La storia di Silvia Romano: dalla prigionia alla libertà

Silvia Romano è una ragazza milanese che già a ventitré anni ha vissuto una delle esperienze peggiori che un essere umano possa mai sperimentare: essere tenuta prigioniera da gruppi terroristici islamici, più precisamente da Al-Shabaab. Una prigionia durata dal 2018 al 2020, quindi quasi due lunghi anni, fino a quando i servizi di intelligence italiani sono riusciti a riportarla tra le braccia della sua famiglia, il 9 maggio. Ora Silvia ha venticinque anni, un passato di sofferenza alle spalle che l’ha portata a convertirsi allislam e a cambiare nome: adesso si chiama Aisha.

Ma cos’è successo precisamente?

La laurea e il sogno realizzato:

Nel febbraio del 2018, Silvia si è laureata in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale, con una tesi sulla tratta di esseri umani. Da ciò si può capire molto del suo carattere: una ragazza generosa e pronta ad aiutare i più deboli.

Inoltre, Silvia in quegli anni lavorava nella palestra Pro Patria 1883 di Milano e successivamente alla Zero Gravityha insegnato ginnastica artistica e acrobatica a gruppi di bambine e amava il suo lavoro. Il suo sogno era però tornare in Africa: nell’ agosto del 2017 aveva infatti svolto un’esperienza di volontariato con la onlus Orphan’s Dreams, aiutando i bambini orfani della contea di Kilifi, vicino a Malindi, in Kenya. Il suo impegno verso i più deboli non si era però fermato lì, nello stesso anno aveva infatti lanciato una raccolta fondi per ampliare la struttura che ospitava i bambini orfani; è riuscita così ad accogliere anche molti altri bambini che vivevano nella discarica di Mombasa, in condizioni estreme.

Nel 2018 voleva tornare in quel paese che le aveva donato tanto amore ed emozioni forti: aiutare gli altri la rendeva felice. Così è partita di nuovo per il Kenya ma questa volta con la onlus Africa MieleHa prestato aiuto nel villaggio di Chakama, sempre nella contea di Kilifi, fino al 20 novembre del 2018 quando il gruppo di jihadisti somali di Al-Shabaab irruppe nel villaggio e la rapì brutalmente.

Gli anni di prigionia:

Dal 20 novembre del 2018 è iniziato l’inferno per Silvia Romano e per i suoi familiari in Italia, che nel frattempo ricevevano la brutta notizia. Sono stati due anni lunghi e impregnati di sofferenze; il pensiero dell’eventuale morte della giovane era sempre presente sia nei suoi familiari sia tra l’opinione pubblica. I servizi di intelligence italiani però non l’hanno mai abbandonata e hanno lavorato duramente per cercare di riportarla a casa.

Al-Shabaab, il gruppo terroristico somalo affiliato ad Al-Quaeda, l’aveva rapita con uno obiettivo ben preciso: volevano ottenere un riscatto economico per finanziare i loro atti di terrore. La loro modalità è purtroppo ben conosciuta ai servizi segreti italiani; non è infatti la prima volta che rapiscono un cittadino italiano per ottenere un compenso, solo nel 2019 era già successo con Luca Tacchetto, Alessandro Sandrini e Sergio Zanotti.

Le informazioni dei suoi anni di prigionia sono comunque poco chiare all’opinione pubblica. Si sa però che la ragazza dal momento in cui è stata rapita ha affrontato un lungo viaggio durato molte settimane, con alcune strade percorse in moto e altre a piedi, sempre bendata, fino a raggiungere la Somalia. Ha cambiato molte volte abitazione, e in tutto questo tempo non ha mai saputo dove si trovava e non ha mai visto in volto i suoi carcerieri.

Inoltre, sembrerebbe che Silvia non abbia mai subito violenze, quantomeno fisicheDi certo però quest’esperienza l’ha segnata profondamente.

