Facile

Intervista ai Facile: un salto nel loro Ade personale

Nel cuore della provincia lombarda della Brianza, a Seregno, quattro giovani studenti di musica decidono di unirsi nei Facile, una band capace di creare melodie e sprigionare tutto il loro potenziale artistico. I ragazzi, tra i 19 e i 22 anni, in pochi mesi completano i primi pezzi, nei quali fanno confluire le loro sensazioni ed emozioni. È così che nasce il primo EP, Facile, contenente sei brani autoprodotti e registrati nel loro studio a Seregno, in lingua inglese e dal chiaro sound rock.

Ade personale: il nuovo singolo

Lo scorso 14 febbraio i Facile ci hanno fatto immergere nel loro Ade personale, come dichiara il titolo del nuovo singolo. Un pezzo a due chitarre, un basso e una batteria. È rock, dall’anima alternative, in grado di proiettarci nel mondo arrabbiato di chi non vuole sottostare alle regole. Ma incontriamo la band più da vicino.

L’intervista

Partiamo dall’inizio. “Facile” è un nome curioso, come nasce?

Volevamo trovare un nome con un significato che riguardasse la superficialità e la scarsa voglia di approfondire che caratterizza molte persone della nostra generazione. Avevamo trovato molti nomi ma nessuno che fosse di impatto, breve e che si potesse ricordare senza problemi. Cercando, abbiamo appreso che ‘‘facile’’, in inglese, assume anche il significato di “superficiale” quando viene accostato, ad esempio, ad un pensiero che appunto viene fatto in maniera veloce e poco approfondita. Poi si può pronunciarlo all’italiana, alla francese o all’inglese, è un nome perfetto!

Avete iniziato da giovanissimi. Come avete capito che fosse questa la vostra strada? 

Nessuno di noi vuole vivere una vita “normale”. Non vogliamo fare un lavoro monotono che ci possa impedire di esprimere il nostro potenziale creativo. Non vogliamo sminuire nessun tipo di lavoro, semplicemente siamo fatti per essere musicisti. Vivere della propria arte dona la possibilità di creare sempre qualcosa di nuovo, di fare molte esperienze diverse e conoscere tantissime persone andando di città in città a suonare. Siamo felici di avere la possibilità di fare quello che facciamo e non vogliamo sprecarla.

Spesso è difficile coordinare idee diverse all’interno di una band. I vostri pezzi e gli arrangiamenti nascono da un lavoro di squadra? Come lavorate solitamente?

Sì, è spesso difficile coordinarsi all’interno di un gruppo per creare musica, soprattutto perché bisogna sempre cercare di farlo senza calpestarsi i piedi a vicenda. Le regole che seguiamo sono semplici ma fondamentali: creare qualcosa che sappiamo potrà soddisfarci in live e che possiamo interpretare al meglio. Generalmente qualcuno si presenta con un riff, un giro o già una bozza di un brano e lo propone. Se tale proposta viene approvata dagli altri componenti, allora si comincia a lavorarci. Non esiste una formula perfetta, noi tendiamo a non lasciarci prendere dal momento e ragionare ogni secondo di un brano.

 Il rock sembra avere un ruolo chiave nel vostro EP, quali sono le vostre fonti di ispirazione? 

Generalmente cerchiamo di non ispirarci a nessuno durante la composizione dei brani. Le influenze che però sono più evidenti nella nostra musica e che, inconsciamente, ci portano ad avere il sound che abbiamo sono quelle di artisti come Jack White, Queens Of The Stone Age, Jet, Arctic Monkeys e Muse.

 I vostri testi sono prevalentemente in inglese, come accade sempre più spesso oggi, nonostante diverse canzoni famose nel mondo siano italiane. Cosa pensate spinga giovani e non a cantare in quest’altra lingua?

È un discorso abbastanza complesso perché ci sono molti fattori che influiscono sulla scelta della lingua. Cantare in italiano offre, naturalmente, meno opportunità di fare successo all’estero. È vero, qualche artista italiano (Al Bano, Pupo e Zucchero per citare qualcuno) ha un seguito anche in altre nazioni ma, in media, se si fa musica in italiano significa che probabilmente si vuole rimanere in Italia e fare successo principalmente qui.

