Sport e stile. Classe o snobismo?

Se devi fare una cosa, falla con stile.

Freddie Mercury

La maggioranza delle persone appassionate di stile, o come minimo attente al proprio aspetto, inorridirebbero all’idea di indossare dei vestiti sportivi al di fuori delle attività ginniche. Certo molte top model del calibro di Gigi Hadid e Kendall Jenner non esitano a presentarsi a eventi ufficiali con leggings, bomber e Balenciaga. Ma è evidente che il mondo della moda e quello dello stile siano ormai due linee parallele. Quindi mostrarsi in pantaloni di felpa e mostruose chunky sneakers continua a non essere propriamente di classe. 

Ne consegue che sport ed eleganza abbiano ben poco in comune. Sembra la conclusione più ovvia, ma è errata.
Lo sport è legato allo stile da molto tempo. Prima che microfibre e colori fluo facessero la loro comparsa l’abbigliamento sportivo era elegante quanto un completo di tweed.
Basti l’esempio di tre case di moda che allo sport devono tutto.

La prima non poteva che essere Lacoste. Fondata nel 1933 dal grande tennista francese René Lacoste, nasce dalla necessità di creare un indumento comodo per giocare a tennis. A quel tempo sul campo si andava in camicia e per avere più mobilità si arrotolavano le maniche. Senza dubbio elegante, ma poco funzionale. Ecco dunque che René si inventa un ibrido tra camicia e maglietta a maniche corte, allora considerata esclusivamente biancheria intima, la “polo”. 

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L’interesse del marchio per il tennis non si esaurisce con questa invenzione, per quanto fondamentale. Basti pensare ai meravigliosi abiti da tennis degli anni Settanta e Ottanta, in Petit Piqué bianco con dettagli rossi e blu. Ancora oggi la sezione sportswear di Lacoste è molto fornita, anche se i tessuti traspiranti hanno preso il posto del Piqué. 

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Se Lacoste ha iniziato come abbigliamento sportivo, Hermès nasce come selleria e azienda per finimenti per cavalli. La storia dell’azienda, iniziata nel 1837, ha una svolta negli anni Venti, quando  Emile-Maurice Hermès, nipote del fondatore, si lancia nella produzione di capi in pelle di daino. Nel 1927 esce la prima collezione di gioielli, ispirata al mondo dell’equitazione.

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Con gli anni l’azienda si è aperta alla produzione di vestiti, borse e gioielli di lusso ben lontani dall’ambito sportivo. Non ha però dimenticato le sue origini. Hermès produce ancora articoli per equitazione, dall’abbigliamento ai finimenti. Giacche e camicie da concorso, gilet imbottiti e meravigliosi frac da dressage si accompagnano a coperte sottosella, redini e briglie. Non mancano ovviamente le selle, da dressage, cross o salto a ostacoli, tutte rigorosamente su misura, in pelle e realizzate da abilissimi artigiani.
La qualità è incommensurabile, il prezzo altrettanto. 

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Non si può non citare Ralph Lauren. A onor del vero la sua origine non ha niente a che fare con lo sport, dato che nasce nel 1968 con una linea di cravatte. Ma ha subito attinto alla cultura collegiale della Ivy League, in particolare alle uniformi dei club sportivi delle università private. Nel 1972 adotta il celebre logo con il giocatore di polo a cavallo e da quel momento in poi diventa sinonimo di abbigliamento “preppy”, sportivo ed elegante allo stesso tempo. Le maglie da cricket e i cardigan in cashmere sembrano uscite direttamente dai costumi di scena de “L’attimo fuggente”. 

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L’amore di Ralph Lauren per le università d’élite non poteva non portarlo all’adorazione della cultura britannica, specialmente di istituzioni come Oxford e Cambridge. Non è quindi una sorpresa che dal 2006 lo stilista sia l’Offical Outfitter del Torneo di Wimbledon. È stato lui a cambiare il colore delle divise di arbitri e raccattapalle, da verde e viola a blu navy. 

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Gli sport legati a questi marchi hanno una cosa in comune: l’esclusività. Attualmente poco cambia tra giocare a tennis o a calcio, ma un tempo la differenza c’era eccome.
Tennis, polo, golf ed equitazione sono nati come sport dell’élite, prima dell’aristocrazia e poi dell’alta borghesia. Erano sport costosi. Tutti avevano una bicicletta, pochissimi un cavallo. Per giocare a calcio bastava un prato, ma per giocare a tennis era necessario affittare un campo.
E per distinguersi ulteriormente si adottavano delle uniformi di pregio e degli accessori di grande fattura. 

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Nel mondo anglosassone il mito delle università private e dell’upper class esercita tuttora una certa presa. Se uno sport non definisce più l’appartenenza ad un determinato stato sociale, l’abbigliamento da esso derivato in un certo senso lo fa.
Vestiti sportivi alla Ralph Lauren rimandano subito alle nozioni di preppy e posh, termini rispettivamente americano e inglese per definire qualcosa di caratteristico dell’high society. 

Lo sport non deve essere elitario e certamente la comodità e la funzionalità sono più importanti dello stile. Ma sembra quantomeno ipocrita tacciare di snobismo chi preferisce un abbigliamento sportivo classico ed elegante, salvo poi inneggiare all’abbigliamento casual e spendere più di 800€ per un paio di pantaloni da tuta di Balenciaga. 


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