te è più di tutto. Ti voglio bene più di tutto.

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