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Il Coronavirus contagia anche la moda

Domenica 23 febbraio 2020: la sfilata di Armani si tiene a porte chiuse dopo che è scattato l’allarme dell’epidemia. Da questo momento in poi moltissime maison annullano sfilate ed eventi, fino ad arrivare ad oggi al completo lock down, con il Coronavirus che in questo anno difficile sta mettendo a dura prova anche il settore dei fashion show e le varie case di moda sono costrette ad arrangiarsi. Prada, Chanel, Gucci e Versace, Hermes, Max Mara e Dior sono solo alcune delle case di moda che hanno dovuto annullare categoricamente le sfilate previste nel mese di aprile e in quelli successivi, e quindi la domanda sorge spontanea: che ne sarà dei defilé?

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Iniziative virtuali

In questo clima così teso ma anche ricco di positività il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana ha presentato l’iniziativa China We Are With You che si è tenuta a distanza lo scorso febbraio via streaming con oltre 27 milioni di account collegati a livello internazionale, idea che è stata poi replicata alla Paris Fashion Week Autunno-Inverno 2020/2021 ottenendo grande successo. In questo mese e nei successivi le case di moda italiane hanno fermato la produzione per dedicarsi alla creazione di mascherine, camici e guanti per essere d’aiuto ai medici e alle strutture ospedaliere in quest’emergenza sanitaria. Mentre qui in Italia la situazione è in stand-by, dall’altra parte del mondo, precisamente a Tokyo, la Rakuten Fashion Week, prevista dal 16 al 21 marzo, è andata live, stessa cosa avvenuta anche in Cina con la Shangai Fashion Week.

 

Il piano economico

Secondo la rivista Women’s Wear Daily i mercati di Londra, Milano e Parigi hanno subìto cali molto significativi e i brand quotati in borsa come Hermès, Burberry e Revolve hanno registrato una grande diminuzione del prezzo delle azioni; le aziende più grandi però sono più attrezzate per affrontare l’emergenza Covid-19 grazie ai loro margini elevati, mentre per quelle più piccole il futuro è ancora incerto e non molto ottimista. Un altro fattore significativo su questo panorama è quello psicologico: molti brand cinesi hanno paura che i marchi asiatici verranno penalizzati ulteriormente a causa del timore psicologico in seguito alla diffusione dell’epidemia, diventata in poco tempo una vera e propria pandemia. Secondo le statistiche la Cina rappresentava circa il 38% delle esportazioni tessili mondiali nello scorso anno, e ora che la produzione si è bloccata i marchi che ne dipendono non ricevono gli ordini in tempo o non li ricevono affatto a causa della situazione.

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Un futuro incerto

Il presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, ha affermato che per ora è praticamente impossibile prevedere gli effetti futuri che questa crisi avrà sull’industria; l’Italia, nucleo della produzione di lusso mondiale, sta affrontando il problema in modo molto positivo, ma il futuro è ancora incerto. Certo è però che dopo una crisi del genere l’obiettivo principale mondiale sarà quello di risollevarsi nel migliore dei modi, sia per quanto riguarda l’industria della moda, sia per il resto del mercato. Insomma, se ciò che verrà non è più prevedibile l’unica cosa da fare è concentrarsi giornalmente sull’attuare un piano in grado di riconfortare tutta la popolazione e i suoi produttori.


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