La liberazione e il ritorno a casa:

Nell’estate del 2019, il gruppo di Al-Shabaab ha contattato i servizi di intelligence italiani: da quel momento è iniziata la trattativa per riuscire a far tornare a casa Silvia Romano. Nel Gennaio 2020 invece, i terroristi hanno mandato all’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) e ai servizi segreti italiani un video in cui la giovane confermava di stare bene.

Così da gennaio è iniziata la negoziazione con il gruppo terrorista, insieme all’aiuto della polizia locale della Somalia e ai servizi segreti turchi, i quali hanno un rapporto molto solido con il territorio.

L‘8 maggio Silvia è stata liberata tramite un riscatto, probabilmente che va dai 2 a 4 milioni secondo le indiscrezioni. Queste le sue prime parole:

Sono stata forte e ho resistito. Sto bene e non vedo l’ora di tornare in Italia.

Il 9 maggio è finalmente atterrata in Italia. Ad aspettarla all’aeroporto di Ciampino (Roma) c’erano i suoi genitori, sua sorella, il presidente Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. L’incontro è stato emozionante, tra lacrime e gioia per una figlia e una sorella ritrovata.

I pm della procura di Roma hanno poi ascoltato la giovane in presenza di una psicologa e hanno avviato un’indagine per rapimento a scopo terroristico.

L’odio dei leoni da tastiera e la gioia del suo quartiere:

Silvia è apparsa con un sorriso che esprimeva resilienza e coraggio, voglia di riprendersi in mano la propria vita, felicità nel ritrovare la sua famiglia e soprattutto amore.

I leoni da tastiera però non si sono fermati al suo volto sorridente, ma hanno visto il suo vestito islamico, un jilbab verde, simbolo del Paradiso nella cultura islamica, scatenando polemiche soprattutto sulla sua conversione, come se sapessero realmente tutto quello che ha passato e potessero così giudicarla.

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Il presidente Giuseppe Conte ha voluto esprimere la propria opinione a riguardo:

Chiunque abbia da speculare su Silvia Romano dovrebbe trovarsi a 23 anni rapito in Kenya, essere trasportati nella foresta bendati, passati in quattro rifugi consecutivi con guardiani armati. Dopo il ritorno potremo ascoltare e verificare tutte le conseguenze del caso.

I suoi haters hanno dimostrato mancanza di empatia, con commenti discriminatori e razzisti per una giovane che ha subito sofferenze per due lunghi anni. Non resteranno però impuniti: la procura di Milano ha avviato un indagine contro ignoti per minacce online.

Silvia è una donna libera e adesso vuole solo pensare a stare con la sua famiglia:

A tutti gli amici e le amiche che mi sono stati vicini con il cuore in questo lungo tempo: grazie, grazie, grazie. Grazie anche a chi non era un amico, ma un conoscente o uno sconosciuto e mi ha dedicato un pensiero. A tutti coloro che hanno supportato i miei genitori e mia sorella in modo così speciale e inaspettato: scoprire quanto affetto gli avete dimostrato per me è stato ed è solo motivo di gioia, sono stati forti anche grazie a voi e io sono immensamente grata per questo. Non vedevo l’ora di scendere da quell’aereo perché per me contava solo riabbracciare le persone più importanti della mia vita, sentire ancora il loro calore e dirgli quanto le amassi, nonostante il mio vestito. Sentivo che loro e voi avreste guardato il mio sorriso e avreste gioito insieme a me perché, alla fine, io sono viva e sono qui. […] Vi chiedo di non arrabbiarvi per difendermi, il peggio per me è passato […].

Se da una parte gli insulti degli haters hanno continuato a dilagare sui principali social networks, la gioia del quartiere di Silvia, in via Casoretto a Milano, è esplosa appena ricevuta la notizia del suo atterraggio in Italia: le campane della chiesa suonavano a festa e gli abitanti sono tutti usciti nei balconi per festeggiare il suo ritorno sulle note di Viva la Libertà di Jovanotti, Eccoti di Max Pezzali e Oh Happy Day di Edwin Hawkin Singers.

Silvia è finalmente a casa e la sua gioia e della sua famiglia è incontenibile, questa è adesso l’unica cosa importante.

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