Elsa Schiaparelli e l’immaginazione poetica

Elsa Schiaparelli è stata una stilista e costumista italiana ed è considerata, insieme a Coco Chanel, una delle più importanti stiliste vissute tra le due guerre.

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Schiaparelli collaborò per le sue creazioni con grandi artisti del tempo come Salvador Dalì e Alberto Giacometti. A lei si deve l’invenzione del rosa shocking. Per la stilista la donna rappresentava un insieme complesso, composto da due parti: una forma anatomica e un mondo interiore.

Le donne nei primi anni del Novecento avevano assunto un nuovo ruolo che doveva essere rappresentato attraverso una struttura razionale; tuttavia, esisteva un mondo interiore che poteva essere ricercato attraverso le regole della libera associazione, utilizzate dai surrealisti. Nel 1924, Bréton aveva definito il surrealismo un “automatismo psichico puro”.  Grazie a questo metodo, si poteva esprimere il funzionamento della psiche sia in forma verbale che scritta.  L’obiettivo dell’automatismo era dunque quello di liberare l’immaginazione poetica del soggetto. I surrealisti creavano così delle immagini senza un significato, frutto della loro fantasia.

Schiaparelli, alla stregua dei surrealisti, ricorse per le sue creazioni al sogno, alla fantasia e all’immaginazione. La stilista scoprì che la dimensione dell’Es era l’ideale per comunicare un linguaggio vestimentario in grado di trasmettere il mondo interiore delle donne.

La stilista non scelse il metodo dell’ “automatismo psichico puro” che produceva icone non riconoscibili, ma scelse quello della liberazione dell’immaginazione, un metodo che si concentrava su un tema specifico, come ad esempio l’infanzia. Elsa Schiaparelli era convinta che il corpo della donna e l’indumento fossero una pagina bianca, su cui scrivere il “flusso” delle fantasie che nascevano in mondo spontaneo, nel momento in cui iniziava a lavorare su un tema specifico.

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I risultati di questo metodo erano delle immagini precise, che nella loro libera sequenza ricostruivano il suo immaginario. Il problema, però, nasceva nel momento in cui queste immagini dovevano essere accostate alla realtà degli abiti. Qui, Elsa, si servì del ricordo di Marcel Duchamp e del suo ready-made.

Il ready-made consiste nell’estrapolare un oggetto qualsiasi dalla sua realtà per inserirlo in un’altra realtà, scelta dall’artista. Ad esempio, Duchamp trasforma la ruota di una bicicletta in una scultura. Schiaparelli aveva fatto esattamente la stessa cosa: le figure presenti nei suoi abiti non avevano nessun senso se non per la sua fantasia e immaginazione. Erano opere della sua immaginazione che raccontava alle donne.

La collezione del 1938, dedicata al circo, fu la prima collezione di Elsa che seguì questo metodo. L’intera casa di moda fu trasformata per dare l’idea ai suoi spettatori di essere in un circo: molti abiti vennero indossati su calzamaglie e le scarpe sembravano dei trampolini. Per la prima volta nella storia, una sfilata venne organizzata con le sembianze di uno spettacolo.

La novità non stava tanto negli abiti che rimasero gli stessi — ovvero gonne dritte e pantaloni — ma nella loro decorazione: Elsa per la sua collezione eseguì ricami di cavalli ed elefanti e anche i gioielli, bottoni e le acconciature si adeguarono al tema circense.

A questa sfilata “Vogue” e “Harper’s Bazar” dedicarono intere pagine. In particolare, la seconda rivista raffigurò Schiaparelli nelle vesti di una maga. La stilista con questa collezione era riuscita a compiere una vera e propria magia.

Elsa nutriva una profonda stima per Salvador Dalì e il loro rapporto era molto forte. Infatti, per la sfilata del 1938, Dalì aveva disegnato due abiti da sera: uno bianco con il velo e il secondo nero con il disegno di uno scheletro ricamato a rilievo. Allo stesso modo, un’anno prima, nel 1937, il loro lavoro diede vita ad un splendido abito con l’aragosta. L’abito era di seta, lungo e bianco con il disegno di un’aragosta. L’aragosta era un elemento che compariva spesso nei dipinti e opere di Dalì, rappresentava il suo “objet du jour”.

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Un’altra creazione che è importante ricordare è il capello-scarpa. Il cappello-scarpa nacque da un’opera di Salvador Dalì, che a sua volta trae origine da una foto di Gala che raffigura suo marito con una scarpa da donna sulla testa e l’altra sulla spalla. L’idea di usare una scarpa come capello era una cosa assurda, nonostante ciò l’opera ebbe un grande successo.

Il lavoro di Dalì e Schiaparelli ha segnato la storia dell’arte e della moda. I due hanno creato qualcosa di estremamente straordinario, sono riusciti a riportare alla “superficie” quello che più è nascosto in noi stessi: i sogni, l’immaginazione e le fantasie.

In particolare Elsa Schiaparelli, è stata un’icona e ispirazione per molte donne. Attraverso le sue creazioni ha cercato di comunicare e  parlare alle donne, spronandole ad indagare il loro mondo interiore.

FONTI

Storiadellamoda

Wikipedia

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