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Che fine ha fatto Abercrombie?

Una decina di anni fa i teenager italiani, per essere alla moda, dovevano possedere almeno un capo firmato Abercrombie o Hollister; generalmente erano t-shirt monocromatiche con il logo in evidenza. Nei diari delle ragazze più fortunate si trovava un souvenir proveniente dallo store milanese: una fotografia di gruppo, in compagnia di due ragazzi bellocci dal fisico scolpito. Questo trend è stato tanto intenso quanto breve: in pochi anni i ragazzi si sono gradualmente indirizzati verso altri brand. Ad oggi, rispetto al sentire comune, questi marchi appaiono come un lontano ricordo.

Nonostante in Italia Abercrombie abbia preso piede soltanto nel 2010, il brand è stato fondato più di un secolo fa; infatti David T. Abercrombie, un imprenditore statunitense, fondò la sua casa di moda nel 1892. Infatti, insieme all’avvocato Ezra Fitch, uno dei suoi clienti abituali, avviarono un’attività di fornitura di materiale ed abbigliamento sportivo. I due imprenditori però avevano delle visioni discordanti rispetto al loro progetto; per questo motivo Fitch assunse il comando dell’azienda, per venderla, durante la Grande Depressione, al cognato James Cobb. Nonostante nel 1976 il marchio fosse sull’orlo della bancarotta, la direzione decise di aprire il primo store in Madison Avenue, New York, sotto il nome di Abercrombie & Fitch.

Due anni dopo Jake Oshman acquisì l’impresa, rilanciandola sul mercato come marchio di abbigliamento di prestigio; lo rese ancora più popolare negli Stati Uniti, inaugurando altri tre negozi. Dopo aver decuplicato il suo valore, l’azienda venne ceduta alla The Limited, a cui appartenevano altri brand di successo. A partire dal 1992 la direzione del marchio è stata affidata a Michael Jeffries, il quale ha puntato tutto su un mercato particolarmente promettente: l’abbigliamento per teenagers. La produzione si è orientata verso minigonne, felpe e t-shirt dal taglio fresco e giovanile. Jeffries ha posto particolare attenzione anche sull’esperienza e sul servizio negli store fisici: redige Look book, una serie di requisiti che i selezionatori di personale dovevano verificare rispetto ai candidati. Gli addetti alle vendite dovevano possedere delle caratteristiche precise: assenza di tatuaggi ed orecchini, capelli lunghi e curati per le ragazze. Vietava barba e baffi agli uomini, che dovevano invece avere un fisico scolpito. In quegli anni è stata intrapresa una massiccia ricerca di personale, focalizzata nei campus universitari, selezionando ventenni prevalentemente caucasici ed attraenti. Dopo una prima selezione, seguivano due shooting: gli scatti venivano pubblicati sul sito e gli utenti votavano i loro preferiti.

Anche gli store erano curati nel minimo dettaglio; infatti l’arredamento riprendeva le tipiche abitazioni della California del sud, ricordando l’ambiente marittimo. L’atmosfera era particolare: luce soffusa, profumo appena spruzzato e musica stile anni Sessanta a tutto volume. Jeffries aveva stabilito degli standard molto precisi rispetto all’esposizione degli abiti. Ad esempio, si doveva lasciare un solo bottone slacciato se la camicetta veniva appesa, mentre due se veniva riposta sullo scaffale. Erano effettuate delle ispezioni periodiche per verificare che tutte le regole, e la timeline, fossero rispettate.

A&F approda sul mercato internazionale nel 2005 aprendo il primo store in Canada ed in seguito in diverse città europee, tra cui Milano. Dal giorno dell’inaugurazione, il negozio, posizionato all’interno del Quadrilatero, ha contato lunghissime code all’ingresso. Alcuni commessi, rigorosamente a torso nudo, si occupavano di intrattenere la clientela, rendendosi disponibili per delle fotografie di gruppo.

Nonostante questo periodo d’oro, in cui i marchi Abercrombie e Hollister avevano conquistato i teenager di tutta Italia, l’azienda nel 2012 ha iniziato un lento declino con un calo delle vendite, sia in Europa che negli Stati Uniti. Ma questo collasso non è stato casuale, ma il risultato di una serie di fattori concomitanti. A causa della crisi i giovani si sono orientati verso marchi di fast fashion più economici, come H&M e Forever 21; il gruppo A&F proponeva capi più costosi, risentendo così della situazione. Inoltre, l’approccio di Jeffries, l’amministratore delegato, ha attirato diverse critiche; la strategia comunicativa basata sull’atmosfera californiana da sogno, in un primo momento era stata la chiave vincente per il successo del brand, ma in seconda battuta era risultata obsoleta. Il mondo occidentale si stava muovendo verso una società più inclusiva, puntando sulla diversità, mentre Abercrombie proponeva al cliente una realtà esclusiva.

Lo stesso Jeffries a riguardo ha rilasciato una dichiarazione particolarmente problematica diventata poi virale:

Ecco perché assumiamo persone di attraenti nei nostri negozi. Le persone di bell’aspetto attraggono altre persone esteticamente piacevoli. (…) In ogni scuola ci sono i ragazzi “in” e popolari, e poi ce ne sono altri meno apprezzati. Candidamente, andiamo a cercare i ragazzi cool. Inseguiamo l’attraente ragazzino tutto americano con un atteggiamento piacente e molti amici. Molte persone non appartengono [al nostro mondo] e non possono farne parte. Siamo esclusivi? Assolutamente.

Nel 2014, sotto le pressioni degli investitori, Mike Jeffries si licenzia, lasciando le redini della direzione creativa a Katia Kuethe. Nonostante i tentativi di rilanciare il marchio, l’esperienza milanese di A&F si è conclusa il 14 dicembre 2019, dopo dieci anni di attività dello store. Al contrario, si possono trovare ancora alcuni negozi Hollister; nonostante rimangano in attività i loro modelli appaiono ormai poco attraenti agli occhi del giovane pubblico. Infatti, al giorno d’oggi, il mondo della moda premia i brand che, attraverso le loro strategie comunicative, sanno adattarsi ai rapidi cambiamenti della società e siano in grado di assecondare i gusti del pubblico.


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