Smart working: cos’è e perché se ne sente parlare sempre di più?

Alla fine del ventesimo secolo Frances Cairncross dichiarava che:

Il crollo in atto del prezzo delle comunicazioni inciderà sulla scelta del luogo in cui vivere e lavorare. La demarcazione tra casa e lavoro verrà ad attenuarsi.

In parte oggi ciò è accaduto: il costo per la trasmissione delle informazioni si è ridotto, non solo grazie all’introduzione di Internet, ma anche per la diminuzione del costo delle chiamate telefoniche e il maggiore uso delle reti mobili. Questi fattori hanno poi avuto un importante impatto sulla società, non solo nel campo della comunicazione, del marketing, della formazione, ma anche nel sistema lavorativo. Il mondo del lavoro, influenzato dalle continue innovazioni tecnologiche, sta vivendo una reale trasformazione.

Nell’epoca attuale, la digitalizzazione condiziona realmente la nostra quotidianità. In questo contesto sembra evidente che, come la rivoluzione industriale trasformò il sistema di fabbrica, ora al contrario ci stiamo allontanando da quegli ambienti, superando l’era fordista e creando nuove forme occupazionali collegate da reti virtuali. È la cosiddetta società post-industriale.

smart working

L’evoluzione degli strumenti tecnologici sta cambiando drasticamente i processi lavorativi, portando alla diffusione dello Smart Working:

Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

(Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano)

Tuttavia, ricercare una definizione di smart working che sia accettata da tutti è difficile. Si pensi semplicemente alle molteplici sfumature di cui si colora il termine. Rob Jansen lo definisce come “libertà”, perché dà la possibilità di poter decidere dove, come e con chi svolgere le proprie attività lavorative. Un lavoratore che operi in autonomia ma responsabilmente, per raggiungere la maggiore efficienza possibile. Tuttavia, credere che lo smart working nasca solo ora è inesatto. Sebbene il suo valore si stia affermando proprio in questi mesi, il “lavoro agile” è nato alla fine del ventesimo secolo.

Già allora, infatti, in America si calcolavano circa undici milioni di telelavoratori; nel 1999 erano già di più: da 19,6 milioni (non su base quotidiana), fino ad arrivare a 21,4 milioni di lavoratori autonomi a casa. Sempre negli anni Novanta in Olanda, la Interpolis, azienda leader nel flexible work, inizia a gestire le sue attività secondo i principi dello smart working. Tuttavia, all’epoca, il 75% dei suoi progetti fallisce. Questo fallimento è stato associato alla mancanza di strumenti adatti e di fiducia da parte del management sull’importanza del capitale umano. Diventa necessario un totale coinvolgimento del CEO perché lo smart working funzioni davvero.

Ora la situazione è molto differente. Le tecnologie, fondamentali per un lavoro agile, sono cambiate e avanzate. I sistemi di condivisione sono più sofisticati; si pensi al fatto che nel 2018 si contavano 4021 miliardi di utenti internet e 5135 miliardi di utenti mobile attivi. Un avanzamento che ha portato a un “mental shift” e a un rinnovamento dell’idea tradizionale di ufficio.

Prospettive future?

La vera rivoluzione sarà l’affermazione dell’ufficio digitale. L’utilizzo dei dispositivi mobili sarà fondamentale in questa evoluzione. Si pensi semplicemente al numero di volte che si controlla la propria mail in una giornata, anche una volta usciti dall’ufficio. La possibilità di organizzare autonomamente la propria routine lavorativa non solo veicola un senso di indipendenza, ma coincide con una maggior soddisfazione ed efficienza. Non stupisce perciò che il lavoro agile si fondi su cinque principi  enunciati dallo Smartworking Handbook (Lake, 2015):

  1. Fiducia;
  2. Autonomia sul lavoro, favorendo un maggiore coinvolgimento dei dipendenti a tutti i livelli aziendali;
  3. Flessibilità;
  4. Collaborazione;
  5. Comunicazione.

Negli ultimi venti anni sono stati ampiamente sperimentati i benefici che derivano dalla collaborazione e dalla condivisione trasparente del lavoro. Tutto ciò ha portato alla creazione di una vera e propria intelligenza collettiva. Importando in un’azienda questi valori, la prospettiva dello smart working diviene possibile da realizzare.

Al contrario, meccanismi arcaici di gestione del lavoro ancorati a una visione gerarchica e poco consapevole del network impediscono un reale impegno dei dipendenti. Affinché si instauri una connessione tra lavoratori un ruolo fondamentale è quello del Manager. Nell’ottica del lavoro agile il Manager diventa un coach a cui vengono richieste nuove competenze, una chiara visione degli obiettivi e la conoscenza personale del team di lavoro.

In un ambiente di lavoro agile il singolo lavoratore non si concentra più sul dove, ma solo sulla definizione degli obiettivi e sul loro raggiungimento, indipendentemente dalla postazione fisica dove essi sono svolti.

Le informazioni non solo devono essere digitali, ma costantemente condivise tra i membri del team. Qui si afferma l’importanza delle nuove tecnologie di condivisione e delle piattaforme. La tecnologia permette la connessione tra i colleghi, pur non sostituendo il contatto umano.

Un ultimo passo per un’innovazione gestionale che permetta una maggiore work-life balance dei lavoratori è la riorganizzazione degli spazi aziendali: il lavoratore deve poter scegliere se lavorare a casa, in spazi di co-working, oppure in ufficio. Tra il  2015 e il 2016 si è affermato un incremento di iniziative di questo genere, seppur concentrato nelle grandi organizzazioni. È importante notare come ci sia un’ampia percentuale di piccole e medie imprese dove la diffusione di queste nuove modalità e l’interesse sono assenti. A livello geografico, gli olandesi sono i più propensi (13,7%), seguiti dai finlandesi (12,3%). L’Italia, con il 3,5%, è invece sotto la media europea.

Uno dei più grandi casi italiani è BMW Italia, che vanta uno dei record: il 18% dei propri dipendenti è uno smart worker. Anche Barilla ha investito molto nel cosiddetto Human Capital Organization Development and People Care Director, ancora in fase di sviluppo, al fine di renderlo riproducibile in tutte le sedi.

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Ora, al tempo della pandemia, questa nuova opzione sembra più reale che mai. Il numero di lavoratori che aderisce ai programmi di lavoro da remoto è in continuo aumento. Tuttavia, c’è da chiedersi se quanto stia succedendo possa avere degli effetti nel futuro prossimo. Continueremo a lavorare due giorni alla settimana da casa, o è stata solo una parentesi della quarantena?


 

FONTI

Chiaro, G., Prati, G., & Zocca, M. (2015). Smart working: dal lavoro flessibile al lavoro agile. Sociologia del lavoro.

Mokir, J., & doni di Atena, I. Le origini storiche dell’economia della conoscenza, il MULINO.

“The Smart Working Book”, Hartog-Solimene-Tufani, Seedble 2015.

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