L’inglese, al contrario, è tra le lingue più conosciute ed usate al mondo. Questo permette a chi scrive testi in inglese di far sì che in qualunque Paese la sua musica possa essere ascoltata e compresa. Forse è proprio questa maggiore possibilità di farsi conoscere nel resto del mondo che porta molte persone a scrivere in inglese piuttosto che nella loro lingua madre.

Nel nostro caso, poi, è anche una questione di abitudine. Prima dei Facile esisteva un altro progetto col quale abbiamo sempre scritto testi in inglese, ci viene più semplice e spontaneo farlo proprio per questo. Ora, in accordo col nostro produttore, abbiamo deciso di pubblicare dei brani in italiano, al momento sta andando molto bene, vedremo poi con i prossimi!

 Molti artisti vivono delle storie degli altri, di conseguenza raccontano storie non proprie. Possiamo invece definire i vostri testi autobiografici? 

Dipende dal testo. In brani come Facile Reasoning o Self Consciousness, ad esempio, si parla di situazioni provate da noi in prima persona. In un pezzo come Ade Personale, invece, parliamo di una situazione che vogliamo evitare a tutti i costi. Vogliamo evitare di vivere una vita in attesa delle ferie e del weekend, facendo un lavoro che non ci soddisfa. Purtroppo, è una situazione vissuta da moltissime persone anche a noi care e, per questo, potendo vedere le conseguenze, cerchiamo di fuggire in ogni modo da quello stile di vita.

In generale, nei nostri testi, parliamo sempre di situazioni che viviamo, abbiamo vissuto o conosciamo bene.

Passiamo al nuovo singolo, Ade Personale. Parla della monotonia della routine e di essere intrappolati in un “loop di noia ed estasi”. Qual è la vostra soluzione per uscirne? 

Ci sono persone che, per diversi motivi, sono costrette a vivere quel loop per gran parte della loro vita. Molte altre, però, vengono cresciute con il solito pensiero “studio, lavoro, famiglia, pensione”. La maggior parte di loro crede che sia già scritto che la vita dovrà essere così e si trovano a 45 anni a chiedersi che senso abbia la loro vita. Il modo migliore per uscire da questo loop è evitare di entrarci. Bisogna provare a capire chi si vuole essere, se si vuole vivere attivamente o passivamente ed impegnarsi affinché si riesca a raggiungere gli obiettivi che ci si pone. Una volta che si entra nell’Ade Personale è dura uscirne. Certo, non intendiamo dire a chi cade in questo inferno quotidiano “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”, diciamo che però è meglio cercare di starne alla larga.

Avete già portato la vostra musica nei locali di Milano e Monza, tra cui il Circolo Ohibò e il Legend Club. Che atmosfera si respira nelle vostre serate?

Siamo sempre gasati e felici di suonare dal vivo, è la parte migliore dell’essere una band. Il palco è il nostro habitat naturale, possiamo essere noi stessi e fare ciò che più ci piace, condividere con altre persone la nostra musica. Cerchiamo sempre di essere spontanei durante i live, siamo convinti che, se una band è genuina quando si esibisce, lo spettatore, consciamente o meno, lo percepisca e riesca a godersi di più la serata.

In particolare, il nostro ultimo live in elettrico all’Ohibò è stato fantastico sotto ogni punto di vista. Fin dal nostro arrivo siamo stati accolti da uno staff molto disponibile e che ci ha aiutato a creare un ambiente molto confortevole nel quale esibirci. Il pubblico era davvero numeroso e partecipava attivamente alla nostra esibizione cantando e ballando: è stato uno dei migliori live dei Facile.

Che cosa hanno in serbo i Facile per il futuro? 

Questa difficile situazione che stiamo vivendo tutti, naturalmente, ha un po’ scombussolato i nostri programmi. Appena ci saremo riorganizzati e si calmeranno le acque torneremo a pubblicare musica e, soprattutto, a suonare dal vivo!

Noi de «Lo Sbuffo» non possiamo che augurare il meglio ai ragazzi dei Facile, in attesa di conoscere la loro nuova musica e i progetti futuri.

 

FONTI

Materiale gentilmente fornito da Conza

CREDITS

Copertina gentilmente fornita da Conza

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