2030

“2030”: la curiosa profezia degli Articolo 31

I mesi che stiamo vivendo passeranno sicuramente alla storia. I nostri nipoti ci chiederanno di raccontare probabilmente le sensazioni che abbiamo vissuto durante le noiose giornate di quarantena, ed è proprio durante queste giornate che ci si rende conto, forse per la prima volta, del significato di certe canzoni. 2030 è stata un’illuminazione. Molti paragonano la pandemia del Coronavirus a una guerra contro un nemico invisibile: non sappiamo dire se sia un paragone azzeccato, ma sicuramente sono vivi in noi i sentimenti di impotenza e solitudine. Ci sentiamo soffocare.

L’eredità degli Articolo 31

A tutti sarà capitato di piangere con Domani, di maledire qualcuno con Fuck You, di ballare con Domani Smetto. Gli Articolo 31 hanno accompagnato una generazione con i loro album, sono cresciuti insieme ai Millenials, sperimentando e cambiando radicalmente durante gli anni. Ci hanno regalato, nei loro sedici anni di carriera, ben 9 album.

2030 o 2020?

Nella vastissima selezione musicale del duo troviamo anche una canzone che si chiama 2030, contenuta nell’album Così Com’è, uscito nel 1996. Questo pezzo sembra davvero una strana profezia, che però si è avverata dieci anni prima: siamo in uno scenario apocalittico, e nonostante non ci sia la business class sull’autobus, siamo molto vicini all’atmosfera che raccontano J-Ax e Dj Jad.

Corre l’anno 2030
E mi ritrovo che di anni quasi ne ho 60
Il mio pizzetto è grigio, e di capelli sono senza
E Ambra è il primo presidente donna.

Purtroppo non abbiamo ancora avuto un presidente donna, e per quanto il femminismo sia un movimento avviato e abbia fatto diverse piccole conquiste rispetto agli anni Novanta, abbiamo ancora bisogno delle quote rosa e lottiamo ogni giorno contro la disparità di genere. Non andiamo ancora in giro con la maschera antigas, ma ci siamo vicini. L’Italia non ha venduto il Colosseo alla Francia, ma probabilmente Venezia affonderà.

Aveva ragione J-Ax, quando diceva “ormai si parla solo tramite Internet”. Anche se bisogna ammettere che, durante questa pandemia, la connessione internet ci sta forse salvando dalla pazzia totale (anche se non mancano i classici pericoli del web, come la disinformazione). Si parla quindi dei social abbastanza positivamente, in quanto questo è l’unico modo per rimanere in contatto con chi amiamo, per sapere come stanno i nostri cari e per tenersi costantemente aggiornati sull’andamento del virus.

Ci sono delle barre però che sono spaventosamente simili alla realtà che stiamo vivendo, a maggio 2020.

L’inno nazionale suona tipo marcia funebre
Il sesso virtuale è più salubre in quanto che c’è
Un virus che si prende tramite il sudore
E in 90 ore si muore
L’HIV in confronto sembra un raffreddore
È un esperimento bellico sfuggito

E il risultato è che nessuno fa più l’amore.

Oggi, come mai prima, dobbiamo a stare a casa per cercare di arginare il più possibile ciò che ci ha portato alla “crisi più grave dal Dopoguerra (sotto ogni punto di vista), sperando di uscirne presto. Purtroppo, tra le tante cose piacevoli di cui siamo privati, ci sono anche quelle tristi, tra cui i funerali. Gli inni nazionali, che abbiamo sentito durante le prime settimane di quarantena fuori dalle nostre finestre, suonano sì come una dimostrazione di forza e unità, ma anche come un simbolo di vicinanza verso le persone che hanno perso un caro e non possono neanche piacere su una bara. Oppure, ancora, una sorta di omaggio nei confronti di chi se n’è andato solo in un letto di ospedale, senza la possibilità di salutare nessuno.

Fanno sorridere amaramente inoltre le ultime due barre: molte persone infatti pensano che il COVID-19 sia un esperimento creato in un laboratorio in Cina, anche se si è ampiamente verificato essere questa una fake news. È evidente che gli Articolo 31 toccano diversi temi, che sono però incredibilmente vicini a noi, metaforicamente e non.

E come sempre, la musica resta

Non sappiamo quando usciremo da questa situazione, ma soprattutto non sappiamo come ne usciremo. Saremo probabilmente delle persone diverse, speriamo più consapevoli di quello che abbiamo e  delle nostre azioni. Intanto, abbiamo anche noi tanta nostalgia degli anni Novanta, ma J-Ax su una cosa si sbagliava: la musica c’è ancora, e ci prende per mano come una mamma che accompagna un bambino davanti all’aula il primo giorno di scuola. La musica continua a farci compagnia specialmente in questi giorni tristi e ci aiuta, per quanto possibile, ad affrontare questo momento storico catapultandoci in altri luoghi, o in altre epoche come con 2030.

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