La distanza ai tempi del Covid-19: social e relazioni durante la pandemia

La distanza è una delle grandi sfide che il Covid-19 ha lanciato alla società. È necessario stare lontani per il bene comune, per amore dell’altro, per sopravvivere. Se ami, stai lontano. Così il Coronavirus ha stabilito l’equazione più assurda della storia dell’umanità: amore uguale distanza. La lontananza che il Covid-19 ha imposto va oltre la distanza sociale, va oltre i confini della prossemica, va oltre i chilometri percorsi per la carriera. Si trova a un passo che è più veloce dei battiti del cuore.

La società del secondo millennio ha plasmato l’individuo a vivere lontano dagli affetti per realizzare i propri sogni, per ottenere la carriera desiderata, per guadagnare, per essere indipendente. Non a caso, oggi esistono tante coppie che vivono la relazione a distanza, lottando ogni giorno con ogni mezzo possibile per fissare date, incontri, vacanze, ricongiunzioni. Così con la famiglia, così con gli amici di sempre, così con i partner. Ciò che dona sollievo e forza per continuare la realizzazione della propria carriera a migliaia di chilometri di lontananza è la ricongiunzione: quando la mancanza dell’altro va oltre le nostre possibilità, si ritorna indietro. Si ritorna a casa.

Qual è stato  allora il cambiamento? Se prima del Covid la distanza era una scelta, sofferta e necessaria in alcuni casi, oggi è diventata una legge. Prima della pandemia, la distanza era limata dall’organizzazione, dalle corse, dai brevi momenti di ritorno, dalle pause per rivedere i propri cari.

Nonostante i millennials e ovviamente la generazione Z siano abituati al concetto di distanza, questa pandemia mette in ginocchio le relazioni, colpisce il cuore e obbliga a vedere chi si ama dallo schermo di un telefono. I nostri nonni, durante gli anni della guerra, scrivevano lettere, alcune probabilmente mai giunte a destinazione. Oggi, invece, siamo nella società del web, che collega, accorcia, unisce e condivide. La tecnologia, e in primis la comunicazione dei social media, permettono alle nostre parole, ai nostri volti e alle nostre emozioni di viaggiare e superare la distanza.

Nonni, genitori, fratelli, sorelle, amici, fidanzati: tutto filtrato dalle videochiamate. La rete che non va, le parole che non si sentono e le lacrime che si versano sono il culmine dei riversamenti psicologici che il Coronavirus ha apportato alle relazioni legate dall’amore. Come sopravvivere a questa “distanza imposta“? Le persone creano una routine, che va dallo smart working ai giochi virtuali, fino agli aperitivi su Skype. Si sono riscoperte le antiche tradizioni culinarie di impastare, creare dolci e pizze, tutto fatto in casa.

Non solo, il confine tra spazio pubblico e spazio privato è stato rovesciato: i balconi sono le nuove piazze, sono le discoteche, i luoghi comuni di incontro.  Si canta, si balla, si creano flashmob. Dal balcone alla casa, dalla casa alla stanza degli altri con dirette, strumenti musicali, urla e saluti: stiamo costruendo una nuova modalità di relazione sociale sfruttando la realtà virtuale.

Siamo tuttavia consapevoli del fatto che, nonostante le apparenze, il diffondersi di nuove relazioni sociali evidenzi la necessità di contatti face to face, il bisogno di intrecciare relazioni, di scambiare opinioni, di dare consistenza a legami divenuti fluidi. I tradizionali luoghi di interazione come teatri, musei, biblioteche e ancora i caffè continuano ad essere espressione di un ineludibile bisogno di socialità. Ad oggi e nel prossimo futuro attività ricreative, manifestazioni culturali, artistiche e spettacoli, celebrazioni religiose potranno essere condivise, attraverso una realtà virtuale aumentata. Sarà così per molti, certamente non per tutti.

L’’uomo è insieme un animale politico (come afferma Aristotele, ζῷον πολιτικόν) e un animale sociale: necessita, come anche Kant insegna, di stare in una comunità condivisa: per crescere, migliorare, evolversi e vivere nel rispetto della sua natura di animale sociale.

Solo nel chiuso recinto della società civile siffatti impulsi danno il miglior effetto, così come gli alberi in un bosco, per ciò che ciascuno cerca di togliere aria e sole all’altro, si costringono reciprocamente a cercare l’una e l’altro al disopra di sé e perciò crescono belli e diritti, mentre gli alberi che in libertà e lontani tra loro mettono rami a piacere, crescono storpi, storti e tortuosi.

A soffrire sono soprattutto le relazioni che nascono dall’amore: i nonni piangono per i compleanni mancati con i nipoti, i fidanzati sognano i baci e il sesso attraverso il sexting e l’immaginazione fervente, dimenticando il gusto e il tatto dell’altro. La sofferenza nasce dalla solitudine e dal non condividere con altri momenti di socialità. Cosa succederà dopo? Come sarà ricongiungersi? Quali emozioni riproveremo?

Ci vorrà ancora del tempo perché ci sia consentito di ripristinare anche solo il semplice rito del caffè, consumato in compagnia e al di fuori dalle nostre abitazioni. Un’azione routinaria e in fondo banale, che rivela invece il significato simbolico di alcune pratiche nel quadro dei riti sociali che scandiscono di solito la nostra vita.

Andrà tutto bene: la speranza della società italiana che desidera rinascere e rivivere i riti a cui siamo abituati. Stringersi, abbracciarsi, mangiare insieme.

 

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