Verde

“Verde” di Jesse The Faccio: un album che sa di speranza

Speranza: quanto è importante in questo periodo? “Speriamo che vada tutto bene, speriamo che torni tutto alla normalità, speriamo che tutto questo finisca”. Quanto è fondamentale sperare in qualcosa nella vita? Sicuramente in questo periodo più che mai, ma tutti abbiamo sperato in qualcosa anche prima di questa pandemia. Sperare di trovare lavoro, di laurearci, di essere felici. Di questo sentimento ce ne ha parlato anche Jesse The Faccio nel suo nuovo album Verde uscito lo scorso 13 marzo. Con oltre centomila stream su Spotify e cinquanta date in tutta Italia, Jesse, a distanza di un anno dal suo primo lavoro I Soldi per New York, pubblica Verde, un album che parla di speranza.

Verde è un album diverso: ha sonorità Lo-Fi mixate ad una buona dose di cantautorato e nonsense. È diviso in due parti: nella prima si parla di speranza come di un sentimento che non serve a nulla e che non porti mai a qualcosa di concreto. Segue poi la seconda parte in cui l’artista sembra contraddirsi: si parla di speranza come un qualcosa di fondamentale nella vita, e di come questa possa essere l’unica forza nella quotidianità.

Abbiamo voluto approfondire questo lavoro e così abbiamo fatto due chiacchiere con Jesse. Ci ha raccontato dell’album, di come concepisce la speranza e di come vive questa situazione odierna un artista.

L’intervista

Jesse the Faccio: un nome strano e particolare. Perché “The Faccio”?

È semplicemente il mio nome e cognome, Jesse de Faccio”. Ho cambiato il “de” per il sound più internazionale, come è il sound del progetto.

Nella tua bio su Spotify c’è scritto che sei “intimo e semplice, malinconico ma vivace”. Quanto c’è di vero in questa descrizione? E quanto lo stato d’animo influisce nella tua musica?

Secondo me rispecchia il mio modo di scrivere e cantare, quindi direi che è attinente poi al prodotto ascoltato. Sicuramente lo è molto, sopratutto nella parte di scrittura dei testi.

L’album, uscito lo scorso 13 marzo, si chiama “Verde” ed è diviso in due parti: nella prima si parla di speranza e di come non serva nella vita. Nella seconda invece si parla di speranza come concetto fondamentale. Perché sei arrivato a questa conclusione? 

È più un’antitesi che ho in testa, che è venuta fuori nella scrittura dei testi dei brani che poi compongono il disco. Penso che la speranza abbia due facce e due modi di concepirla, vederla, accettarla. Poi sta a ognuno di noi vedere da che parte stare, e questo è quello che ho cercato di esprimere in Verde.

Il verde è il colore della speranza. La scelta del nome dell’album è avvenuta di proposito o semplicemente per un tuo gusto personale?

Di proposito. Non avevo un titolo del disco, mi sono accorto che c’era una sorta di filo logico tra le liriche e ho deciso di dare un nome semplice e diretto che portasse subito dentro l’immaginario.

Il disco è molto sperimentale. Ricorda molto il sound degli American Hi-Fi. La scelta di questo genere è perché vuoi essere diverso da ciò che si sente in radio o per una tua preferenza? 

Non ho mai ascoltato gli American Hi-Fi in verità, penso che il disco verta perlopiù in sonorità Lo-Fi e meno pop punk. In ogni caso è una questione di gusto personale e di esigenza, non sicuramente per apparire diverso, non c’è nulla di “costruito”.

Oltre allo stile american si sente una buona dose di nonsense. In Italia pochi hanno adottato questo stile poiché è poco capito. Cosa ne pensi di questo? Secondo te è un modo per nascondere la veridicità del messaggio che si vuole trasmettere?

A me viene abbastanza naturale, forse perché ascolto tanta musica estera. Nel cantautorato italiano non è molto usato, forse si predilige un po’ di più il risultato diretto delle parole. Non credo sia per nascondere il messaggio, anzi, per coinvolgere di più. Mi piace lasciare una quasi totale libertà di interpretazione anche nei testi, ognuno se la può cucire su a modo suo.

Abbiamo visto che avevi un po’ di date nei prossimi mesi. Come la vive questa situazione un musicista? Quando tutto sarà finito riprenderai il tour?

È molto dura, parlo chiaramente per me ma forse un po’ per tutti. Il sentimento che mi prende è la paura nel senso di non saper come e quando si potrà ricominciare, spaventa davvero. Sicuramente appena ci sarà la possibilità partiremo con il tour.

Qual è il brano più intimo per te di Verde?

Oddio, domanda abbastanza difficile. Sento tutti i brani veramente attaccati alla mia persona. TTMB forse è il più intimo.

Musicalmente, quanto ti senti cresciuto dal tuo primo album I soldi per New York?

Molto, abbiamo preso quello che c’è di buono nell’immediatezza de I Soldi per New York e l’abbiamo elevato. Anche le prove per il live giravano veramente bene. La mia musica è molto legata alla mia persona quindi penso di essere cresciuto pure io, non solo d’età.

Un artista o gruppo con cui vorresti collaborare? 

Sicuramente con i miei amici della “scena” quali Franek Windy, Bartolini, GIALLORENZO, più legato alla forma d’arte in generale con Giacchino Turù, infine il sogno sarebbe (Sandy) Alex G, uno dei miei artisti preferiti, e Jacob Portrait (bassista Unknown Mortal Orchestra) più per la parte tecnica diciamo, di produzione e mix.

Jesse The Faccio con quest’album vi mette di fronte a due bivi: speranza come necessaria per vivere e speranza come non necessaria per la quotidianità. E voi da che parte state? Quanto è importante per voi questo sentimento?

FONTI

Materiale gentilmente fornito da Conza

CREDITS

Copertina gentilmente fornita da Conza

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